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Sui sussidi la Corea del Sud risponde al protezionismo americano

La replica del governo di Seoul alla legge IRA, voluta da Washington per potenziare la sua manifattura green, punta scrupolosamente a premiare l’eccellenza nazionale

Negli ultimi mesi ogni paese la cui economia abbia una consistente presenza automotive, sta adeguando le politiche commerciali, da quando l’ondata protezionistica si è sollevata a partire dallo scorso agosto con l’approvazione della legge IRA a Washington. La Corea del Sud, che ospita il terzo gruppo globale per volumi di vendite, sta rivedendo il piano di sussidi per i veicoli elettrici ed è facile indovinare quale ne sia la bussola.

Per affrontare le discrepanze nei benefici fiscali concessi dai governi degli Stati Uniti (e della Cina) a costruttori nei loro paesi di origine, Seoul studia criteri in grado di favorire modelli locali rispetto ai veicoli importati.

La bozza del piano di riforma dei sussidi per i veicoli elettrici 2023 stilata dal Ministero dell’Ambiente, esaminata dal quotidiano finanziario Korea Economic Daily, prevede che il governo fornisca sussidi in modo differenziato in base ai livelli di prestazioni del veicolo, alle infrastrutture di servizio post-vendita e alla densità energetica della batteria.

Si tratta di tre criteri che prendono di mira punti deboli dell’offerta di molte case auto. I costruttori stranieri di veicoli elettrici gestiscono network di ricarica meno capillari e meno centri di assistenza in Corea rispetto al gruppo di casa.

Case come Tesla che hanno una propria rete di colonnine hanno però per scelta pochi saloni e centri assistenza e quindi dovrebbero perdere competitività sui prezzi, nel caso degli americani appena abbassati, con la nuova politica di sovvenzioni, secondo gli analisti.

Tesla e altri produttori di veicoli elettrici statunitensi (in particolare General Motors) hanno goduto di forti vendite in Corea grazie ai sussidi governativi, mentre la legge statunitense rivista sul credito d’imposta mette le case automobilistiche coreane in svantaggio nel mercato statunitense, poiché la produzione di modelli al 100% elettrica non raggiungerà buoni volumi che nella seconda parte del decennio.

L’esclusione dal nuovo credito di $ 7.500 di Washington per gli acquisti di veicoli elettrici di auto coreane come la Hyundai Ioniq 5 e Kia EV6, prodotte nei loro stabilimenti in Corea ed esportate per i consumatori statunitensi, crea una disparità evidente con l’attuale assetto dei sussidi in Corea del Sud.

Secondo la Korea Automobile Manufacturers Association (KAMA), il governo di Seoul ha erogato un totale di 82,3 miliardi di won in sussidi ai veicoli elettrici importati nella prima metà del 2022. Tesla è stata la principale beneficiaria, ricevendo 44,2 miliardi in sussidi per i suoi 6.746 veicoli venduti in Corea.

In base ai criteri rivisti, il pieno sostegno alle sovvenzioni spetterà ai veicoli con un prezzo inferiore a 57 milioni di won (oltre $46.000), rispetto al tetto di 55 milioni di won nel 2022. Qualsiasi auto elettrica con listino di 85 milioni di won o oltre sarà esclusa dai sussidi.

Il governo prevede di aumentare il numero di unità a zero emissioni locali sovvenzionate del 34% a 215.000 auto a fine 2023 rispetto ai 160.000 esemplari nel 2022, riducendo parallelamente l’erogazione del sussidio medio per auto a 6,8 milioni di won dai precedenti 7 milioni.

Il massimale per il sussidio alle prestazioni, offerto in modo diverso in base all’efficienza del carburante e al chilometraggio, è fissato a 5 milioni di won quest’anno, tagliato rispetto ai 6 milioni di won dello scorso anno.

Qualsiasi produttore di veicoli elettrici che abbia installato almeno 100 caricabatterie negli ultimi tre anni riceverà 200.000 won per un’auto nell’ambito del sussidio per l’infrastruttura di ricarica. Il governo ha anche deciso di favorire chi nella sua gamma elettrica adotta tecnologia V2L; Hyundai/Kia come Ford e pochi altri già la spingono: sono ulteriori 200.000 won per chi sarà in grado di fornire alimentazione a batteria ad altri veicoli elettrici o dispositivi esterni.

Nel complesso, saranno concessi fino a 1,8 milioni di won in vari incentivi in aggiunta ai normali piani di sovvenzione previsti dalla nuova politica. Il governo ha affermato che il nuovo standard di sovvenzione mira anche a migliorare l’infrastruttura dei servizi post-vendita in tutto il paese.

Nell’ambito della nuova politica di sussidi coreana, la differenza nei sussidi tra le auto Hyundai e i veicoli elettrici Tesla si amplierà fino a 4,2 milioni di won per unità. Model 3 e Model Y, che hanno ricevuto 3,15 milioni di won in sussidi lo scorso anno, riceveranno 550.000 won in meno nel 2023.

I popolari modelli Bolt EV e EUV di GM Korea riceveranno fino a 6,4 milioni di won in sussidi quest’anno. La maggior parte delle auto importate riceverà tra 2 milioni e 3 milioni di won: 2,7 milioni di won per Mercedes-Benz EQA e EQB; circa 3 milioni di won per la BMW i3 e i4; 2,53 milioni per l’Audi Q4 E-Tron; e 2 milioni per Volvo C40 e XC40.

I sussidi per i veicoli commerciali saranno ridotti fino al 30% a seconda della densità energetica della batteria. Anche questo aspetto è ritagliato su misura, considerato che i tre produttori nazionali, LG Energy Solution, SK On e Samsung SDI sono notoriamente apprezzati per celle ad alto contenuto di nichel con elevata densità di energia. Questo comporta che gli autobus cinesi in prevalenza esportati da BYD, quasi esclusivamente muniti di batterie al litio ferro fosfato (LFP) a bassa densità, perderanno una parte della loro competitività.

Il governo abolirà il sussidio universale di 5 milioni di won per i camion elettrici. Ogni camion in grado di percorrere almeno 250 chilometri (l’autonomia aumenta di norma con la densità di energia) con una singola carica riceverà 25 milioni di won. Attualmente, lo Hyundai Porter 2 Electric e il Kia Bongo 3 Electric hanno tali capacità.

Il tenore dei sussidi 2023 in Corea del Sud ha degli spunti che i legislatori europei e italiani dovrebbero soppesare

Se ripercorrono le voci della normativa coreana che regolerà i sussidi, è facile notare che in pratica chi l’ha stilata ha fatto una sorta di reverse engineering dei punti di forza dei produttori nazionali di veicoli, ma anche delle case produttrici di batterie, per valorizzarli e incoraggiare i consumatori a sceglierli.

La policy coreana sugli incentivi secondo chi scrive contiene anche qualche suggerimento per chi voglia sostenere un’industria nazionale miscelando eccellenza tecnologica con tutela di un settore economico importante e dal grande potenziale futuro.

Ovvero, malgrado il ritardo nell’ampliamento della base manifatturiera rispetto a Cina e a Stati Uniti che si attrezzano per recuperare il tempo perso, creare una politica europea o italiana dei sussidi potrebbe puntare a creare importanti sostegni per alcuni campioni regionali da tutelare.

In parole povere, può funzionare ancora la logica che ha spinto ai vertici del proprio settore un’impresa come Airbus. Gli IPCEI, i progetti europei di interesse continentale che hanno permesso di iniziare a scuotere dal torpore settori come chip, idrogeno, batterie, potrebbero essere in un’ipotetico nuovo sistema a punti dei sussidi dei fattori discriminanti.

Ovvero, premiare con più soldi consumatori che acquistano veicoli con batterie nate nell’ambito di progetti IPCEI (ad esempio costruite a Douvrin o Kaiserslautern o Termoli) non sarebbe privo di logica. E i fondamentalisti della concorrenza ben difficilmente potrebbero obiettare che sia sbagliato spingere la clientela a comprare beni già sostenuti coi fondi nazionali e internazionali di questo o quel progetto IPCEI.

La cura certosina degli esperti coreani nel valorizzare l’eccellenza tecnologica nazionale sottolineando fattori come la ricarica bi-direzionale, anche in Europa avrebbe la possibilità di trovare spunti, ad esempio sull’impronta di emissioni o su nuovi settori (ad esempio in Francia le celle agli ioni di sodio).

Questo vale perfino per un’Italia che è troppo spesso fanalino di coda in tanti rami dell’innovazione, se solo qualche sedicente patriota si desse la pena di indagare il lavoro di ricerca e sviluppo di alcune eccellenze locali.

In un riformato sistema a punti sui sussidi italiani ai veicoli elettrici, sarebbe forse privo di logica valorizzare in modo adeguato un gruppo auto che propone alla clientela abbonamenti alla ricarica veloce che si affidano nelle proprie postazioni a colonnine costruite in Toscana oppure in Alto Adige, rispetto ad altri che hanno installato infrastruttura nata in Asia?

Credito foto di apertura: ufficio stampa Hyundai Motor