MATERIE PRIME

Nasce la cooperazione tra stati del Sud America su litio e filiera delle batterie

Argentina, Bolivia, Brasile e Cile iniziano a parlarsi per non farsi una pericolosa guerra tra poveri e non perdere il treno della transizione ecologica che si fonda su materie prime di cui i loro sottosuoli sono molto ricchi

La manifattura di veicoli elettrici e la loro filiera, a iniziare dalle batterie e dai metalli ad esse indispensabili, attraggono una dose crescente di attenzione dai governi di paesi che oggi non sono esattamente sinonimo di automotive.

Sulla scia di impegni e piani già presi da alcuni paesi del Sud del mondo come l’Indonesia, che attorno alla posizione dominante in una materia prima come il nichel sta costruendoci intorno più strati industriali, ora tocca all’America Latina.

Nei giorni scorsi i rappresentanti dei paesi sudamericani che rappresentano oltre la metà delle riserve mondiali di litio, ovvero Argentina, Bolivia e Cile, più il Brasile si sono incontrati per preparare una strategia comune in grado di accompagnarli a produrre tutto quanto ruoti attorno alla manifattura sostenibile: dai metalli per le batterie ai veicoli elettrici.

Il 5 marzo scorso il vice ministro dei Minerali argentino Fernanda Avila ha confermato che Argentina, Cile, Bolivia e Brasile avvieranno una cooperazione per trasformare il litio estratto in Sud America in materie prime per le celle e iniziare a produrre batterie e veicoli elettrici invece di, come avvenuto finora all’insegna della scuola della globalizzazione, esportare il metallo (nella maggior parte dei casi in Cina) là dove vien raffinato e trasformato in componente delle celle.

La cooperazione all’insegna dell’area latino americana appare come una ennesimo impulso alla regionalizzazione delle catene della fornitura, sempre più all’insegna delle grandi macro-aree e sempre meno all’insegna della globalizzazione, sulla scia delle lezioni così bruscamente e duramente da crisi susseguitesi dalla pandemia alla crisi dei chip.

Proprio i diretti interessati cinesi che costruiscono veicoli elettrici o batterie ne sono consapevoli e si preparano a una radicale ristrutturazione della catena del litio in cui gli Stati Uniti e l’Unione Europea lavorano sulla scia del motto “più vicino, più sicuro”.

E alla testata finanziaria Caixin Teng Yong, partner della società di consulenza A.T. Kearney ha dichiarato: “Cina, Europa e Stati Uniti formeranno tre mercati regionali relativamente indipendenti con corrispondenti catene industriali”.

Ultimamente non solo le crisi, ma anche nuove scelte regolatorie guidate allo stesso tempo dalla tensione verso la sostenibilità ma anche protezionistiche, come l’‘Inflation Reduction Act (IRA) degli Stati Uniti, accelerano ulteriormente in questa direzione.

Le nuove regole di Washington infatti richiederanno che almeno il 50% dei componenti fabbricati o assemblati lo siano in Nord America o in Canada o Messico e sia utilizzato nella produzione di batterie il 40% dei minerali chiave estratto e lavorato negli Stati Uniti o in un paese che dispone di un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti, per qualificarsi per i crediti d’imposta previsti.

Forse per questo ai preliminari di lancio della nuova alleanza sudamericana sulle materie prime era assente il Messico del presidente Andres Lopez Obrador, che peraltro ha anticipato i suoi colleghi con la politica che richiede la nazionalizzazione del metallo bianco, che sarà trattato dalla sola società statale LitioMX, sebbene anche in partenariato con gruppi esteri.

In altre parole, alla mossa dei paesi di vecchia o vecchissima industrializzazione quelli ricchi di risorse rispondono con una tendenza che non intende replicare con la semplice fornitura di materie prime (soggette a notori cicli di famigerati boom and bust) ma per stimolare la crescita economica e aumentare i redditi puntano a insediare attività ad alto valore aggiunto, a cominciare dalla raffinazione di metalli come il litio e alla preparazione per le batterie.

Cile, Argentina e Bolivia detengono il 60% delle riserve mondiali di litio. Finora, il Sud America non è riuscito a creare prodotti ad alto valore aggiunto. Ma con la contemporanea volontà politica di più paesi, il cambiamento tecnologico e le tensioni geopolitiche potrebbero aiutare lo sforzo.

Gli approcci fin qui erano stati differenziati, con la Bolivia maggiormente schierata sul versante dell’approccio politico di Lopez Obrador, tanto da ritardare a lungo l’avvio dello sfruttamento della risorsa per non cedere a contratti troppo favorevoli al settore estrattivo. I recenti cambi di esecutivo in Cile e Brasile li hanno portati ad aderire a politiche meno disposte al laissez faire verso l’impresa, che invece finora è stata la cifra dell’approccio argentino.

Peraltro l’occasione offerta dalla corsa globale all’auto elettrica è un treno che nessuno ormai, incluso i più prudenti come i boliviani, vuole rischiare di perdere. È proprio quello che ha detto il presidente boliviano Luis Alberto Arce Catacora il 20 gennaio nella capitale La Paz per la firma di un accordo tra la compagnia statale del litio YLB e un consorzio guidato dal gruppo cinese delle batterie CATL per collaborare all’estrazione, alla raffinazione, alla lavorazione e alla vendita delle riserve del paese.

Peraltro una politica sudamericana molto più compattamente intenzionata a trarre i massimi benefici per il benessere della propria popolazione appare come sempre vincolata alla volatilità dei governi in carica, che cambiano a un ritmo che fa apparire stabile la politica italiana.

E quindi anche una utile collaborazione tra paesi che eviti di aprire a giochi al ribasso che favorirebbero i gruppi estrattivi dalle spalle più larghe, appaiono sempre legati alla conferma di chi siede al timone nelle capitali. L’esecutivo di Ignacio Lula in Brasile, per fare un esempio, è certo un sostegno forte alla cooperazione in Sud America sul litio e forse in futuro su altre materie prime.

Ma il Brasile è anche un luogo in cui un paper pubblicato da un gruppo di istituti legati a ex-ufficiali delle forze armate brasiliane (da cui proviene lex-presidente Jair Bolsonaro) prefigura un 2035 in cui nello stato che si affaccia sull’Atlantico siano rimossa l’assistenza sanitaria universale, l’educazione pubblica ed eliminate tutte le protezioni ambientali. Inutile dire che una collaborazione all’insegna della promozione sia dell’ambiente che dell’ampliamento diffuso dei vantaggi economici legati alle risorse naturali difficilmente potrebbe andare lontano se a prevalere fossero queste istanze.

Credito foto di apertura: ufficio stampa BMW Group