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La settimana in cui le borse maltrattarono Big Tech risparmiando le elettriche

Una mole di conti, utili, ricavi pubblicati negli ultimi giorni col minimo comun denominatore che nei board dei gruppi auto e tra chi manovra gli investimenti nessuno mette più in discussione le prospettive dell’auto elettrica

Lunedì 25 ottobre l’agenzia Reuters ha presentato un nuovo resoconto che riassume gli investimenti dei grandi gruppi globali nell’auto elettrica. Il totale alla data del 2030, quando si completeranno la maggior parte dei piani industriali e potrebbero essere costruiti 54 milioni di veicoli elettrici puri, risulta ammontare alla ragguardevole cifra di $1,2 trilioni.

Se questa cifra, che sembra più familiare a Paperone che a un comune mortale, vi lascia indifferenti, pensate che l’intera capitalizzazione di borsa di Alphabet, il gruppo nato da Google, è di $1,3 trilioni.

In pratica si tratta di oltre il doppio della stessa stima fatta appena un anno fa, ma in un periodo in cui gli investimenti nello sviluppo e produzione di auto e SUV elettrici e delle loro batterie corrono sempre di più, incluso per i recalcitranti, come sempre la stessa agenzia ha rivelato pochi giorni fa riguardo a Toyota.

Tra le molte critiche di chi si oppone all’addio all’auto convenzionale e a tutto il settore impostato sui combustibili fossili, una obiezione frequente è stata quella che la transizione sarebbe fallita perché, malgrado la buona volontà degli amministratori delegati e dei loro board, le case auto che si sarebbero impegnate in questi investimenti dalle dimensioni che incutono certamente timore si sarebbero letteralmente “svenati” per completare nuovi stabilimenti e creare il nuovo prodotto. E questo prima che iniziasse la crisi dei prezzi delle materie prime, specialmente quelle riguardanti le batterie.

C’è qualcosa di corretto in quelle obiezioni? E ancora, dovremmo pensare che a fronte degli investimenti e delle strategie delineate i gruppi auto che hanno deciso di appoggiare senza esitazioni la transizione stiano già iniziando a soffrirne le conseguenze? Per rispondere non c’è niente di meglio dello sfruttare il calendario dei rapporti ufficiali agli investitori e controllare come sono andati i conti di alcuni gruppi.

In questa settimana infatti hanno pubblicato i conti del terzo trimestre 2022 moltissimi protagonisti: come le coreane Hyundai e il produttore di batterie per auto elettriche LG Energy Solution, le rivali americane GM/Ford (Stellantis NV riporta spedizioni e ricavi la settimana prossima, il 3 novembre) e rivali premium come Mercedes-Benz e Porsche, ma anche un generalista come Volkswagen.

HYUNDAI

Ad aprire la settimana era stata Hyundai: il gruppo auto asiatico si aspetta risultati record quest’anno, dopo aver registrato un utile più debole nel terzo trimestre a causa dei costi legati ai richiami, ma ha anche registrato le sue vendite più alte di sempre, 1.025.008 esemplari, in crescita del 14% rispetto all’anno precedente, trainate da veicoli sportivi, elettrici e anche dalla gamma premium Genesis.

Nel complesso le vendite di veicoli elettrici dei marchi coreani sono aumentate di oltre il 27% su base annua a circa 52.000 unità nel terzo trimestre, pari a una quota del 5,1% del totale delle vendite. L’aumento deriva principalmente dalle forti vendite della Ioniq 5, della nuova Ioniq 6 e della Genesis GV60.

Ma Hyundai Motor Group ha mancato quanto a utile operativo le aspettative del mercato perché la società ha dovuto stanziare quasi $1 miliardo una tantum relativo a un richiamo dei motori Kia Theta difettosi.

Le vendite nel periodo luglio-settembre hanno raggiunto il livello record trimestrale di 37,7 trilioni di won su base consolidata, in crescita del 31% rispetto ai 28,9 trilioni di won dello stesso periodo 2021. L’utile operativo consolidato è sceso del 3,4% su base annua a 1,55 trilioni di won da 1,6 trilioni di won, mentre l’utile netto ha perso il 5,1% a 1,41 trilioni di won da 1,48 trilioni di won.

Citando le crescenti incertezze esterne, Hyundai Motor ha tagliato il suo obiettivo di vendita globale per quest’anno a 4,01 milioni di unità dai 4,32 milioni previsti all’inizio di quest’anno. Ha anche abbassato le spese in conto capitale previste per il 2022 a 8,9 trilioni di won dai 9,2 trilioni annunciati in precedenza.

Tuttavia, la società ha aumentato la sua previsione di fatturato e margine di profitto per l’intero anno, scommettendo su forti vendite di modelli Genesis di lusso e veicoli utilitari sportivi, nonché su un ulteriore calo della valuta locale.

Il considerevole calo della valuta coreana rispetto al dollaro negli ultimi mesi aiuterà i profitti di Hyundai, aumentando il valore degli utili guadagnati all’estero. Hyundai Motor prevede ora un aumento dei ricavi nel 2022 del 19-20%, rispetto al guadagno del 13-14% precedentemente previsto. Stima inoltre che il suo margine di profitto operativo sarà del 6,5-7,5% quest’anno, in aumento rispetto alle sue precedenti aspettative nell’intervallo 5,5-6,5%.

LG ENERGY SOLUTION

Il fornitore Tesla (e non solo) ha aumentato la previsione dei ricavi del 14% il secondo cambiamento al rialzo dell’anno, dopo che gli utili trimestrali hanno battuto le previsioni grazie alla forte domanda da parte delle case automobilistiche e alla valuta locale debole.

L’azienda sudcoreana ha affermato che il suo portafoglio ordini di batterie è salito a $260 miliardi a fine settembre, ovvero quasi 15 volte le entrate previste per il 2022. Ha affermato che il 70% del suo portafoglio ordini proveniva dal Nord America, con la domanda Tesla in Cina che dovrebbe rimanere solida nel trimestre in corso. LGES, partner GM, Ford, Renault e Volkswagen ha aumentato le sue prospettive di fatturato per il 2022 a 25 trilioni di won da 22 trilioni, citando nuovi progetti delle case automobilistiche.

La redditività è migliorata anche a causa dell’aumento dei prezzi dei prodotti per riflettere i costi delle materie prime più elevati e tassi di cambio favorevoli. La società è passata a un utile operativo di 522 miliardi di won nel periodo da luglio a settembre, un record da quando è stata quotata in borsa a gennaio. Il risultato ha battuto le aspettative degli analisti di borsa e si confronta con una perdita di 373 miliardi di un anno prima. Le entrate sono aumentate del 90% a 7,6 trilioni di won.

LG Ensol si è impegnata per la localizzazione della catena di approvvigionamento coi partner strategici specie in Nordamerica e per ridurre la esposizione in Cina, tanto che i vertici al contrario di quelli Hyundai definiscono ora la legge IRA sui sussidi che spinge per il contenuto locale “molto buona”.

I coreani stanno rapidamente migliorando l’approvvigionamento di minerali critici attraverso accordi di fornitura a lungo termine con miniere in paesi non penalizzati da Washington come l’Australia e il Canada, oltre ad aumentare le partecipazioni nei produttori di metalli.

Lo stesso giorno di LG EnSol aveva pubblicato i conti il rivale diretto (ma più piccolo per taglia) Samsung SDI che ha registrato un utile operativo consolidato per il terzo trimestre di 565,9 miliardi di won, con un aumento del 51,5% su base annua. È stata la prima volta che l’utile operativo trimestrale ha superato i 500 miliardi di won.

Nello stesso periodo i ricavi sono aumentati del 56,1% a 5.368 trilioni di won e le vendite trimestrali hanno superato per la prima volta i 5 trilioni di won. L’utile netto è aumentato del 51,8% a 636,3 miliardi di won e il margine della divisione batterie è salito al 10%.

GENERAL MOTORS

Dall’altro lato dell’Oceano Pacifico General Motors quasi nelle stesse ore rivelava che sulla scia di vendite redditizie di truck e SUV ha realizzato ricavi record tra luglio a settembre di $42 miliardi e un utile di $3,3 miliardi, rispetto a un terzo trimestre del 2021 in cui aveva realizzato $2,4 miliardi su un fatturato di $27 miliardi. Il margine della casa di Detroit è sceso leggermente rispetto allo scorso anno al 7,9% dal 9% a causa dei maggiori costi delle materie prime.

GM prevede di chiudere l’anno con un utile netto compreso tra $9,6 miliardi e $11,2 miliardi e utili ante imposte rettificati compresi tra $ 13 miliardi e $ 15 miliardi per l’anno. GM ha realizzato $10 miliardi di reddito netto nel 2021.

I suoi dirigenti rimangono ottimisti sulla domanda e sui prezzi mentre GM continua a lavorare più velocemente per fornire nuove scorte ai concessionari, che sono stati alla disperata ricerca di veicoli in mezzo a una carenza globale di semiconduttori che ha ridotto la produzione.

Le borse hanno interpretato i conti come una redditività molto migliore di quanto previsto, che precede la svolta 2023 con il sostanziale ampliamento della gamma di elettriche. All’azienda non paiono mancare le spalle larghe dal punto di vista della cassa per prepararne i lanci.

E tuttavia come effetto dei problemi delle filiere della fornitura e in particolare della produzione di celle e batterie bisognerà aspettare il 2024 perché il gruppo possa arrivare ai prestabiliti 400.000 veicoli elettrici consegnati in Nord America, anziché fine 2023 come inizialmente preventivato.

FORD

In un’altra parte del Michigan, a Dearborn, questa settimana Ford Motor Co. ha annunciato una perdita di $827 milioni nel terzo trimestre, principalmente dovuta alla chiusura della società di sviluppo di sistemi di guida autonoma Argo AI nella quale insieme a Volkswagen era stato il principale investitore. La decisione di liquidare Argo AI ha fatto registrare una svalutazione di $2,7 miliardi.

La casa automobilistica inizialmente si aspettava di portare sul mercato la tecnologia di Livello 4 SAE entro il 2021, ma i veicoli redditizi e completamente autonomi su larga scala sono molto lontani e Ford ha quindi preferito usare parte dell’organico di Aergo AI per perfezionare i sistemi di sicurezza ADAS a breve termine piuttosto che inseguire l’ipotetico mercato dei robotaxi.

Lo scioglimento di Argo in un periodo di economia che flirta con la recessione e di transizione del settore auto verso tecnologie più sostenibili, al momento di scegliere tra denaro investito nell’intelligenza artificiale o nelle batterie ha visto la seconda tecnologia preferita come più pronta a diventare commerciale.

Ford ha registrato la perdita su ricavi di $39 miliardi, rispetto ai $35,7 miliardi dello stesso trimestre del 2021. La società ha registrato utili rettificati prima di interessi e imposte di $1,8 miliardi nel terzo trimestre, in aumento rispetto alla guidance tra $1,5 miliardi a $1,7 miliardi che la società ha fornito il mese scorso, ma in calo rispetto a $ 3miliardi nello stesso periodo dell’anno scorso.

I risultati nel trimestre sono stati influenzati da due fattori su cui Ford aveva manifestato timori in precedenza: i colli di bottiglia della fornitura l’hanno costretta a parcheggiare circa 40.000 veicoli in attesa di componenti (che il gruppo prevede di consegnare nell’ultimo trimestre del 2022) e circa $1 miliardo in pagamenti dei fornitori superiori alle attese.

La decisione Ford di non investire più in Argo AI lascia supporre che la situazione sia meno favorevole rispetto a quella della rivale più diretta General Motors dal punto di vista dello spazio di manovra finanziario, sebbene il gruppo abbia registrato profitti in tutti i mercati internazionali ad eccezione della travagliata (per i gruppi occidentali tranne Tesla) Cina, dove ha registrato una perdita di $193 milioni.

In passato molti critici della svolta verso l’elettrico si aspettavano che al primo segnale di recessione o di bilanci non brillanti la prima reazione degli amministratori delegati delle case auto sarebbe stata di buttare a mare i progetti sulla gamma elettrica e di rimettersi all’opera su quella convenzionale.

Che questo non sia più il caso, almeno stando a quanto si impara dalla storia aziendale attuale Ford, è invece che si sacrificano altri programmi, ma non l’elettrico. Anzi, proprio questa settimana Automotive News Europe ha riportato che la casa terminerà la propria produzione della piccola Fiesta prima del previsto per fare spazio nelle linee ai modelli elettrici.

Con le vendite della citycar lanciata nel 1976 in costante discesa, la sua produzione a Colonia terminerà il prossimo giugno e la storica fabbrica sarà convertita a modelli sulla piattaforma MEB condivisa con Volkswagen anticipando i tempi del primo modello destinato ad essere commercializzato coi primi esemplari che usciranno dall’impianto renano a fine estate 2023, rispetto ai tempi previsti del 2024. La produzione prevista per Colonia arriverà a 200.000 veicoli elettrici l’anno.

MERCEDES-BENZ

Spostandosi in Europa, i risultati comunicati mercoledì da Mercedes-Benz per la forte domanda e l’aumento dei prezzi l’hanno aiutata a far crescere i profitti: tra luglio e settembre il gruppo di Stoccarda ha guadagnato €5,2 miliardi al lordo di interessi e imposte, che corrispondono all’83% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno passato, all’apice dei problemi con la catena della fornitura.

L’utile ha superato le aspettative degli analisti finanziari: quello netto è raddoppiato a €4 miliardi, su ricavi saliti di un quinto a €37,7 miliardi. “In combinazione con la disciplina dei costi in corso, stiamo rendendo l’azienda più resiliente e quindi impostando il ritmo per i prossimi mesi”, ha affermato il CFO Harald Wilhelm.

Le vendite sono aumentate del 19% a €37,7 miliardi grazie a consegne estive di circa 530.000 veicoli e in particolare il mercato cinese non pregiudicato più di tanto dai periodici lockdown. 14,5% è stato il generoso margine rettificato sulle vendite della divisione dei veicoli passeggeri, al livello elevato del primo semestre, mentre l’utile operativo è raddoppiato. Un anno fa era solo l’8,2% e per fine anno il margine definitivo del 2022 potrebbe essere uno mai raggiunto prima.

La stella a tre punte continua a beneficiare dei prezzi più alti sugli ordini dei modelli di punta luxury altamente redditizi come la Classe S che fanno circa il 15% dei volumi, e ai quali non viene fatto mancare alcun componente, sulla scia della rotta del CEO Ola Källenius che spinge il marchio a non concentrarsi sulla quantità.

In quantità cresce, invece, la gamma passeggeri Mercedes-Benz relativamente ai modelli al 100% elettrici, le cui vendite sono state più che raddoppiate; ormai, col recente lancio sui mercati globali delle EQE SUV costruite in America e in Cina, sono saliti a otto i modelli con la stella a tre punte sul cofano che la clientela può acquistare nei cinque continenti.

VOLKSWAGEN

Volkswagen venerdì ha pubblicato una trimestrale con un profitto operativo di €4,3 miliardi mentre i mercati se ne aspettavano $4,5. La casa di Wolfsburg ha indicato nei problemi della catena di approvvigionamento la causa dei guadagni stagnanti nel terzo trimestre, ma la casa automobilistica prevede ancora una crescita nel mercato automobilistico il prossimo anno, poiché è probabile che alcuni dei colli di bottiglia trovino rimedio.

La mancanza di chip e altri componenti essenziali ha fatto sì che la casa automobilistica si sia ritrovata 150.000 veicoli non finiti e che “sta facendo scorta di forniture per proteggersi da ulteriori carenze in inverno“, ha affermato il responsabile della finanza Arno Antlitz rivolgendosi agli investitori.

A soffrire meno di ogni altro settore, ora che Porsche presenta conti a parte, è stato il business dell’auto elettrica. È salito a una quota del 6,8% delle consegne totali del gruppo nel trimestre e finora sono stati consegnati 366.400 esemplari, rispetto ai 293.000 immatricolati nello stesso periodo del 2021.

La Cina, dove Volkswagen e le altre case occidentali soffrono la concorrenza dei nuovi marchi nazionali è ora meno un problema nel settore elettrico, con 112.700 di quei BEV venduti proprio sul primo mercato con una crescita del 139% nel 2022 rispetto allo stesso periodo del 2021, ma se i modelli ID adesso corrono nelle classifiche di vendite, altri concorrenti, da Tesla a BYD, là stanno volando.

Così gli utili del 6% visti spalmati su tutto il gruppo, diventano un margine del 19,4% nei marchi sportivi e del lusso, più in grado di trasferire i costi in crescita aumentando i prezzi rispetto ai marchi generalisti i cui acquirenti soffrono molto ogni fiammata di inflazione.

Perciò proprio per gli effetti sulle consegne dei modelli dai grandi volumi e utili ridotti la casa automobilistica ha abbassato le sue aspettative per le consegne 2022 ad un pareggio con il 2021, in calo rispetto a un aumento del 5%-10% previsto in precedenza, ma ha mantenuto le sue prospettive di guadagno di raggiungere il bordo superiore di un margine del 7%-8,5% grazie a tagli nei costi.

Mentre Volkswagen non riusciva a nascondere delle difficoltà contingenti, il capo del marchio Thomas Schäfer rivelava di voler anticipare in Europa il passaggio alla gamma tutta elettrica,: invece che avere luogo tra 2033 e 2035 come originariamente previsto potrebbe avvenire entro il 2033 al più tardi, sebbene con altre scadenze in Asia o Sudamerica.

PORSCHE

Nella prima trimestrale dall’IPO a Francoforte, Porsche ha svelato un utile di $1,5 miliardi, lievemente meglio di quanto si aspettassero a Wall Street o nella City. La casa di Stoccarda ha registrato un balzo del 40,6% dell’utile operativo a oltre €5 miliardi nei primi nove mesi del 2022 in piccola parte per effetti sul tasso di cambio che hanno contribuito ad aumentare la redditività per auto e soprattutto grazie alla capacità di aumentare i prezzi senza risentire troppe conseguenze che è uno scudo agli intoppi della catena di approvvigionamento.

Una sorta di vaccino senza effetti collaterali contro la “pandemia” della recessione, che le ha consentito di ottenere un margine di profitto del 17,8% nel terzo trimestre, rispetto al 15,5% dello scorso anno.

Il direttore finanziario Lutz Meschke ha previsto un 2023 forte e ha affermato di non essere stato turbato dalle incertezze macro-economiche. Da notare che le consegne sono aumentate solo del 2% a poco più di 221.500 veicoli quest’anno.

Dopo la quotazione in borsa Porsche ha superato la sua ex-casa madre come casa automobilistica più valutata d’Europa (circa il 75% del capitale sociale totale di Porsche AG è ancora di proprietà di Volkswagen AG) e Oliver Blume, amministratore delegato di entrambe le società, ha detto che la quotazione ha accresciuto la libertà Porsche come azienda fornendo al contempo a Wolfsburg i fondi tanto necessari per la sua spinta all’elettrificazione.

Qualche perplessità sulle quotazioni peraltro resta: come ha fatto notare la testata finanziaria Barron’s, se si tolgono le azioni Porsche che ha “in pancia” allora Volkswagen vale €1 miliardo, rispetto ai circa €91 Porsche. Curiosa stima per un gruppo come quello della Bassa Sassonia che quest’anno dovrebbe avere un utile compreso tra €13 e €14 miliardi.

Volkswagen non ha proprio i tratti di una azienda quotata 0,07 volte l’utile operativo: il titolo Porsche è scambiato a 15 volte l’utile e se si passa al lusso vero di Ferrari, che è stata accostata spesso alle società francesi di Pinault e Arnault per questa sua caratteristica, si sale a circa 30 volte l’utile atteso per il 2022. Insomma, qualche volta le analisi e stime dei mercati sono difficili da capire.

Ma anche in questo caso una certezza è che tutte queste aziende che hanno presentato i loro conti in questa settimana così affollata di trimestrali non sono state strapazzate dagli investitori per avere, tutte, pesantemente scommesso sull’auto elettrica.

E questo non è un periodo in cui a Wall Street siano improvvisamente diventati gente dal cuore tenero: Big Tech, ovvero Alphabet, Amazon, Apple, Meta e Microsoft negli stessi giorni sono scesi di €700 miliardi di capitalizzazione in 72 ore, quasi negli stessi giorni in cui le case auto e delle batterie svelavano i conti.

Credito foto di apertura: ufficio stampa RWE