OPINIONI

Benefici e rischi dell’«allergia» Tesla al leasing

Automobilisti che sempre più attentamente devono fare i loro conti, avranno ancora più motivi in futuro per pensare a leasing e noleggi di veicoli elettrici invece di acquistarli: Tesla va controcorrente

Questa mattina un articolo di approfondimento di Stephen Wilmot sul Wall Street Journal ha portato l’attenzione su un fattore rilevante nel decidere i prossimi risultati a breve e medio termine dell’auto elettrica sui principali mercati: la ripresa dei volumi dei leasing è tornata nella maggior parte dei casi ai livelli pre-pandemia nel gradimento degli automobilisti, ma non si rispecchia nelle vendite del principale protagonista dell’auto elettrica, Tesla.

I risultati da primato di Model Y, vettura più venduta in assoluto in Europa e con ogni probabilità a livello globale, includono una quota minuscola di contratti di leasing. La casa di Elon Musk al contrario dei principali gruppi non ha una grande divisione interna incaricata di finanziamenti e leasing.

E Tesla è nota per proporre contratti poco convenienti, col risultato che la maggior parte degli acquirenti fa a meno dei leasing, specialmente negli Stati Uniti. Secondo il WSJ la quota è ormai ridotta globalmente al lumicino: il 2%.

Ma per gli automobilisti, specie superato il picco del costo del denaro, avrà sempre più senso invece servirsi di questo strumento o di altri analoghi come il noleggio a lungo termine piuttosto che dell’acquisto tradizionale.

Provare prima di comprare è consigliabile, specie se si prendono in considerazione ostacoli come le riserve di molti clienti dell’auto elettrica sulla crescita dell’infrastruttura di ricarica, ma anche i sussidi diventati più complicati in America e bruscamente cancellati in Germania. O anche, a medio termine, la velocità dell’innovazione nelle batterie, che renderà obsoleti certi pacchi montati su alcuni modelli.

La prudenza insomma favorirebbe il rafforzarsi delle scelte di chi vuole servirsi del leasing: questo è confermato dove sono già disponibili dati finali sul 2023 come quelli americani della società specializzata Edmunds, che indica nel 59% la percentuale di clienti che ha sottoscritto leasing in concessionarie dei 50 stati.

Un potenziale ostacolo alla diffusione del mercato del leasing per i veicoli elettrici è però che sta facendo soffrire chi li gestisce. Nel recente passato il leasing, specialmente quello delle tradizionali case tedesche, metteva d’accordo clienti e società finanziarie in egual misura per un motivo basilare: il valore residuo finale che faceva gola, specialmente per le case premium, e consentiva ai clienti a conti fatti di spendere relativamente poco andando a vedere il prezzo dell’usato a scadenza.

Ma quello era un mondo che appartiene al passato, da quando ci sono di mezzo i veicoli elettrici e specialmente a causa della guerra dei prezzi scatenata da Elon Musk da fine 2022. Come si sono accorti tutti i proprietari di Tesla, il valore residuo di Model Y e Model 3 è precipitato nel corso dell’ultimo anno.

Questo è stata una mazzata individuale per la clientela, nonché una batosta su larga scala per aziende del noleggio come Hertz, che soprattutto proprio per il crollo dei valoro residuo (stimato a $245 milioni) ha ridimensionato la quota di elettriche e si sta liberando di un terzo della sua flotta di Tesla.

Avendo nei libri una quota di leasing microscopica, quello del valore residuo non è invece un problema per Tesla, e se stanotte svelando i conti dell’ultimo trimestre 2023 la casa texana segnalerà qualche punto debole economico di certo non sarà per questa ragione. Tesla di fatto sta inseguendo l’accessibilità dei prezzi delle auto elettriche soprattutto con tagli che vanno ad attirare la clientela del nuovo, ma penalizzano sempre di più l’usato.

E su questa strategia Tesla sembra voler accelerare con l’uscita attesa per metà del prossimo anno di un modello davvero accessibile di cui si attende conferma e che dovrebbe tramutarsi in un nuovo crossover compatto, già annunciato nel 2020 e pronto al lancio a metà 2025 a prezzi accessibili, circa $25.000, ovvero pronto a contrastare case come Stellantis o Renault che in quella fascia punteranno su Citroën E-C3 ed R5.

A prima vista sembra una continuazione della politica dei tagli dei prezzi attuali, ma che scende di segmento. Ma la strategia Tesla di sottrarre a partire dal prossimo anno quote là dove oggi ci sono generalisti come Toyota, Stellantis o Volkswagen ci sembra trascurare due potenziali rischi, il primo coi piedi piantati nell’economia e l’altro nella tecnologia.

Il primo problema è che scendendo di segmento la possibilità di tagli ai prezzi in quello B o addirittura A per evidenti limiti di spazio di manovra è inevitabilmente destinata ad essere meno efficace, rispetto al gioco riuscito nei segmenti superiori con Model Y o Model 3.

Soprattutto l’andare a sondare il mercato dei veicoli della clientela occidentale medio-bassa è destinato a scontrarsi con gli effetti di decenni di stagnazione dei redditi, ma non del costo della vita. Un fenomeno che come sappiamo non è certo responsabilità della transizione ecologica o dell’auto elettrica, ma anzi proprio nell’auto in generale e nei settori ad essa collegati, riparazioni, assicurazioni o carburanti, è diventato un fardello insostenibile.

Ce ne accorgiamo in particolare dal fatto che perfino i modelli nati low cost si sono piegati a una traiettoria di inesorabili aumenti. L’ultima generazione di Dacia Duster, forse il veicolo che più ha attirato gli automobilisti europei che cercavano per necessità o scelta una mobilità no frill, dall’uscita nel 2010 è praticamente raddoppiato.

Così, tornando alla proposta della mobilità elettrica, una volta usciti dalla nicchia degli early adopter e già ampiamente raggiunta la clientela che ancora riesce a difendere un adeguato disposable income, la rotta che nell’ultimo periodo ha portato a destinazione Elon Musk non necessariamente condurrà allo stesso approdo. Questa valutazione non si riferisce solo al futuro modello Tesla per un segmento più piccolo, ma anche alla politica delle vendite estranea ai canali dei finanziamenti e dei leasing.

Malgrado Tesla nelle batterie sia stata all’avanguardia e lo sia stata anche nei loro servizi, soprattutto per accumulo residenziale e industriale, la casa americana sta evitando accuratamente ogni presenza nel settore Battery-as-a-Service. Si tratta di ciò che ingloba offerte diverse che vanno dall’abbonamento alla batteria, come era possibile sulle prime Renault Zoe, a servizi ad alto efficientamento come quello del cambio rapido delle batterie.

Grazie alla tecnologia del battery swap, la cinese NIO ha creato uno standard di fatto con una infrastruttura in cui si cambia batteria in 5 minuti e se occorre se ne può anche temporaneamente noleggiare una più grande, per i viaggi delle vacanze ad esempio.

Il progresso in questa tecnologia ha consentito a NIO di garantire un’alternativa credibile e negli ultimi mesi grandi gruppi auto cinesi come Geely, Changan, Chery, JAC Motors, hanno adottato la soluzione della startup per offrire ai loro clienti l’opzione di fermarsi in una rete che ha goià oltre 3.300 postazioni.

Che la proposta del cambio rapido delle batterie già popolare per le due ruote stia diventando una alternativa per le quattro ruote (specialmente per aree densamente popolate in cui anche molte colonnine non offrono una risposta pratica) abbia potenziale lo suggerisce anche l’accordo di Stellantis con l’americana Ample, che sta costruendo un business analogo.

La tecnologia del battery swap dalla crescente affidabilità contribuirà a far crescere i servizi BaaS e questi avranno effetti sui conti dei gruppi auto: è inevitabile che creare postazioni di sostituzione rapida della batteria sarà altrettanto impegnativo per i bilanci di quanto non lo sia stato costruire l’efficientissima rete di Supercharger per Tesla.

Ma servizi BaaS e colonnine sono molto diversi per loro natura, al di là di essere entrambi capitoli asset-heavy nei conti di chi li realizza. L’auto elettrica e il suo impiego in effetti ha come cuore non la colonnina rapida, per quanto importante sia, ma proprio la batteria.

Malgrado i cali dei prezzi delle materie prime e la scala sempre crescente delle Gigafactory globali abbia contribuito a riprendere il processo di contenimento dei costi delle celle e dei loro pacchi, si tratta del componente destinato a restare quello di maggior peso economico in un veicolo.

Il rilancio dei servizi BaaS con leasing/noleggio delle batterie potrebbe rivelarsi entro pochi anni l’unica alternativa percorribile per limare ancora il prezzo di listino di un’auto senza intoccare i margini, oppure senza scoraggiare un leasing o finanziamento.

Qualora si voglia ancora ridurre ulteriormente i prezzi, a quel punto occorrerebbe un non prevedibile ampliamento di programmi come i leasing sociali: per le citycar elettriche quello francese ha raccolto 80.000 candidature su 25.000 auto disponibili.

Quando Carlos Tavares ha ammonito pochi giorni fa che i tagli ai prezzi delle auto elettriche rischiano di portare a un bagno di sangue, la maggior parte degli osservatori pensando alla bravura del manager portoghese nel far quadrare i conti ha pensato al crollo dei margini sulle vendite. Ma per gruppi generalisti come Stellantis il colpo rischia di essere doppio, considerando che ci sarebbe quello anche ai valori residui dei contratti di leasing.

Ecco allora che a medio termine i servizi che ruoteranno attorno alle batterie e alla loro filiera appaiono come un valido antidoto alla guerra dei prezzi. Dopo tre anni, il tempo di un classico leasing, considerate le performance attuali di una batteria agli ioni di litio di buona qualità, per una società efficiente questo potrebbe essere un asset da reintegrare, oppure da rivendere per i servizi di accumulo o in caso di nuovi picchi dei prezzi delle materie prime perfino inserirlo in attività di riciclo in anticipo.

In un futuro così percorribile, che le batterie provengano da servizi di battery swap oppure da mezzi arrivati a fine finanziamento per ciascun veicolo elettrico inserito nella flotta di un leasing o di una società di noleggio i conti tornerebbero. Al contrario, l’offerta di case i cui leasing o finanziamenti non sono competitivi a gioco lungo farebbe più fatica a sostenersi.

Credito foto di apertura: newsletter Tesla