OPINIONI

L’auto elettrica va a lezione di “bolla”

Chi volava alto, adesso vola molto più basso: nel settore sembra proprio il momento di una collettiva Schadenfreude, mentre all’orizzonte Xiaomi si candida ad essere la prossima casa a cui tutti augurano…

Forse il settore dell’auto elettrica non è poi destinato a essere quel duello permanente tra Tesla e BYD che molti cominciavano a immaginare? Dopo una fase di successi dei due gruppi emersi con maggior prepotenza in questo mercato a livello globale, Tesla accusa una sostanziale battuta d’arresto in questo inizio anno, mentre anche BYD non mantiene quei ritmi spettacolari di crescita a cui ci aveva abituato.

Se i “pesi massimi” dell’elettrico segnano il passo, l’inizio del 2024 dovrebbe quindi essere interpretato come il segnale che la bolla dell’auto elettrica stia scoppiando? Se proprio si vuole cercare qualche segnale, in realtà il periodo attuale ne dispensa anche di segno diametralmente opposto…

Ma in questo caso l’indiziato è un protagonista inatteso e finora estraneo al mondo dell’auto elettrica, visto che è cresciuto grazie a smartphone ed elettronica di consumo: la cinese Xiaomi.

Ma, prima di approfondire cosa accade e se sia davvero questo potenziale protagonista del futuro dell’auto elettrica sia in odore di bolla, è opportuno guardare ai numeri che stanno ormai creando preoccupazioni ai vertici di Tesla e BYD, i maggiori incumbent del settore.

Cominciando dalla vera sorpresa negativa: la casa di Elon Musk. Tesla ha infatti confermato che soltanto 433.371 veicoli elettrici sono usciti dalle sue Gigafactory di Fremont, Shanghai, Austin e Germania nei primi tre mesi del 2024.

Si tratta di un calo dell’1,7% rispetto all’anno precedente e soprattutto del primo calo dall’era-Covid, una pandemia che invece di tagliare le gambe a Tesla le aveva messo le ali, con le fabbriche di Musk ripartite a regime anticipando tutte quelle dei gruppi tradizionali e con uno slancio arrivato indenne fino ad ora.

Ancora peggio le consegne: 386.810 esemplari di Tesla rappresentano un calo su base annua dell’8,5% dallo stesso periodo di un anno fa. I numeri comunicati sono i primi a deludere davvero le aspettative degli analisti di Wall Street dopo oltre un lustro di notizie buone o ottime.

La media dei sondaggi degli addetti ai lavori aveva messo insieme una stima media di 443.027 consegne e una mediana di 431.125. Nel precedente trimestre con cui aveva chiuso benissimo il 2023, Tesla aveva consegnato 422.875 vetture e SUV, costruendone 440.808.

Malgrado spiegazioni concrete e oggettive per le cifre negative, come ad esempio i lavori di aggiornamento alla fabbrica in California o l’allungarsi delle catene della logistica per i problemi nel Mar Rosso, Tesla risulta ormai il peggior titolo dell’indice S&P500, col corso azionario che ha perso circa un terzo del valore da inizio anno, un calo rispetto al quale la discesa del 5,9% di ieri è solo una frazione del totale e che potrebbe anche mettere in moto speculazioni ribassiste.

Soprattutto quelle di chi ritiene Tesla, più che l’auto elettrica in sé, la bolla di questo decennio, e le scommette contro. A segnalare come i suoi conti aziendali abbiano stupito in negativo, contribuisce anche constatare che non abbia portato alcun sollievo sapere che Tesla sia tornata lo scorso trimestre il maggior produttore e venditore di auto al 100% elettriche a livello globale, dopo aver temporaneamente ceduto questo scettro nell’ultimo trimestre del 2023 alla perenne rivale BYD.

E questo ci porta al potenziale rischio di rallentamento che tocca anche BYD: se Tesla piange infatti, a Shenzhen i manager cinesi non ridono. Il totale di auto elettriche pure consegnate al 31 marzo da BYD è stato di 300.114 esemplari, adeguato ad accedere al secondo posto globale dietro ai rivali americani, ma non sufficiente a confermare il primato globale nei BEV.

Ma BYD è da sempre nota anche per il gradimento verso le sue elettriche ricaricabili: in effetti secondo i dati disponibili nel primo trimestre 2024 alla fine inclusi queste versioni di veicoli con la presa, BEV o PHEV, la casa ne ha venduti ben 626.263, tutt’altro che un bottino magro.

Complice la presenza della sentitissima vacanza del Capodanno Lunare sul suo primo mercato, quello nazionale, le vendite sono in effetti calate del 43% rispetto al trimestre precedente, quello dei record.

Ma le immatricolazioni di BYD sono peraltro cresciute anche del 13,4% rispetto allo stesso periodo del 2023, quando il Capodanno Lunare faceva comunque parte del periodo ma era collocato in altra data. Questa battuta d’arresto deve quindi essere interpretata o no come un destino parallelo per BYD rispetto a quello di Tesla, o solo un incidente di percorso?

In effetti esaminando il consuntivo del mese di marzo, passata la discesa di febbraio col Capodanno Lunare, troviamo che BYD ha venduto in patria 302.459 veicoli BEV & PHEV, il secondo miglior mese della propria storia industriale sul primo mercato auto del pianeta.

Solo dicembre 2023, con 341.043 esemplari era stato motivo di maggior orgoglio. La crescita su base annua è stata del 46%. La quota dei veicoli al 100% elettrici secondo i dati corrispondeva a 139.902 unità a marzo, il 36% di crescita su base annuale e un +154% su base mensile.

Pertanto, indicare un inizio di crollo parallelo dei due maggiori protagonisti dell’auto elettrica sarebbe quanto meno prematuro, almeno leggendo controluce i dati del gruppo del Sud della Cina guidato da Wang Chuanfu.

Resta quindi da capire se quella di Tesla sia una fase di crisi aziendale o, cosa più preoccupante, un segnale di crisi dell’auto elettrica nel complesso. Capire è più agevole se ci si domanda se si può identificare un fattore scatenante principale per le difficoltà Tesla.

In Cina Tesla non sembra patire segnali di crollo della domanda. E nella Vecchia Europa le cifre degli ultimi mesi, incluso nella solitamente refrattaria Italia, vedono ancora Model Y e Model 3 nelle classifiche delle auto più vendute.

Il che lascia per esclusione il solo mercato maggiore Tesla rimasto: quello degli Stati Uniti. Sebbene la casa texana non fornisca dati ufficiali suddivisi per regione, da più tempo cifre di case di consulenza e di centri studi segnalano peraltro che proprio questo stia avvenendo.

Perfino in California, maggior mercato delle elettriche del Nord America, da più mesi si avvertono segnali di disaffezione nei numeri Tesla. Ma si tratta di disaffezione verso l’azienda di un Elon Musk sempre più protagonista controverso della bolla social o piuttosto verso l’auto elettrica? Per capirlo, bisogna attendere numeri affidabili sulle vendite Tesla, sempre oggetto di riservatezza, ma intanto possiamo leggere quelli ufficializzati dalla concorrenza.

E per una General Motors che continua a soffrire per imporre le sue elettriche della piattaforma Ultium dopo ‘uscita di scena della economica serie Chevrolet Bolt, altrove si trovano cifre che indicano buona salute per modelli mossi dalle batterie nei pianali.

Persino quelle della travagliata Rivian, hanno battuto le aspettative: 13.588 consegne contro le 7.946 dello stesso periodo un anno prima. Ma se i numeri delle startup come Rivian possono essere aleatori, molto meno lo sono quello di tradizionali gruppi consolidati.

I coreani che ormai sono alle spalle di Tesla per vendite di elettriche in America, hanno infatti dichiarato da poche ore che le consegne Kia di elettriche sono cresciute dell’88% da quando ha lanciato un grande SUV elettrico a tre file e sette posti come EV9.

Quanto ai “cugini” di Hyundai, hanno venduto a fine trimestre oltre 10.000 elettriche pure, con una crescita su base annua del 75% che ha contribuito a stabilire un nuovo primato per un primo trimestre con 184.804 unità totali vendute.

In poche parole, se nessun parla di bolla per Hyundai o Kia, una casa che punta sull’auto elettrica può ancora togliersi le proprie soddisfazioni. Ma questo non fa rumore. Non fa rumore e quindi non è carburante per speculazioni in grado di trasformare aziende dal futuro improbabile in macchine da soldi.

E alla fine la constatazione è che la bolla fa comodo, a chi specula come a chi vive di livori per i successi altrui, carburante inesauribile dei commenti e della popolarità delle piattaforme social (o asocial).

Di una bolla come Tesla i mercati ne vorrebbero una alla settimana, ci dicono i fatti. Anche per questo lo stesso Giobbe in persona finirebbe per stancarsi di contare tutti i titoli di notizie e commenti sulla nuova Tesla o sulla nuova anti-Tesla.

E in questo periodo probabilmente diventerà stancante contare quante volte sarà identificata come nuovo fenomeno dell’auto elettrica Xiaomi: abbiamo scritto fenomeno, ma forse dovremmo scrivere bolla, perché non mancano le caratteristiche che come tale la indicano.

A cominciare dall’entusiasmo del pubblico all’uscita del primo modello dell’industria che è riuscita là dove Apple (o Dyson) aveva fallito: passare dall’elettronica di consumo all’auto. E per misurarlo basta dire che in poche ore è ormai esaurita la capacità produttiva iniziale della nuova SU7 per tutto il 2024.

Xiaomi ha annunciato in effetti di aver ricevuto 88.898 ordini entro 24 ore dal lancio per il primo modello: la conferma mentre erano in corso i test drive in 29 città cinesi, con qualche sito che ha esaurito le richieste nel cuore della notte. Isteria collettiva?

Di certo una scommessa vinta dalla Beijing Automotive Industry Holding Co. quella BAIC che è lo storico partner statale di Mercedes-Benz e che dentro alla bolla di Xiaomi riveste il ruolo che Foxconn ha per Apple: quello di produttore a contratto.

Questo meccanismo appare semplice, ma nell’auto elettrica chi intendeva proporlo esattamente come Xiaomi, Fisker, sta portando i libri in tribunale e la fabbrica austriaca di Magna International che doveva costruire i SUV Ocean a tutto spiano ha bloccato le linee. Insomma sarà anche una bolla, ma quella della vettura cinese di Xiaomi e BAIC funziona…

Il momento di euforia generale ha fatto sì che la contrattazione in borsa martedì scorso si sia chiusa col 16% di crescita; il valore di mercato è schizzato su per l’equivalente di $4 miliardi verso una capitalizzazione di $55 miliardi, analoga a quella di due gruppi storici e centenari come Ford e General Motors.

I due gruppi americani lo stesso giorno a Wall Street erano valutati rispettivamente $53 e $52 miliardi. Una sceneggiatura già vista quando la capitalizzazione Tesla man mano cresceva e superava i Big3 di Detroit, poi Volkswagen, poi Toyota…

Ma è difficile pensando alla parabola Tesla evitare di chiedersi se anche Xiaomi (o un’altra futura candidata) non sia a rischio di essere intrappolata dalle paure collettive di perdersi l’affare del secolo, la stessa sindrome che ha per anni e anni ha sostenuto la fede in Musk trasformando per alcuni Tesla in un culto laico.

I cinesi forse saranno più pratici e quindi meno esposti a brutte sorprese; del resto proprio loro non stanno facendo i conti col crollo dei maggiori conglomerati dell’immobiliare? Il mattone non tradiva mai, giusto? Sbagliato, adesso sanno migliaia di famiglie spaventate sul futuro di risparmi collocati in solide mura, mura che non saranno forse mai consegnate…

Col più solido degli investimenti che cela il peggio della precarietà, è poi così spaventoso entusiasmarsi per progetti ambiziosi in uno dei settori più innovativi, specie per una casa che ora sottolinea che la divisione auto non guadagnerà subito e la cui fabbrica di Pechino aumenterà la capacità produttiva annua da 150.000 veicoli nella prima fase a un traguardo modesto e sobrio di 300.000 veicoli nella seconda fase?

Credito foto di apertura: ufficio stampa Tesla