OPINIONI

Proteggere i fondi pubblici che mettono in moto l’innovazione

L’approccio pragmatico del Tennessee alle sovvenzioni per una Gigafactory di batterie Ford ed SK On contiene una lezione utile per l’Italia, a cominciare da Termoli?

Ieri il Consiglio dei ministri ha confermato la nascita di un Fondo unico che sarà attivo fino al 2030 “per accompagnare il processo di transizione”, ha dichiarato il ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti.

Ovvero per supportare in particolare il settore automotive, sia sul lato della domanda che su quello dell’offerta, in parallelo ad altri sostegni a settori essenziali all’innovazione, ad esempio con investimenti nel settore dei semiconduttori, sulla scia di quanto approvato dall’Unione Europea il 7 febbraio col Chips Act.

La dote prevista sarà di un miliardo di euro l’anno, con il 2022 coperto pare da una dote di circa €800 milioni. Entro un mese saranno emessi i decreti attuativi sul versante della domanda, in particolare col rilancio degli incentivi ai modelli auto sostenibili (con la definizione di questa categoria ancora oggetto di discussione tra le forze della maggioranza di governo), e per quanto riguarda l’offerta con interventi per la filiera industriale.

Ci saranno pertanto misure per la formazione di nuove competenze dell’organico oggi impegnato nella filiera collegata alla tecnologia del motore endotermico, che sarà coinvolta in campi di più lunga e certa spendibilità sul mercato del lavoro. In modo che il nuovo Fondo, ha dichiarato il viceministro allo Sviluppo Economico Gilberto Pichetto soprattutto “riguardi e sostenga nel tempo una politica industriale di settore che punti alla riqualificazione dell’industria e del lavoro”.

Nel quadro degli investimenti supportati già quest’anno, dovrebbero esserci quindi anche le sovvenzioni alla prima Gigafactory italiana di batterie di Stellantis, al via a Termoli non sappiamo ancora insieme a quale partner. In una intervista al Sole 24 Ore lo scorso 17 febbraio il ministro Giorgetti ha già indicato in €369 milioni il contributo pubblico per la conversione della fabbrica di motori molisana a sito produttivo di celle per il gruppo auto euro-americano.

Ci sono quindi ora ampie ragioni di ottimismo sulle possibilità che il progetto riguardante Termoli (magari con conferma il 1 marzo quando Carlos Tavares annuncerà il piano strategico Stellantis) possa diventare un simbolo della ripartenza dell’attività manifatturiera a medio e lungo termine. La concessione dei sussidi al progetto della Gigafactory è anche una relativa garanzia che l’impegno italiano del gruppo sia posto su basi ferme.

L’erogazione di un sostegno pubblico tutt’altro che irrilevante in effetti risulta una sostanziale contropartita all’impegno sul territorio. Non va scordato che solo poche settimane fa, quando Stellantis aveva annunciato il rimborso anticipato di un finanziamento concesso a FCA nell’estate 2020 nel bel mezzo della prima ondata della crisi sanitaria, molti dubbi e timori si erano manifestati quanto a voglia del gruppo con sede in Olanda di confermarsi una presenza di primo piano nella manifattura italiana.

Questo perché il credito erogato da Intesa Sanpaolo, che doveva scadere a primavera 2023, proponeva a Stellantis condizioni molto favorevoli ma era legato a una serie di condizioni fra cui il mantenimento dei livelli occupazionali e il completamento del piano di investimenti in Italia. Un “do ut des” reso possibile dalla presenza della copertura dello Stato italiano attraverso la SACE, l’agenzia nazionale per il credito all’export.

L’impegno delle finanze pubbliche italiane per sovvenzioni destinate a un’attività che accompagnerà la manifattura per alcuni decenni come sarà la produzione di celle per veicoli elettrici, appare quindi un segnale positivo per Termoli e per il varo di una filiera delle batterie che in Italia stenta a nascere.

Questo non significa che, pensando a quanto comporta per il bilancio delle istituzioni pubbliche che vi si impegnano sia da perseguire ad ogni costo, ovvero senza condizioni. Ce lo ricorda quello che sta avvenendo dall’altra parte dell’Atlantico proprio nel settore delle Gigafactory di batterie e ci pare una utile lezione da tenere presente nel valutare l’approccio verso gli investimenti nell’innovazione.

Le dimensioni delle sovvenzioni alle Gigafactory: €369 milioni per Termoli, $500 milioni per Stanton; l’idea del Tennessee per proteggere gli investimenti pubblici

Protagonista è una vicenda che riguarda il Tennessee, uno stato del Sud noto per essere apertamente pro-business. Ma nell’approvare sovvenzioni per circa $500 milioni al progetto della recente joint venture tra Ford Motor Co. e la coreana SK On, chi amministra ha preteso che la nuova fabbrica di pickup elettrici e di batterie che lì sorgerà debba creare oltre 5.000 posti di lavoro a tempo pieno, oppure rimborsare almeno una parte dell’importo.

L’autorità competente, la West Tennessee Megasite Authority, lo ha deciso giovedì scorso, approvando il contratto di locazione fino al 2051 al prezzo simbolico di $1 di un terreno di sua proprietà da 1.460 ettari a Stanton, nelle campagne a nord-est della città di Memphis.

L’investimento complessivo della joint venture BlueOvalSK per quell’impianto e per l’altro gemello nel Kentucky risulta essere di $5,8 miliardi, secondo le comunicazioni ufficiali risalenti allo scorso autunno, con un organico totale di 10.800 persone.

L’approvazione del contratto di locazione permetterà di iniziare i lavori quest’anno e la produzione entro il 2025. Per le casse del Tennessee le sovvenzioni in conto capitale non saranno il solo esborso, che ammonterà a circa $900 milioni se si includono altre spese future, come l’aggiornamento delle infrastrutture e della logistica necessarie al polo produttivo.

L’accordo richiederà ai partner Ford ed SK On di creare almeno il 90% dei 5.760 posti di lavoro promessi in cambio della sovvenzione diretta da mezzo miliardo. Se saranno creati meno di 5.184 posti di lavoro a tempo pieno entro 10 anni, il gruppo di Dearborn e quello coreano dovranno rimborsare una parte della sovvenzione più $175 milioni, ovvero il valore del terreno.

I legislatori del Tennessee, dove governa un’amministrazione repubblicana, non si sono in effetti scordati che nel 2019 il gruppo svedese degli elettrodomestici Electrolux aveva deciso di chiudere il suo sito produttivo nella regione dopo aver ricevuto un generoso pacchetto di incentivi.

L’accordo risalente al 2010 non aveva previsto, purtroppo per i contribuenti dello stato americano, alcuna misura di recupero di parte dei circa $100 milioni di incentivi concessi, anche se alla fine sono riusciti a far pagare al gruppo europeo almeno le tasse locali sulla fabbrica.

Una fabbrica di elettrodomestici rappresenta un investimento notevolmente inferiore rispetto ad una di batterie, forse oggi la manifattura più capital intensive con l’eccezione di quella dei chip, e quindi i rischi che BlueOvalSk in Tennessee oppure Stellantis a Termoli decidano dopo pochissimo tempo di disfarsene così vanificando le sovvenzioni appare relativamente basso.

Ma basso non significa inesistente, in particolare se si pensa alla corsa sempre più veloce verso nuove innovazioni, o svolte che oggi appaiono molto distanti ma che potrebbero sorprenderci per accelerazioni improvvise. Così, pensando al modo di relazionarsi con l’impresa di uno stato come il Tennessee, dove a governare non sono certo i verdi, appare legittimo aspettarsi che fondi pubblici siano erogati con le opportune forme di garanzia.

Credito foto di apertura: ufficio stampa BMW Group