Prezzi delle materie prime: mina vagante per il mercato delle elettriche?
I dati del mercato americano replicano ai timori: i prezzi (e l’assenza di sussidi) non fermano le vendite dei modelli di fascia alta; ma costi delle batterie che non calano sono un ostacolo per i lanci delle elettriche da €20.000
James Frith è uno degli analisti più preparati della società di consulenza BloombergNEF e lui e il suo team sono apparsi quasi imbarazzati a preparare l’ultima edizione del periodico sondaggio sui prezzi delle batterie che la società affiliata al gruppo di Michael Bloomberg pubblica a scadenze regolari.
Di fatto è uno dei pilastri della curva di transizione a una mobilità più sostenibile: la certezza o la convinzione che i veicoli elettrici arriveranno a costare (anche senza sussidi) quanto quelli che bruciano combustibile fossile. Di fatto la ragione principale per la differenza, finora, è appunto la batteria.
Una volta che i prezzi di celle e accessori scenderanno abbastanza i governi o le istituzioni locali non avranno più bisogno di supportare ed incoraggiare i clienti e il mercato dei veicoli elettrici si reggerà sulle proprie gambe. E tuttavia, condividendo i risultati dell’ultimo survey, per la prima volta dall’inizio di questa ricerca (il remoto 2012) i prezzi delle batterie di trazione (e quelli per uso stazionario) potrebbero cambiare traiettoria all’in giù dell’abituale declino annuale.
Negli ultimi dieci anni, ricordava Frith, i prezzi sono scesi da quasi $1.200/kWh a una media di $137/kWh del 2020. Facendo i conti, per un veicolo elettrico con un pacco batterie da 50 kWh, simile a quello di una recente Renault Zoe (per scegliere come esempio il modello al 100% elettrico più venduto in Europa lo scorso anno) si traduce in un impatto teorico di $43.000.
Anche se andrebbe precisato che il calcolo dalla teoria alla pratica sarebbe in effetti più complesso e il risparmio inferiore, considerato che come noto le prime Leaf o le prime Zoe avevano capacità e densità di energia inferiori a quelle delle loro attuali discendenti.
Per seguire il trend a cui eravamo abituati, stima l’esperto di BloombergNEF, nel 2021 il pacco batterie medio dovrebbe costare $125/kWh. Ma nel corso degli ultimi 12 mesi, come noto i prezzi delle materie prime contenute nelle batterie sono saliti: una curva di crescita dei prezzi che riguarda litio, nichel, cobalto.
La cosa mette pressione ai calcoli di chi deve produrre batterie, ma la situazione è simile nella manifattura nel suo complesso. In alcuni casi peggiore, ad esempio il palladio che serve ai catalizzatori delle auto convenzionali è uno dei metalli il cui prezzo ha contribuito di più a far ritenere ad alcuni esperti che sia iniziato un super-cycle delle materie prime.
Oggi il materiale dei catodi, gli elettrodi positivi di una cella agli ioni di litio, è uno dei maggiori fattori di costo, arrivando a incidere per circa il 50%. Nel complesso il 40% del costo della cella è agganciato a commodities i cui prezzi sono saliti nel corso dell’ultimo anno. In pratica, scrive Frith: “c’ una chance che il declino dei prezzi delle batterie si blocchi per un periodo esteso di tempo o possano anche aumentare per pochi anni”.
L’alternativa è che, come i timori sulle fiammate di inflazione post-lockdown che questo sia un effetto temporaneo dello scostamento sostanziale tra domanda ed offerta e che la marcia verso la parità di costo tra BEV ed ICE continui a rispettare il precedente traguardo della metà decade.
Se così non fosse, l’effetto più ovvio sarebbe che le case auto dovrebbero rivedere i propri conti sui margini raggiungibili dai veicoli elettrici. Numerose case auto negli ultimi anni hanno saputo anticipare le fasi critiche e soprattutto per evitare colli di bottiglia hanno stipulato accordi di fornitura con gruppi del settore estrattivo per materiali critici come litio o cobalto. Perciò quasi nessuna casa è stata così sprovveduta da rischiare di trovarsi in difficoltà su ogni materia prima decisiva per la produzione.
Ma la vicenda della carenza di semi-conduttori che colpisce anche gruppi invidiati per la capacità di programmazione come Toyota, suggerisce che anche se molte case auto hanno una tranquillità su certi materiali, ad esempio appunto litio e cobalto, magari altri come il rame o il nichel, fino a poco tempo fa ritenuti molto meno critici, potrebbero comunque esercitare pressioni sui prezzi complessivi.
In particolare il rischio maggiore sembrano correrlo i futuri progetti relativi a modelli realizzati in Occidente dai costi particolarmente contenuti: ci riferiamo soprattutto ai modelli previsti dal 2024, 2025 da gruppi che vanno da Tesla a Volkswagen di elettriche pure messe in commercio a prezzi di €20.000 o poco superiori.
Le analisi attuali non includono ancora i possibili effetti a medio termine di un boom dei prezzi delle materie prime sulla nascita di attività legate al riciclo. Nel breve volgere di pochi mesi quella che sembrava un’attività dai ricavi e dai margini dubbi per scarsità di materiali da sottoporre a riciclo, si sta trasformando in un business che richiama interesse e capitali. Anche più facilmente di quanto non accada agli investimenti nell’attività estrattiva.
La spiegazione tutto sommato è anche semplice: avviare un sito dove si produce litio è complesso dal punto di vista regolatorio e tecnico, e richiede nel migliore dei casi un paio di lustri. Una attività su larga scala per recuperare materie prime dalle batterie a fine vita in alternativa è possibile in un terzo del tempo e con capex molto inferiore.
Ma nel frattempo ci si può domandare che tipo di effetto avrebbe la stasi nei prezzi dei veicoli elettrici sui mercati, ovvero cosa possa succedere se non continueranno a scendere. Oppure in alternativa se come è già successo, a prezzi stabili corrispondano modelli aggiornati con migliore autonomia o allestimento.
Non c’è bisogno di immaginare una risposta perché quello che gli economisti chiamano esperimento naturale ovvero un caso pratico che offre risposte a interrogativi sugli effetti di uno o più fattori economici è quello degli Stati Uniti. In America come noto gli incentivi non sono analoghi a quelli europei, che loro chiamerebbero point-of-sale. Si tratta invece di crediti sulle imposte federali sul reddito.
Ad esempio se si compra uno dei modelli abilitati a usufruire del credito come la Nissan Leaf e si devono a Washington $3.500, quello rappresenta il massimo risparmio annuale nell’anno seguente di imposta. Chi è più fortunato e guadagna di più e deve $10.000 in questo caso avrebbe diritto al massimo di credito fiscale di $7.500. In altri termini, i sussidi americani alle elettriche hanno già privilegiato una parte di mercato che taglia fuori le persone a basso reddito.
E poiché Washington ha deciso che i $7.500 di credito sarebbero stati concessi a chi comprava le prime 200.000 auto elettriche di ogni gruppo di Detroit o meno, Tesla e General Motors già da tempo vendono elettriche esclusivamente senza sussidi.
E qui emerge una sorta di risposta all’interrogativo sull’effetto della stasi dei prezzi delle celle agli ioni di litio potrebbe avere in Italia, Germania, eccetera. Anche se a causa delle materie prime i prezzi delle batterie non continuassero a calare nell’immediato futuro, questo probabilmente non avrebbe effetto sulla propensione all’acquisto nelle fasce di mercato premium o medio o medio alte.
Lo dimostrano le classifiche delle vendite americane di auto elettriche pure aggiornate dal 1 gennaio al 31 luglio:
1) Tesla Model Y: 93.708 unità
2) Tesla Model 3: 68.448
3) Chevrolet Bolt EV: 21.898
4) Ford Mustang Mach-E: 13.950
5) Nissan Leaf: 9.445
6) Volkswagen ID4: 8.404
7) Porsche Taycan: 6.071
8) Hyundai Kona EV: 6.069
9) Audi E-tron: 5.473
10) Kia Niro EV: 4.091
Il podio delle vendite è occupato in America da tre modelli su cui i clienti non possono più contare sui $7.500 di credito sulle imposte, ma questo non ha dissuaso gli acquirenti. Qui vediamo una indicazione che una stasi dei prezzi delle batterie molto difficilmente avrebbe una influenza sulle decisioni di acquisto anche in Italia o in Germania, specialmente finché si tratterà di modelli che si rivolgono principalmente a clientela che non ha problemi di sopravvivenza economica.
Quanto al pubblico delle auto elettriche da €20.000, quello è uno spazio ancora tutto da inventare, e le case auto hanno ancora abbastanza tempo ad affrontarlo per capire come l’evoluzione attuale dei prezzi delle materie prime inciderà in questo settore.