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Ford ha staccato la spina alla Kuga, ma non cede sulla CO2

La scia dei problemi alla batteria del SUV compatto che già incontrava i gusti del pubblico ridisegna i piani Ford sulle emissioni, ora avviata a un Open Pool con Renault o Volvo

Ai piani alti della dirigenza Ford avevano fatto i conti giusti puntando sul successo popolare dei modelli ibridi plug-in sul mercato europeo 2020. Sul mercato più grande, quello tedesco, la motorizzazione KBA solo a settembre ha registrato oltre 20.000 immatricolazioni, una crescita del 463% rispetto allo stesso periodo del 2019.

Il successo spinto da incentivi e sussidi quasi dilaganti nel Vecchio Continente lasciava ben sperare i vertici dell’Ovale Blu che, in attesa di modelli al 100% elettrici di successo, la nuova e più stringente normativa europea sulle emissioni sarebbe stata rispetta senza patemi d’animo grazie ai modelli ibridi ricaricabili. Modelli in grado di accontentare in parte il regolatore grazie alle percorrenze solo elettrica all’occorrenza e a valori bassi di emissioni, ma anche la clientela ancora timorosa di limitata autonomia con le elettriche pure.

Quello che Ford non si aspettava era un richiamo, un richiamo che per giunta ha coinvolto da quest’estate il suo modello ibrido ricaricabile di maggior successo: Kuga. Circa 33.000 sono i clienti coinvolti.

In Germania il capo delle vendite Ford Hans Jörg Klein ha inviato a ciascuno un videomessaggio nel quale ha chiesto loro di non ricaricare esternamente via presa le batterie ma solo con la frenata rigenerativa, e di evitare la modalità di guida esclusivamente elettrica per poter continuare ad usarla in tranquillità fino all’intervento del costruttore.

Il pacco batterie della Kuga a rischio di surriscaldamento e corto circuito, il che può sfociare in un incendio, è stato costruito in Ungheria, ha indicato il costruttore senza indicare il fornitore. I due maggiori produttori di celle per batterie ad uso automotive in Ungheria sono entrambi coreani: Samsung SDI e SK Innovation.

Di recente in particolare quest’ultima era stata iperattiva nello sviluppare il portafoglio clienti, con importanti contratti in particolare proprio con le due alleate Ford e Volkswagen.

I piani di sviluppo di SK Innovation in Ungheria prevedono di portare quanto prima la capacità produttiva a 7,5GWh. L’eventuale conferma di un ruolo del gruppo coreano sarebbe un altro punto spinoso in una fase in cui è già invischiata in una annosa causa con la rivale LG Chem, riguardo a questioni di proprietà intellettuale.

In America Ford e Volkswagen hanno espresso già preoccupazione che il risultato del verdetto vada a complicare la catena della fornitura, sulla quale entrambe contano per i futuri modelli elettrici.

Di certo dopo il caso-Kuga Ford ha dovuto rivedere i piani anche in America (e anche questo farebbe pensare all’origine SK Innovation della fornitura) rinviando il momento in cui Escape in versione ibride ricaricabili avrebbero dovuto uscire dalla fabbrica del Kentucky a Louisville.

Lo sviluppo inatteso ma non troppo della crisi creata dalle Kuga ibride è che questa ha scombussolato tutte le previsioni sulle emissioni in Europa.

Secondo i calcoli degli esperti della casa di Dearborn, Ford sarebbe riuscita a evitare di pagare sanzioni in Europa raggiungendo l’obiettivo medio di flotta di 98 grammi al chilometro anche e soprattutto grazie al successo della quota di vendite Kuga che avrebbe abbassato la media generale dei modelli convenzionali.

Fino a giugno, secondo i calcoli della ONG ambientalista T&E la Kuga era la quinta auto ibrida plug-in più venduta in Europa dopo Mitsubishi Outlander, Volkswagen Passat GTE, la Serie 3 BMW e Volvo V60.

Alla fine di agosto, appena prima del manifestarsi del problema, la Kuga in molti mercati era a una quota ibrida del 50%. Ora le versioni in questione sono accantonate per il momento fuori dalla fabbrica di Valencia in attesa di una soluzione.

Una parziale soluzione al problema per Ford sul versante delle emissioni sarà quella di imitare FCA e ricorrere ad un Open Emission Pool di flotta. Ovvero combinare per il conteggio che si sottopone al regolatore di Bruxelles ed evitare multe due flotte che non sono appartenenti alla stessa proprietà: nel caso FCA e Tesla.

Un portavoce Ford ad Automotive News ha commentato che nei prossimi giorni saranno annunciate decisioni in proposito. Ma le possibilità ormai sono abbastanza limitate, e due sono i gruppi con buone prospettive sul rispetto delle emissioni 2020 (anche secondo il recente report di T&E) per i quali è ancora possibile il matrimonio di convenienza: Renault e Volvo, con la casa svedese ora nell’orbita Geely tra l’altro ex-divisione proprio del gruppo americano.

Credito foto di apertura: ufficio stampa Ford of Europe