BATTERIE

Con l’«IRA» le batterie coreane fanno guadagnare le case auto americane

Cosa si evince dall’elenco dei 20 modelli ammessi da Washington a beneficiare dei sussidi con la nuova legge IRA? Il decollo della manifattura “americana a 360°” è appena agli inizi…

Dopo lunghe attese, il 30 marzo scorso il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha definito i primi requisiti (primi perché cambieranno nel corso del tempo) che i veicoli elettrici dovranno soddisfare per ottenere i crediti d’imposta federali. Nella legge IRA c’è una sezione (la 30D) che determina quanto i consumatori statunitensi possono ricevere acquistando un veicolo full electric o ibrido plug-in.

In particolare la legge, approvata ad agosto 2022, afferma che i veicoli possono beneficiare dell’intero incentivo se almeno la metà dei componenti della batteria a sono realizzati in Nord America e il 40% del valore delle materie prime racchiuse nel pacco è estratto o lavorato a livello nazionale o in paesi con cui gli Stati Uniti hanno accordi di libero scambio.

L’idea era che il numero di veicoli elettrici idonei ai sussidi diminuisse a breve termine, aumentando però a lungo termine man mano la produzione nazionale si espanderà. Così da alcuni giorni gli automobilisti americani possono acquistare auto o SUV o pickup elettrici sapendo con certezza su quali sussidi contare.

Uno degli aspetti nodali della legge protezionistica IRA approvata dall’amministrazione Biden è che mira a creare una base produttiva americana sostanziale per tutta la filiera della mobilità elettrica, dal modello auto vero e proprio ai minerali che ci sono nelle batterie.

Peraltro proprio le batterie sono notoriamente il fattore che fa la parte del leone nel costo di un veicolo elettrico e anche lo strato della manifattura dell’auto elettrica dove si può creare valore aggiunto. Così, guardando più attentamente a quello che succede con la pubblicazione del primo elenco di modelli ammessi ai sussidi interi ($7.500) o parziali (la metà), si scopre che in questa prima fase più che a creare valore aggiunto al 100% americano la legge IRA sta servendo a ridurre il margine di manovra dell’industria delle batterie di paesi rivali (la Cina in particolare) e aiutando quelle degli alleati, come le case coreane.

Proprio le aziende coreane di batterie infatti si sono rivelate particolarmente ben posizionate per beneficiare dei requisiti rafforzati dei crediti per veicoli green della legge IRA, come era peraltro prevedibile, considerato che anche prima della svolta di Washington i tre produttori del paese asiatico avevano da tempo deciso di puntare molto sulla crescita dell’auto a zero emissioni negli Stati Uniti.

Gli undici modelli elettrici e ibridi ricaricabili ammessi ai nuovi crediti d’imposta federali (credito tabella: Bloomberg; fonte dati: Dipartimento del Tesoro)

Con la pubblicazione dell’elenco a cura dell’esecutivo americano, LG Energy Solution, SK On e Samsung SDI si rivelano autorizzati a fornire le loro celle (quasi tutte ternarie con chimica NMC con varie percentuali di minerale) a 17 dei 22 veicoli elettrici che sono già ammissibili ai sussidi secondo la prima “infornata” di approvazioni.

Dei 17 veicoli, LG Energy Solution, il secondo produttore mondiale di batterie alle spalle del colosso cinese CATL, ha i suoi prodotti installati su 11 modelli: come quelli Cadillac e Chevrolet di General Motors (con cui collabora nella partnership Ultium), il multispazio Chrysler Pacifica del gruppo Stellantis, la sportiva Mustang Mach-E e il furgone E-Transit del gruppo Ford, a cui appartiene anche la Lincoln Aviator.

A scorrere troppo velocemente il primo elenco sembrava che non un singolo modello elettrico di un marchio straniero avesse diritto a sovvenzioni, ma la cosa in realtà è smentita dalla presenza del SUV medio Volkswagen ID4, che il gruppo tedesco dallo scorso anno assembla nella sua fabbrica del Tennessee. È bene sottolineare che per una casa straniera costruire in America non basta.

Lo dimostra l’esclusione dai sussidi della Genesis GV70 del gruppo Hyundai: è sì assemblata in uno stabilimento in Alabama, ma utilizzando batterie di SK On prodotte in Cina, ed è stata quindi eliminata dalla lista dei modelli ammessi agli incentivi. Anche il SUV Volkswagen impiega celle SK On, ma arrivano dallo stato della Georgia e quindi questo lo qualifica per il credito d’imposta.

I nove modelli elettrici e ibridi ricaricabili per cui la clientela americana può ricevere i crediti d’imposta federali (credito tabella: Bloomberg; fonte dati: Dipartimento del Tesoro)

I 22 modelli ammessi ai benefici sono meno rispetto ai 39 modelli elettrici o ibridi plug-in precedenti a questo “setaccio” che seleziona il DNA dei veicoli. LG Energy Solution ha dichiarato che le batterie prodotte nei suoi stabilimenti statunitensi e polacchi hanno diritto a crediti d’imposta.

Quelle che arrivano dal Michigan o dall’Ohio soddisfano entrambi i requisiti, il che significa che gli acquirenti di auto che cercano di ottenere un’agevolazione fiscale su un nuovo veicolo con la presa dotato di celle LG possono ricevere un sussidio di $7.500, mentre le auto elettriche con batterie di origine polacca si qualificano per un credito d’imposta di $3.750.

SK On, affiliata del più grande gruppo petrolchimico coreano, oltre che alla già citata Volkswagen fornisce le sue celle a due modelli del pickup elettrico Ford F-150 Lightning, che ha diritto a un credito d’imposta di $7.500 in quanto le batterie provengono dallo stabilimento statunitense creato nella Sun Belt americana. BlueOval SK, la joint venture tra SK e Ford, spenderà complessivamente $11,4 miliardi per costruire un complesso di assemblaggio e batterie nel Tennessee e due fabbriche di batterie nel Kentucky.

Samsung SDI fornirà le sue batterie a quattro modelli: Jeep Grand Cherokee, Jeep Wrangler, Ford Escape e Lincoln Corsair. Le auto con batterie Samsung riceveranno un sussidio di $ 3.750 poiché tali celle della batteria sono prodotte nello stabilimento Samsung che sorge in Ungheria.

Le regole dell’IRA sottolineano l’importanza della capacità dei produttori di batterie di stabilire una catena di approvvigionamento locale all’interno del Nord America. Questo chiarisce perché i gruppi di Detroit e quelli attivi in America, da Hyundai a Volkswagen, continuino ad annunciare accordi per nuove fabbriche: l’ultimo esempio è di oggi e vede protagoniste General Motors e Samsung SDI per una ulteriore Gigafactory con capacità di 30 GWh dal 2026 e una sede da definire in seguito.

I produttori di batterie coreane consolidano quindi ulteriormente le loro posizioni negli Stati Uniti, più di quanto non facessero già prima della legge IRA. Si espandono soprattutto attraverso joint venture coi loro partner e col passare del tempo si nota come i gruppi auto e quelli delle batterie combinino alleanze trasversali senza puntare tutto su un solo fornitore.

Prima di quello odierno, il mese scorso, LG Energy aveva confermato che sta investendo $5,6 miliardi per costruire un complesso di batterie a Queen Creek, in Arizona, per soddisfare la crescente domanda di auto verdi.

In base alle ultime regole, alla giapponese Panasonic sono accreditate le batterie di quattro veicoli Tesla, tra cui Model 3 e Model Y.

La cinese CATL è stata a sua volta autorizzata a fornire batterie a base ferrosa prodotte in Cina per l’auto Model 3 versione standard della casa di Elon Musk, suscitando polemiche e critiche da parte di membri del Congresso degli Stati Uniti. Riguardo a CATL aveva suscitato reazioni anche l’impianto da $3,5 miliardi Ford, che nel Michigan produrrà celle LFP basate sulla licenza del gruppo cinese, reazioni che stanno tenendo molto impegnato l’amministratore delegato Jim Farley.

Secondo alcuni politici, come Malcom Smith, che presiede il comitato Ways and Means della Camera l’accordo tra la casa di Dearborn e CATL sembra sfruttare una scappatoia nelle regole IRA per quanto riguarda i componenti delle batterie fabbricati o assemblati da un’entità straniera non inclusa tra i paesi amici.

Gli ostacoli frapposti dalla legge IRA ai produttori cinesi di batterie a gioco lungo potrebbero spingere i manager a evitare lunghe contese con Washington, inducendo i gruppi dell’auto ad appoggiarsi ancora di più a case coreane, giapponesi. E, se costruiranno là, anche europee (ad esempio la svedese Northvolt), il tutto in attesa dello “sbocciare” della filiera nazionale.

Lo sforzo del presidente Joe Biden di rendere il 50% delle vendite di nuovi veicoli negli Stati Uniti entro il 2030 EV o PHEV pertanto appare destinato a “mettere il turbo” alle joint venture coi produttori di paesi alleati per colmare il distacco tecnologico sull’auto elettrica e quindi permettere alle case americane di ottenere quei ricavi ed utili necessari a supportare la complicata, ma sempre più rapida, transizione dell’auto di questo secolo.

Questo renderà possibile col passare del tempo il crescere del numero di modelli elettrici che il pubblico potrà comprare col sussidio più generoso, rispecchiando il fatto che sia aumentata la capacità delle case auto di produrre in America il loro “cuore tecnologico”, e quindi la componente maggiormente in grado di generare valore.

Credito foto di apertura: ufficio stampa SK On