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Quella crisi SoftBank che proviene dal fondo

Il Vision Fund del giapponese Masayoshi Son è noto per la fame di investimenti nelle startup attive nella mobilità e nell’intelligenza artificiale; ma sta per iniziare una dieta ferrea

Uno dei gruppi più attivi (e più chiacchierati) nell’innovazione sta attraversando una fase critica e l’apparente inesauribile capacità del suo braccio finanziario di raccogliere fondi e distribuirli a startup e progetti di avanguardia, in qualche caso temerari, sembra di colpo arrivata alla fine.

SoftBank Group Corp ha valutato in $13 miliardi le perdite annuali, in gran parte dovute proprio all’ambizioso Vision Fund del gruppo giapponese. Il fondo da $100 miliardi voluto dal numero uno del gruppo Masayoshi Son (ritratto nella foto di apertura durante un congresso), in questa fase non sarà concentrato sul trovare idee e programmi fantascientifici da finanziare, ma nel vendere partecipazioni per ricostruire la fiducia.

La svolta sembra destinata a generare effetti a catena specialmente in una fase di crisi globale come l’attuale. Le dismissioni potrebbero ammontare ad oltre due volte la cifra di perdite registrate dal solo Vision Fund, circa $16,7 miliardi.

I manager avranno solo l’imbarazzo della scelta. Son è notoriamente stato ossessionato da intelligenza artificiale e da alcuni settori: come automazione e mobilità in condivisione.

L’ultimo progetto per cui AUTO21 ha avuto modo di occuparsi di una partecipata di SoftBank è stato a gennaio, col lancio di un programma di shuttle autonomi avviato vicino a Tokyo guardando ai Giochi Olimpici, ora rinviati al 2021. Quel progetto della consociata SB Drive è solo uno tra molti.

SoftBank partecipa al consorzio giapponese Monet per sviluppare la guida autonoma cui aderiscono Toyota, Mazda, Suzuki e Subaru. Ha investito insieme ad Honda nella startup americana Cruise rilevata da General Motors e che ha messo in strada a San Francisco shuttle autonomi.

In America ha messo soldi anche nella startup delle consegne merci Nuro, già attiva in Texas, Arizona e California. Ma per non farsi mancare alternative è partner anche nel laboratorio di ricerca sulla guida autonoma Uber ATG insieme alle giapponesi Toyota e Denso.

Proprio quella nella casa madre Uber e in altre aziende globali dei taxi privati sono una delle principali fonti di perdite che hanno messo in crisi SoftBank. Il Vision Fund non ha investito solo nella casa che ha reso celebre il concetto di ride hailing, ma anche in gruppi regionali, come Ola, la Uber indiana.

Peraltro nell’attuale epoca di quarantene e di turismo, viaggi e commercio globale congelati avere una massiccia presenza in questo settore a nessuno può apparire una presenza vantaggiosa.

Anche altri investimenti più piccoli del Vision Fund, ad esempio in startup delle batterie o in Europa nella piattaforma berlinese del commercio di veicoli online Auto1 non sembrano in grado di esprimere cifre positive nei prossimi mesi.

E questo potrebbe essere un problema per molte startup, che vedranno uscire dall’azionariato un colosso dimostratosi finora generoso fino alla temerarietà e che potrebbero avere serie difficoltà a sostituirlo.

Secondo opinioni riferite dall’agenzia Reuters peraltro la quota più sostanziosa di raccolta di denaro fresco per il traballante gruppo giapponese potrebbe venire non dall’uscita da startup ma facendo a meno del 26% di presenza nel capitale di Alibaba Group Holding Ltd, uno dei grandi colossi cinesi di internet.

Ma con la crisi SoftBank anche questo passo potrebbe avere conseguenze: sui destini di molte startup innovative, specie cinesi. Il calo del corso azionario di Alibaba, con un mare di azioni immesse sul mercato, potrebbe toccare le scelte future di uno dei gruppi che insieme a Tencent e pochi altri è spesso stato alle spalle di progetti, inclusi nell’auto elettrica e nell’automazione avanzata.

In futuro, quali che siano i bersagli delle dismissioni, sembra in particolare destinato a cambiare l’approccio accentratore del Vision Fund sui risultati delle startup appoggiate. Finora dipendente più dalla fiducia dei manager in un investimento che dai risultati effettivi.

Con la crisi i vertici SoftBank difficilmente potranno continuare a permettersi di non discutere con i principali investitori, tra cui fondo sovrano saudita e il fondo Elliott noto anche in Italia per partecipazioni calcistiche, i risultati delle singole startup, appellandosi al fiuto di Son.

Credito foto di apertura: sito web SoftBank Corp.