Le auto elettriche di GM saranno le prossime a perdere i sussidi federali di $7.500
Niente panico in General Motors: il lato positivo è che sarà stata superata quota 200.000 grazie alle Bolt, Volt, Spark e Cadillac CT6 consegnate alla clientela
Tesla è stato il primo gruppo auto a superare in America quella soglia di 200.000 veicoli elettrici venduti che fa scattare il tetto oltre il quale i sussidi federali di $7.500 introdotti nel 2009 non saranno più disponibili. General Motors, secondo le cifre più attendibili oggi disponibili, sarà il prossimo.
Secondo la testata specializzata Edmunds, il gruppo di Detroit finora avrebbe venduto 186.670 Chevrolet Bolt e Spark EV, oltre alle ibride plug-in Chevrolet Volt (nella foto di apertura) e Cadillac CT6.
General Motors si aspetta di superare il tetto delle 200.000 auto elettrificate vendute entro fine 2018, mentre Edmunds ipotizza che il tetto possa essere raggiunto a inizio 2019.
Gli esperti di Edmunds, va precisato, fino a non molto tempo fa erano straordinariamente attenti al momento in cui quota 200.000 sarebbe stata raggiunta.
Forse perché potete ancora trovare un loro paper dal titolo apocalittico: “Elimination of federal tax credits likely to kill U.S. EV market”, che lasciava ritenere che, superata quella quota, si spalancasse un baratro.
I primi segnali di una simile tempesta in arrivo dovrebbero in questo caso già riverberarsi sulle vendite di Tesla: le cose non sembrano però andare in quella direzione, perlomeno in queste prime settimane.
Va anche considerato che quello che succede, di fatto, è che i crediti fiscali non spariscono a mo’ di una bolla di sapone: si dimezzano ogni sei mesi a partire dal massimo previsto dai sussidi federali di $7.500 fino a quando raggiungono lo zero.
Che ci siano voluti nove anni per arrivare ad un livello di vendite di veicoli elettrificati sufficiente a far scattare il taglio ai sussidi è invece una conferma di come, malgrado le auto elettriche siano disponibili da molto tempo, solo le risposte che i modelli più recenti sono stati in grado di fornire a questioni come autonomia e costi e il parallelo miglioramento dell’infrastruttura hanno permesso loro di inziare a fare breccia nel gradimento del pubblico americano.
Edmunds stessa in effetti ora si attende, al contrario di quanto riteneva in passato, che la quota di vendite americane di modelli elettrificati sul totale possa arrivare a quel 2% che in anni poco lontani poteva apparire un miraggio.
I progetti di chi ha da tempo preso la decisione di investire nella mobilità elettrica come General Motors, con la promessa di 20 nuovi modelli in uscita entro il 2023 e vendite globali di un milione di veicoli elettrificati entro il 2026 (e senza perderci soldi) fanno ritenere che gli incentivi federali americani, per quanto utili in quest’ultimo anno, anno e mezzo non siano stati un fattore considerato nello stendere l’ambiziosa road map che arriva a metà anni ’20.
Questo non vuol dire che la numero uno di General Motors a marzo non abbia perso l’occasione di esprimersi, come altri player dell’auto elettrica, a favore di un rinnovo degli incentivi, soprattutto perché proponendo modelli di fascia media punta a clientela che più attenta alle spese rispetto, ad esempio, a Tesla.
Ma, come ha dichiarato un portavoce del gruppo auto del Michigan al quotidiano Detroit News, se i sussidi federali sono stati uno strumento formidabile per attirare clienti, ormai non sono più il maggior fattore dell’adesione della clientela al percorso verso l’auto a zero emissioni.
E visto l’assetto globale che General Motors ha mantenuto anche dopo essere uscita dai mercati meno redditizi, ci sarebbe già un discreto elenco di importatori entusiasti di poter mettere in vendita (ad esempio in Corea del Sud e Norvegia) le Bolt EV che escono dall’Orion Plant, anche se gli americani dovessero mostrare improvvisa disaffezione.