OPINIONI

Perchè il decreto Smart Road non ha in simpatia shuttle, startup e spinoff?

Il decreto che regola i test di guida automatica in Italia su strade aperte al pubblico si è scordato gli shuttle già in attività e anche i futuri Sedric ed e-Palette

La settimana scorsa AUTO21 ha già avuto modo di fare notare alcune perplessità espresse dalla sede italiana di Ambarella riguardo al decreto Smart Roadpubblicato in Gazzetta Ufficiale da poche settimane e destinato tra l’altro a regolare infrastrutture innovative e veicoli autonomi.

La sede di Parma diretta dal professor Alberto Broggi, leggendo l’articolo 14.1 del decreto ha scoperto che, salvo emendamenti, dovrà chiedere il nulla osta ad una casa auto (nel caso specifico Lincoln, del gruppo Ford) per poter effettuare proprie sperimentazioni in Italia.

Il legislatore ha infatti scritto che “nei casi in cui la domanda e’ presentata da un soggetto diverso dal costruttore, il richiedente presenta il nulla osta alla sperimentazione rilasciato dal costruttore del veicolo“.

Quindi chi non è costruttore di veicoli, come Ambarella o altre startup o spinoff universitari, per effettuare test in Italia dovrà chiedere il permesso prima alle case auto, tra le quali alcune sono potenzialmente in concorrenza. A cominciare proprio da Ford, che ha acquistato la startup della guida autonoma Argo AI.

Ma il legislatore non ha lasciato perplessità solo a Parma, perché quello citato non è il solo articolo che sembra fatto apposta per mettere in difficoltà piccole startup e spinoff universitari. E non solo quelli.

Quando si consulta l’articolo 9.3 del decreto Smart Road, si nota che prevede che per i veicoli autonomi “l’autorizzazione  può  essere  rilasciata   con   riferimento unicamente a veicoli che siano già stati omologati,  nella  versione priva delle tecnologie di  guida  automatica,  secondo  la  normativa vigente”.

Vi chiederete: non è forse logico? Le Lincoln MKZ di Ambarella oppure le Chrysler Pacifica ibride di Waymo arrivate da poco in Italia ad FCA sono omologate anzitutto per essere usate normalmente da guidatori in carne ed ossa. Ed è effettivamente così.

Salvo che nel panorama della guida automatica sono numerose le aziende che non stanno lavorando su automobili convenzionali bensì su shuttle e mini-bus. Nella maggior parte di casi si tratta di navette nate e studiate per lavorare a bassa velocità in spazi cittadini o campus universitari: quasi sempre iniziano i loro test e poi entrano in servizio senza posto per il conducente o pedaliera.

Ci sono eccezioni: il Mover di e.Go, un’azienda tedesca nata come spinoff del RWTH(il politecnico di Acquisgrana) ha anche una versione con guidatore. Ma le aziende in maggior espansione come le francesi Easy Mile (con l’EZ10) o Navya (con l’Arma) non costruiscono anche versioni con sterzo e pedali.

Salvo chiarimenti ed emendamenti al decreto, queste ed altre navette analoghe non parrebbero nelle condizioni di poter ricevere l’autorizzazione ad operare su strade italiane aperte al pubblico.

Il legislatore, nello stesso comma, riconosce beninteso che costruttori di veicoli o società che sviluppano sistemi di guida automatica possano condurre prove di validazione su strada prima di avviare una produzione in serie. Ma, all’apparenza, dovrebbero farlo con veicoli nati convenzionali.

Si badi bene che se questo aspetto ora potrebbe soprattutto toccare aziende relativamente piccole e startup e soffocare idee imprenditoriali ed animal spirits di qualche studente e professore, in futuro potrebbe riguardare gli stessi gruppi dell’auto.

Se questo vi sembra poco plausibile vuol dire che avete scordato che due dei maggior gruppi globali come Volkswagen e Toyota hanno già presentato due concept come rispettivamente Sedric ed e-Palette.

Sebbene nessuno dei due sia destinato ad una imminente commercializzazione, sembrano chiaramente veicoli di cui mai vedremo in alternativa una versione convenzionale con volante e pedaliera.

Perchè il decreto Smart Road non ha in simpatia shuttle, startup e spinoff?
Il concept Sedric è uno shuttle del quale ben difficilmente vedremo una versione prodotta in serie con sterzo e pedaliera. Ma, a leggere il decreto Smart Road, senza omologare anche quella Volkswagen non potrebbe effettuare alcun test di guida automatica su strade pubbliche italiane. (credito foto: ufficio stampa Volkswagen Group Italia)

E, passando da possibili problemi futuri a quelli attuali, le navette a guida autonoma come il Navya e l’EasyMile, seppur di maggior successo in Francia, Svizzera o Stati Uniti, dove le sperimentazioni in corso sono numerose, anche in Italia hanno cominciato ad interessare qualcuno.

Ad esempio, a gennaio il general manager di Beni Stabili Alexei Dal Mastro aveva segnalato che il gruppo era interessato a dotare il progetto immobiliare Symbiosis di una navetta elettrica senza conducente per collegare a Milano piazzale Lodi con via Ripamonti.

Le caratteristiche del servizio da prestare paiono avvicinare questo progetto di mini-bus a guida automatica in ambiente urbano molto più a quello della RATP che a Parigi collega le stazioni di Austerlitz e di Lyon (mediante shuttle EasyMile) che ai mini-bus, elettrici ma con autista, che Moia sta mettendo in servizio ad Amburgo.

Inutile dire che in assenza di chiarimenti ad alcuni aspetti del decreto Smart Road, le buone intenzioni di pionieri italiani come Beni Stabili potrebbero essere destinate alla frustrazione.


Credito foto di apertura: ufficio stampa Autopostale (CH)