OPINIONI

La nuova generazione ibrida plug-in rivela la resilienza di un intero settore

A pochi giorni dalle nuove Volkswagen Passat GTE e SEAT Tarraco ecco Peugeot 3008 GT Hybrid4 e BMW X5 xDrive45e: con valori di emissioni ed autonomia sempre più sorprendenti ed attraenti

Cade proprio oggi il primo “compleanno” dell’avvio dell’era dello standard WLTP. Oltre a creare scompiglio e iperattività nelle linee di montaggio auto di tutta Europa, il passaggio al nuovo e più realistico ciclo di omologazione continentale ha avuto tra gli effetti collaterali lo spingere molti gruppi auto a concentrarsi sulla gamma di maggior successo sacrificando i modelli per i quali le consegne erano più limitate.

Una descrizione che coincideva in molti casi con le versioni ibride ricaricabili: sospese o rinviate a tempi migliori. In Europa questo ha creato le premesse del sorpasso delle immatricolazioni di auto elettriche pure sulle ibride plug-in. In più di un caso c’è stato chi ha interpretato il periodo come l’inizio della fine del settore.

Ma, passato ormai un anno, le uscite di questi giorni indicano un altro cambio di direzione. Dopo la presentazione della nuova Passat GTE, un modello che Volkswagen aveva accantonato proprio all’inizio della fase più traumatica della transizione al WLTP, c’è stato l’annuncio del primo ibrido ricaricabile SEAT: il SUV Tarraco.

Ai due modelli del gruppo Volkswagen hanno fatto seguito a breve distanza le presentazioni del Peugeot 3008 GT Hybrid4 e quella del BMW X5 xDrive45e. Due SUV che si annunciano dotati di specifiche tecniche sorprendenti sui due temi-chiave: emissioni ed autonomia. Il modello francese sarà in grado all’uscita (primavera 2020) di migliorare i dati di efficienza che ci si attendevano dopo il lancio di un anno fa.

Il 3008 GT Hybrid4 condivide col “cugino” DS7 Crossback motorizzazione 1,6 litri PureTech da 200 cavalli abbinata a due motori elettrici che portano la potenza totale a 300 cavalli. La casa del leone in una versione non a caso battezzata GT, ha migliorato la grinta del prodotto: i dati di accelerazione sullo 0-100 km/h sono passati da 6,5 secondi a 5,9.

Ma sono soprattutto i dati di emissioni e di autonomia a colpire in questa nuova generazione ibrida plug-in: sulla batteria con capacità di 13,2 kWh ora si fondano una autonomia di 59 chilometri in modalità solo elettrica ed emissioni di 29 grammi di CO2 per 100 chilometri.

Si tratta, si badi bene, di 9 chilometri in più e 20 grammi in meno di quanto annunciato sulla scheda provvisoria presentata alla stampa a settembre 2018. Progressi vistosi e generosi che rispecchiano la rapidità dei miglioramenti delle celle delle batterie e della sempre migliore efficienza del lavoro degli ingegneri alle prese con veicoli elettrificati.

La nuova generazione ibrida plug-in indica la resilienza di un settore 1
I valori di emissioni di grammi di CO2 per chilometro del nuovo BMW X5 xDrive45e sono stati virtualmente dimezzati rispetto al suo predecessore (credito foto: ufficio stampa Gruppo BMW)

Se i francesi hanno migliorato in corsa la dote tecnologica di un modello che deve ancora fare il suo esordio, i bavaresi nel caso del SUV sportivo X5 hanno invece avuto la possibilità di mettere il pubblico davanti al confronto tra il vecchio e il nuovo ibrido plug-in.

La potenza è cresciuta a 290 kW (394 cavalli) abbinata a 600 Nm di coppia, con una iniezione di nuova sportività che farà sfrecciare il prossimo X5 xDrive 45e in soli 5,6 secondi da 0 a 100 km/h (1,2 meno del predecessore) e sulle autostrade tedesche fino a 235 km/h, mentre la velocità massima per la modalità elettrica sarà più giudiziosamente di 135 km/h.

Ancora più interessanti sono i risultati di efficienza che si potranno ottenere dal sei cilindri benzina da tre litri abbinato alla quarta generazione di tecnologia eDrive BMW. Motore elettrico da 113 cavalli e cambio a otto rapporti daranno il loro contributo a far emettere tra i 27 ed i 44 grammi di CO2 per chilometro. La batteria con capacità totale di 24 kWh sarà in grado di accompagnare il cliente per distanze comprese tra 67 e 87 chilometri in modalità elettrica.

Si tratta di valori che non solo migliorano quelli modesti dei modelli ibridi ricaricabili della precedente generazione, ma che celano il potenziale per creare interesse nel rilancio del settore. Un fenomeno da salutare con sospetto o con sollievo? A questo punto vale magari la pena di fare un passo indietro e domandarsi se davvero le ibride plug-in fossero avviate all’estinzione.

Daniel Sperling e Scott Hardmann, entrambi membri dell’Insitute for Transportation Studies che fa capo all’università di California a Davis, hanno recentemente diretto uno studio su questo settore inserendo nel loro paper alcuni punti essenziali sui quali riflettere. Uno è riassunto da un grafico che riproduciamo qui sotto.

Sull’asse delle ascisse da sinistra a destra sono suddivise le immatricolazioni tra: auto elettriche, auto elettriche Tesla, ibride plug-in e fuel cell (credito grafico: UC Davis/ITS via Dan Sperling, Scott Hardmann)

Fotografando il mercato di veicoli elettrificati americani fino al 2018, le colonne sottolineano che nel 2018 le consegne negli Stati Uniti, dove non c’è stato effetto-WLTP, se si destruttura il mercato depurandolo dall’effetto dell’uragano-Tesla Model 3, per i modelli ibridi plug-in erano addirittura salite rispetto al passato, al contrario di quanto avvenuto in Europa.

In questa fase la situazione appare prendere direzioni opposte dai due lati dell’Atlantico. Perché in America come noto GM ha deciso di terminare la produzione del modello Chevrolet Volt, mentre Ford sta perdendo interesse. In Europa invece francesi e tedeschi stanno muovendosi nella direzione opposta, visto che oltre ai gruppi già nominati non va scordato che anche Daimler sta facendo passi analoghi, aprendo la famiglia EQ alle ibride ricaricabili.

Come si debba guardare al fenomeno è un aspetto sul quale avevano qualcosa da dire Sperling e Hardmann in un intervento che ha riepilogato gli esiti della loro ricerca su Forbes. I due studiosi hanno infatti replicato agli esperti  che considerano quella dell’ibrido ricaricabile una “‘tecnologia transitoria’, un mattone posato sulla via dei veicoli elettrici “puri”. Forse è meglio considerarla una ‘tecnologia abilitante’, che incoraggia più consumatori (e flotte) a procedere oltre i veicoli a benzina e gasolio”.

I modelli più recenti della nuova generazione ibrida plug-in, ora più efficienti in autonomia ed emissioni, energizzeranno il settore riproponendone il ruolo di tecnologia abilitante ?

Le auto elettriche pure hanno già iniziato ad affermarsi rispettivamente con la clientela di fascia alta per i modelli di lusso (con Tesla e a seguire anche i marchi premium tedeschi) e in alternativa con la clientela che può utilizzarli per uso prevalentemente urbano. Un quadro che si amplierà sicuramente nei prossimi mesi con l’arrivo di nuovi modelli molto più economici: come quelli basati sulle piattaforme MEB di Volkswagen oppure e-CMP del gruppo PSA.

Ma né una costosa Tesla Model S né una ben più accessibile Volkswagen ID.3 sembra la risposta alla folta popolazione che in Italia ed Europa abita in condomini ed ha e avrà limitato accesso a colonnine casalinghe. Solo a gioco lungo le normative comunali colmeranno il gap grazie alla diffusione di regolamenti che prevedono l’automatismo tra nuovi posti auto e colonnine, ma serviranno lustri per rimediare al ritardo.

Oltre che per la clientela che non vive in unità abitative singole, le ibride ricaricabili possono essere ancora per qualche anno una soluzione per chi affronta lunghe distanze senza avere il privilegio di poter fare lunghe soste per le ricariche. Ovvero: tutta la categoria di viaggiatori e rappresentanti di commercio e chi ne fa usi irregolari e imprevedibili, come noleggi e flotte.

L’interazione tra autonomia in modalità elettrica e percorrenze effettive appare essere un fattore, per chi vuole addentrarsi nei dati della ricerca presentata dagli studiosi dell’ateneo californiano.

La ragionevole distanza percorribile a bordo della nuova generazione ibrida plug-in (e con qualche raro modello della prima generazione) può tendere a far arrivare al 75% l’impiego di questi mezzi in modalità elettrica, viaggiando a zero emissioni quanto le auto elettriche pure di limitata autonomia.

La spiegazione è semplice secondo Sperling e Hardmann, tenendo presente che nelle famiglie di norma è presente più di un’auto, con una combinazione di convenzionali ed elettrificate: finora “nuclei familiari con veicoli elettrici puri tendono a non usare il veicolo per viaggi più lunghi, ma non si preoccupano dell’autonomia con le ibride plug-in e perciò le usano di più”.

Di converso, le ibride plug-in con limitata autonomia, che fino a poco tempo fa erano la maggioranza dell’offerta, dalle ricerche disponibili risultano essere di poco aiuto all’ambiente perché poco utilizzate in modalità elettrica. Quindi i ricercatori americani suggeriscono di collegare le politiche di incentivi e regolatorie alla efficienza dei modelli, premiando solo quelli che fanno più chilometri a zero emissioni.

In Europa di fatto non ci sarà forse bisogno di normative apposite in questo settore, perché l’entrata in vigore di limiti alle emissioni delle flotte ed il meccanismo dei super-crediti in vigore a partire dal 2020 ha già plasmato le scelte dei gruppi auto dei modelli da lanciare.

Veicoli ibridi ricaricabili con batterie piccolissime avrebbero un vantaggio di costo contenuto ma non sarebbero in grado di tenere un modello sotto la fatidica soglia dei 50 grammi di CO2 emessi per chilometro che nel 2020 consentirà ai gruppi auto di incassare i super-crediti ed evitare sanzioni per le emissioni della propria flotta.

Un meccanismo che contribuisce a spiegare perché proprio man mano il 2020 si avvicina spuntino improvvisamente tanti SUV e crossover virtuosi con omologazioni di emissioni straordinariamente migliorate (come dimostrano proprio le presentazioni Peugeot e BMW). Col crescere della loro autonomia qualche cliente potrà presto viaggiare per giornate intere (in città, s’intende) solo in modalità elettrica.

Sta quindi diventando improvvisamente tutto rosa il panorama quando si parla di ibrido plug-in? Non del tutto. Almeno due punti da chiarire riguardo al futuro successo delle ibride ricaricabili new look li vediamo.

Il primo deriva dai prezzi: nel caso del Peugeot 3008 GT Hybrid4 si partirà in Francia da €53.000 mentre per la nuova generazione di BMW X5 in Germania si va oltre i €77.000. Con la progressiva uscita di auto elettriche pure a prezzi inferiori a quelle soglie (Volkswagen ID.3, Peugeot e-208, Opel Corsa-e, nuova Renault Zoe), il mercato delle auto elettriche da città o da pendolare pare essere al riparo dalla concorrenza dei crossover e SUV ibridi ricaricabili ad alta efficienza.

Le nuove versioni invece sembrano poter essere una concorrenza significativa per alcune auto elettriche pure collocate nella fascia medio-alta, specie nel caso di marche premium, probabilmente con l’eccezione di Tesla che per il seguito del marchio è un fenomeno a parte.

Di qui a un anno sarà interessante seguire i numeri delle immatricolazioni degli uni e degli altri e i problemi potrebbero insorgere con la “cannibalizzazione” di quote di vendite di modelli elettrici puri di fascia alta da parte di ibride ricaricabili, che come abbiamo visto a loro volta non scherzano quanto a cartellino del prezzo.

La rinascita del settore delle auto ibride plug-in ha anche un secondo aspetto da chiarire, quello dell’effettiva utilizzazione della modalità elettrica. Forse questo è un fenomeno del passato e legato alla generazione con autonomia insoddisfacenti, ma il rischio esiste anche nella seconda iterazione dell’offerta di auto con batteria di trazione di limitate dimensioni, specie considerando i soliti “furbi”.

Due possibili risposte alla beffa di auto più grandi e più pesanti che viaggiano solo bruciando combustibile fossile sono nei dati di consumo e nella tecnologia. Con l’adozione di batterie più grandi la clientela in ogni caso potrà constatare che tenere la batteria carica è conveniente.

I colleghi francesi della testata L’Argus, provando la nuova Passat GTE hanno confermato come inevitabile che a batteria scarica il consumo è peggiore di quello di una Passat classica: 9 litri per 100 chilometri su un percorso poco impegnativo. La clientela sperabilmente arriverà alla stessa conclusione.

Ma per gli irriducibili, e per far stare tranquilla una folla di sindaci e assessori al traffico, ormai ci sarà la tecnologia a venire in aiuto. BMW, che sulle versioni ibride plug-in conta molto per avere quote in salute nelle immatricolazioni di veicoli elettrificati, ha aperto la strada con la proposta delle eDrive Zones.

Grazie a un progetto-pilota dei BMW Labs di Rotterdam, dal 2020 i modelli bavaresi in versione ibrida ricaricabile potranno disporre della funzione già sperimentata con successo nei Paesi Bassi. Entrando in centri storici nei quali i veicoli convenzionali non sono ammessi, oppure in aree particolarmente inquinate in periodi di emergenza le BMW ibride inizieranno a marciare silenziose passando automaticamente alla propulsione elettrica.


Credito foto di apertura: ufficio stampa Peugeot Italia