BATTERIE

Cittadini che aprono le porte (Straßkirchen alle batterie BMW), altri che le chiudono

Resterà in Baviera la produzione di celle necessaria ad alimentare le fabbriche di auto elettriche a Dingolfing, Ratisbona e Monaco; invece nella vicina Ungheria la cittadinanza teme sempre più le Gigafactory di batterie

I residenti di un piccolo borgo della Bassa Baviera sono diventati lo scorso fine settimana protagonisti di un passo importante nella transizione alla manifattura sostenibile europea. Infatti i residenti hanno deciso con una maggioranza di tre quarti di approvare la costruzione di un impianto di batterie del gruppo BMW.

La domanda posta ai cittadini di Straßkirchen in un referendum a forte partecipazione era chiara: il gruppo auto bavarese deve essere autorizzato a costruire un grande impianto di batterie sui campi della piccola comunità oppure no? Una netta maggioranza ha votato per sostenere la creazione della fabbrica.

Lo ha confermato il comune ieri: la fabbrica prevede di costruire 600.000 batterie per veicoli elettrici all’anno. BMW vuole rifornire i suoi stabilimenti di Dingolfing, Ratisbona e Monaco di Baviera con le batterie che saranno costruite a Straßkirchen approfittando per la catena logistica delle vicine autostrade A3 e A92.

Secondo i risultati preliminari, riportati dal quotidiano Süddeutsche Zeitung, il 75,3% dei cittadini ha votato a favore della richiesta del Consiglio comunale a favore dell’accordo con BMW. La petizione messa assieme dai residenti contrari e diretta contro la nuova Gigafactory ha ricevuto il 29,6% dei voti a favore.

Straßkirchen prenderà quindi posto nella filiera globale dell’auto elettrica del gruppo tedesco accanto agli altri siti già prescelti Debrecen (Ungheria), Woodruff vicino a Spartanburg (U.S.A.), San Luis Potosí (Messico) e Shenyang (Cina).

Il gruppo bavarese ha commentato entusiasticamente. “Qui in Baviera, possiamo sfruttare le opportunità offerte dalla trasformazione verso la mobilità elettrica”, ha dichiarato Milan Nedeljković, membro del Consiglio di Amministrazione di BMW per la produzione.

Il primo ministro bavarese Markus Söder ha definito il risultato su X (l’ex-Twitter) “un buon segnale per la regione e la Baviera come sede industriale”. Il ministro federale dell’Economia Hubert Aiwanger ha dichiarato: “La Baviera rimane quindi uno stato amico delle auto”.

Il fatto che si fosse arrivati a un referendum era stato imposto da una associazione locale contraria all’opera e scontento del fatto che i Consigli Comunali di Straßkirchen e Irlbach, i due piccoli paesi sul cui territorio sarà costruito l’impianto di batterie, avessero approvato all’unanimità l’insediamento previsto. Dopo il sorgere dell’opposizione un’altra iniziativa cittadina ha raccolto sostegno per l’impianto e, come era da attendersi, BMW ha fatto una campagna per l’insediamento.

Gli oppositori dell’impianto hanno criticato, tra le altre cose, che circa 100 ettari della migliore terra arabile (acquisiti da BMW lo scorso febbraio) sarebbero stati resi inaccessibili all’uso agricolo per la costruzione. Inoltre, la fabbrica porterà con sé molto traffico aggiuntivo. E i posti di lavoro risultanti non hanno convinto nemmeno gli oppositori: “Ogni lavoro ‘di alta qualità’ in BMW significa una mancanza di manodopera in altre aziende”, dice sulla loro homepage.

Nella nota ufficiale l’azienda ribadisce che circa 1.600 persone lavoreranno al sito delle batterie, come dire circa metà della popolazione totale del comune in cui sarà insediato. Circa il 70% peraltro proverrà da altre fabbriche bavaresi in cui oggi BMW già opera.

Cosa non sorprendente, visto che il gruppo afferma che circa 7.500 dei 36.000 dipendenti delle fabbriche bavaresi lavorano entro un raggio di 20 chilometri dalla nuova sede prescelta. In collaborazione con la fabbrica di Dingolfing, il gruppo BMW offrirà circa 50 nuovi contratti di apprendistato nel polo delle batterie di Straßkirchen.

La cittadina ha oggi circa 3.000 abitanti e il suo borgomastro, Christian Hirtreiter, si era chiaramente schierato a favore dell’impianto perché sottolineava che BMW significa lavoro e prosperità non solo per le comunità, ma per l’intera regione. Anche le aziende locali ne stanno beneficiando, ha detto di recente, in una fase in cui centinaia di posti di lavoro sono stati recentemente persi in altre aziende della regione.

Ilka Horstmeier, membro del consiglio di amministrazione di BMW, ha recentemente sottolineato l’effetto del referendum al di là dello stabilimento: “Molte aziende esamineranno da vicino se le persone vogliono ancora investire in tecnologie sostenibili e in posti di lavoro a prova di futuro in Baviera”, ha affermato. In caso di no da parte della cittadinanza BMW aveva annunciato che avrebbe trasferito la sede di questa Gigafactory in una località al di fuori della Baviera.

La risposta favorevole in Baviera dà da pensare nel momento in cui gli investimenti sulle batterie sono una preda ambita per qualsiasi governo nazionale e locale, ma con effetti apparentemente diversi da quelli di Straßkirchen almeno per quello più colossale previsto oggi in Europa: quelli da circa €20 miliardi che i cinesi hanno deciso in Ungheria, in particolare a Debrecen, con pieno appoggio del primo ministro Viktor Orban.

Nella citta mitteleuropea sta nascendo una fabbrica da $7,8 miliardi ad opera di CATL e col supporto di Mercedes-Benz ai cinesi, mentre a poca distanza un’altra sorge per costruire le celle destinate a BMW ad opera dell’altro produttore cinese EVE Energy.

Malgrado Orban controlli con pugno di ferro le istituzioni nonché il settore giudiziario ed i media, le preoccupazioni locali crescono, in parte per le stesse ragioni per cui era preoccupata una minoranza di bavaresi, e in parte per la molto minore trasparenza con cui chi abita a Debrecen e dintorni viene a sapere del futuro economico locale con scarsa trasparenza.

Così anche in aree fortemente favorevoli al partito di governo Fidesz le consultazioni popolari si sono trasformate in un boomerang per i politici che debbono sostenere le scelte di Orban, e il governo ha in fretta cambiato a suo piacere le norme per rendere superflua la consultazione popolare di persona su questo tema. E anche sindaci di Fidesz, come Zoltan Timar, si rivolgono ormai alla stampa internazionale esponendo i timori degli elettori.

Specialmente ai produttori asiatici e cinesi in particolare, il genere di consultazioni e referendum che in Germania ha riguardato BMW e che è diventata una spina nel fianco di Elon Musk ogni volta che intende toccare qualcosa nella sua Gigafactory in Brandeburgo in cui si produce già Tesla Model Y, è visto come fumo negli occhi.

Quindi, sembrano valutare alcuni board, molto meglio l’Ungheria e il decisionismo di Orban che all’interesse o ai timori dei suoi elettori di Debrecen antepone i dati sul PIL, e punta anche a superare la Germania per diventare il terzo produttore globale di celle per veicoli elettrici per capacità, come ci ricorda il grafico.

(credito grafico: Bloomberg; fonte dati: Bloomberg New Energy Finance)

Quell’obiettivo non ammette ostacoli: a Göd la fabbrica di celle creata dalla coreana Samsung SDI è accusata di aver creato problemi all’acqua locale a causa di dispersioni del solvente NMP, comunemente usato nella produzione di catodi delle batterie ternarie, e la cui tossicità è ben nota, tanto che molti centri esperienze di case produttrici e di laboratori universitari sono da anni al lavoro su impianti di rivestimenti “a secco” in grado di eliminare la sostanza dal ciclo produttivo.

Nel frattempo quando a Göd le preoccupazioni sulla presenza della fabbrica avevano portato al successo elettorale l’opposizione, il governo ha deciso di non redistribuire lì i proventi delle tasse sulle imprese ma ad altri comuni vicini meno preoccupati della fabbrica di batterie e meno battaglieri nel chiedere chiarezza sull’operato dei produttori. Ora al governo è tornato il partito di Orban, che attraverso i suoi rappresentanti continua a cercare altri investitori del settore e dell’auto, a colpi di sgravi fiscali e sussidi.

Credito foto di apertura: ufficio stampa BMW Group