OPINIONI

Rientrare degli investimenti nei robotaxi ($8,72 alla volta)

I veicoli senza conducente in Arizona e in California sono già diventati una realtà; ma la sproporzione tra ricavi del servizio e i miliardi di investimenti rendono il settore dei robotaxi una curiosità, più che un vero business

Giovedì scorso Cruise, divisione di General Motors che si occupa di guida a elevata automazione e di servizi di robotaxi, sulla scia della recente approvazione dell’authority californiana CPUC, ha iniziato ad addebitare il conto ai passeggeri della zona nord-occidentale di San Francisco, per la quale è autorizzata a offrire corse notturne senza alcun autista o supervisore sui suoi veicoli. La società offriva corse gratuite da febbraio, anche durante le ore diurne e in questo caso con un safety driver a bordo.

La testata The Verge riferisce che i costi varieranno secondo lunghezza della corsa e gli orari. Un cliente che percorra 1,3 miglia su un robotaxi Cruise, pagherebbe $0,90 per miglio e $0,40 al minuto, in aggiunta a un fee base di $5 e una tassa locale dell’1,5%, per un totale di $8,72. Questo genere di tariffa è la base sostanziale del modello di business dei robotaxi in cui si è imbarcata Cruise, così come rivali quali Waymo, Argo AI (e una pattuglia di startup asiatiche) richiamando cospicui investimenti.

Va notato che i robotaxi del periodo più recente hanno messo in soffitta i modelli ibridi popolari agli esordi per affidarsi alla propulsione al 100% elettrica. Questo, di per sé, ha fatto del veicolo base da modificare con una densa trama di sensori, chip e software un fattore ancora più oneroso di quanto non sia già un veicolo elettrico, per ora più costoso di uno convenzionale.

Nelle ultime settimane i modelli elettrici puri sono stati tra quelli in cui nei listini globali si è concretizzato, quasi senza eccezioni, il concetto di inflazione. Il colosso globale di settore, parliamo ovviamente di Tesla, la settimana scorsa ha alzato i prezzi fino a $6.000. I rivali non hanno fatto diversamente.

Il risultato è che in media negli Stati Uniti una elettrica pura costa oggi $61.000, secondo i dati aggiornati della società di consulenza specializzata Edmunds.com. Sono un sacco di soldi, specie se si confronta la cifra col modello medio americano in generale, salito a sua volta a $46.000.

A conferma di un allontanamento del modello medio di auto nuova dal portafoglio della famiglia americana tipo: nel 2021 il 30% dei modelli in gamma aveva un cartellino sopra i $50.000, una percentuale che 10 anni fa era solo del 6%, secondo Cox Automotive.

La mossa General Motors di abbassare di $6.000 il cartellino della sfortunata (perché protagonista di un gigantesco richiamo sulle batterie coreane) Chevrolet Bolt, in altri termini è una eccezione alla regola, sebbene con le future Blazer ed Equinox per la marca chevrolet a Detroit abbiano ancora in mente l’obiettivo della affordability.

Per il settore dei robotaxi e dei servizi di ride hailing come iimpostato da Cruise e Waymo, questa tendenza al rialzo dei veicoli elettrici è un fattore sostanziale in grado di allontanare ulteriormente l’arrivo alla fase in cui gli investimenti nel settore si trasformeranno in profitti.

General Motors aveva fatto rotta su Cruise con un investimento iniziato nel 2016, all’apice delle’ottimismo sulle prospettive di clamoroso successo della guida autonoma avanzata, investendo $1 miliardo. Ma quella somma non poteva bastare a un settore che ha molte uscite e spese in conto capitale e quasi nessuna entrata.

Così nel 2018 veniva annunciato un sostegno di $2,25 miliardi con alla guida il fondo giapponese SoftBank Vision (poi uscito a marzo 2022) e Honda, partner privilegiato di General Motors in diversi ambiti. Un anno dopo altro capitale affluiva verso la società di San Francisco, stavolta $1,15 miliardi, valutando la società $19 miliardi.

Ma non era finita, perchè tra gennaio ed aprile 2021 ha preso forma un altro round di finanziamento da $2,75 miliardi da investitori (incluso Microsoft) di cui $750 milioni allocati nel capitale di Cruise dal gruppo Walmart, dopo i primi risultati di un progetto-pilota comune sulle consegne dell’ultimo miglio in corso a Scottsdale, Arizona.

In tutto gli oltre $8 miliardi versati per sostenere Cruise hanno portato la società verso una valutazione attuale di circa $30 miliardi: la stima recente è che Cruise spenda circa $1 miliardo l’anno per un organico di 1.750 persone. Nel corso del tempo sicuramente gli investimenti complessivi in questo settore hanno già superato i $100 miliardi, tra robotaxi, guida autonoma o servizi collegati agli uni o agli altri.

Come noto il rubinetto degli investimenti si apre di fronte alle prospettive di crescita di un settore: Mobileye, che produce e sottopone a sviluppo i propri robotaxi nonché i sistemi di assistenza alla guida, sostiene che sarà nel 2025 un mercato da $160 miliardi. Ma la società israeliana del gruppo Intel non è la più ottimistica.

Il fondo ARK Invest, noto come uno tra i più entusiasti sul futuro di Tesla, indica che il ride hailing autonomo sarà un mercato da $235 miliardi nel 2025 e oltre $1,5 trilioni nel 2030. Tanto che nel valutare in modo super-bullish proprio Tesla sostiene che la sola piattaforma a piena autonomia della casa di Elon Musk, peraltro non ancora perfezionata malgrado le molte promesse, valga $9 trilioni.

Michael McGrath nel libro “Autonomous Vehicles: Opportunities, Strategies, and Disruptions” sostiene che ogni Autonomous Ride Service, come quello di Cruise o Waymo (o in futuro Tesla) potrebbe generare per ciascun veicolo circa $150.000 di ricavi l’anno. Una quota che potrebbe assorbire, nel caso di un veicolo elettrico, anche i rincari recenti che rendono un robotaxi eccessivamente oneroso. Ma queste sono voci di ottimismo che pochi condividono in forma così sfrenata.

Quando a fine inverno il fondo SoftBank ha liquidato la posizione in Cruise e General Motors ha dovuto scommettere altri $3,5 miliardi, Raj Rajkumar, professore di electrical and computer engineering presso l’università Carnegie Mellon di Pittsburgh aveva commentato con l’agenzia Reuters che “basandosi sull’esperienza che abbiamo visto con Waymo in Arizona, i ricavi che si genereranno dal dispiegamento saranno molto, molto piccoli”.

Società che controllano aziende che sviluppano e producono robotaxi, come General Motors o Alphabet, hanno quindi davanti ancora una strada lunga per recuperare i propri investimenti e dovranno essere in grado di frugare ancora a lungo nelle proprie tasche per sostenerle ancora.

La stessa Lyft, azienda che opera nei servizi di taxi privati, e il cui fondatore John Zimmer in un’altra epoca (anche se era il vicino 2016) sosteneva in un manifesto di 14 pagine che nel 2021 si aspettava tutte le corse in mano ai robotaxi, ha ceduto la propria divisione che lavorava alla tecnologia di guida autonoma. Ora Zimmer si aspetta di vedere un 5% di corse sul totale fornito dai veicoli che aderiscono all’app in mano a software, chip e sensori e non ad autisti.

L’idea intuitiva comunicata da Zimmer e da altri manager di società di ride hailing (come il discusso Travis Kalanick di Uber) era che poiché una grossa fetta dei ricavi va a pagare gli autisti, liberarsi degli autisti fa intravedere una prateria di comodi e sostanziali profitti.

Ashley Nunes, ricercatrice del MIT che si occupa di robotaxi da diverso tempo, sottolinea come un robotaxi non sia in grado di intervenire sul problema numero uno delle società che vendono corse nel traffico urbano (e non): il loro tasso di utilizzo. Quanto tempo sia occupato il sedile posteriore del veicolo durante la giornata è il fattore determinante, e in questo ambito non cambia niente che il controllo della guida durante i percorsi sia in mano a una persona in carne ed ossa oppure a un software.

Inoltre, aggiungiamo, una flotta di robotaxi cambia sostanzialmente la struttura di una azienda impostata come Uber o Lyft: da asset light (ovvero la spesa e la manutenzione del veicolo sono un onere per gli autisti) a una con investimenti sostanziali da fare nei veicoli necessari ad assicurare il servizio.

Veicoli elettrici che, come abbiamo ricordato, anche per una società pronta a partire con corse senza autista come Cruise o Waymo stanno diventando più costosi, indipendentemente dal costo dell’hardware e software specializzato di bordo.

Nel recente passato alla perdita di fiducia di molti investitori, e questo ancor prima della fine del periodo dell’easy money e dei bassissimi tassi di interesse, ha contribuito anche il fatto che il livello di autonomia al gradino massimo della tassonomia SAE, necessario per togliere l’autista dal robotaxi, sembrasse a tratti dover costantemente essere rinviato.

Questo spiega perché molti abbiano ritenuto che i grandi beneficiari della corsa alla guida autonoma avanzata siano stati non Uber e Lyft o Cruise e Waymo ma fornitori di sistemi di sicurezza o di sensori, in altre parole società come Luminar, Mobileye o Motional. In effetti, lo scorso anno parlando al Financial Times il fondatore della startup del LiDAR Austin Russell sembrava confermare.

“Se si cercasse di schierare 100.000 veicoli senza pilota, ti costerebbe decine di miliardi di dollari. La differenza qui è che in realtà siamo pagati per mettere roba sulle auto, spargerla per il mondo e raccogliere dati”, ha commentato Russell in una intervista a Patrick Magee.

In altri termini chi vende sensori o chip appare avere un business case più solido di quello di un servizio di robotaxi, specie con i progressi dell’innovazione che rendono gli apparati e i sistemi sempre più sicuri. E montati su un veicolo, specie uno premium, i sistemi ADAS di livello intermedio, insufficienti per un robotaxi ma adeguati per un Livello SAE 3 sulle autostrade tedesche non hanno prezzi iperbolici: lo conferma il caso Mercedes-Benz che propone ormai i primi, a €5.000.

E quanto a costi che non stronchino le possibilità del business dei robotaxi, qualche spiraglio esiste. Ma arriva dalla Cina, dove a inizio giugno Jidu, una joint venture creata dal colosso del web Baidu e dal gruppo auto Geely ha presentato il suo primo veicolo, chiamato Robo-1, che dovrebbe costare secondo i partner circa $30.000 quando sarà messo in vendita il prossimo anno.

Il sistema di guida autonoma è basato su una versione di Apollo, la piattaforma open source creata proprio da Baidu. Secondo Jidu una volta commercializzata sarà in grado di guidare sulla maggior parte delle strade, ma con la supervisione di un guidatore, quindi un passo indietro rispetto a dove sono arrivati oggi Cruise o Waymo.

E tuttavia la realizzazione di un progetto come Robo-1 lascia immaginare che in un futuro non a brevissimo termine anche i costi di un veicolo ad elevata automazione possano scendere davvero al livello adeguato a rendere il settore dei robotaxi qualcosa di meglio di una fuga in avanti.

Credito foto di apertura: sito web Cruise Automation