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Il «Master Plan Part 3» non svela l’attesa Tesla alla portata di tutti ma…

…conferma che Elon Musk e i suoi stanno ampliando e moltiplicando la loro corsa all’efficienza e alla riduzione dei costi nella manifattura di veicoli e batterie; Gigafactory sempre più piccole per produrre sempre più auto e celle

A quasi sette anni di distanza dalla divulgazione del Master Plan Part 2, ieri notte Tesla ne ha rivelato la parte numero 3 presso la sede centrale di Austin, in Texas, con Elon Musk sul palco insieme a quasi una dozzina di manager e tecnici che hanno condiviso numerosi aspetti e dettagli di una roadmap estremamente tecnica.

Tanta tecnica seguita a una lunga introduzione incentrata sulla visione del gruppo americano per arrivare alla sostenibilità complessiva dell’industria e della manifattura entro metà secolo.

La lunga presentazione è stata però povera di dettagli specifici di carattere più spiccatamente economico e commerciale, incluso su nuovi prodotti e servizi Tesla.

È andata infatti delusa l’aspettativa per la conferma della prima Tesla veramente alla portata di tutte le tasche e l’unica vera notizia ufficializzata è stata quindi la creazione di una Gigafactory a Monterrey, per la quale Musk è però stato anticipato di qualche ora dal presidente messicano.

Nemmeno 24 ore prima della presentazione del Master Plan Part 3, in una conferenza stampa di martedì scorso, Andres Manuel Lopez Obrador aveva dichiarato che Tesla ha accettato di costruire una grande fabbrica quasi al confine tra Messico e Stati Uniti.

Il presidente messicano aveva affrettato la rivelazione per smentire le voci sulla cancellazione dell’accordo per i problemi di approvvigionamento idrico della futura Gigafactory, problemi che hanno ritardato in passato l’avvio di Giga Berlin, certo molto meno soggetta a siccità di Monterrey. Il presidente ha detto che Tesla ha accettato di utilizzare acqua riciclata e prendere altre iniziative per far fronte alla scarsità d’acqua locale.

Musk all’inizio del suo intervento si è molto soffermato su un percorso chiaro verso una Terra che macini energia sostenibile. Con ottimismo degno del positivismo ottocentesco, ha affermato che non richiederà la distruzione di habitat naturali, di fare eccessive rinunce o smettere di usare l’elettricità.

Secondo l’opinione di quello che è tornato l’imprenditore più ricco del pianeta proprio questa settimana, si potrebbero supportare perfino molto più degli attuali oltre 8 miliardi di esseri umani in modo sostenibile sulla Terra dando fondo alla transizione.

Insieme al Senior Vice President of Powertrain and Energy Engineering Tesla Drew Baglino, Musk ha anche discusso di un futuro in cui la società potrebbe svolgere un ruolo nel “rialimentare la rete con combustibili rinnovabili” mentre aumenta la produzione di batterie, sia per i veicoli elettrici Tesla che per i sistemi di accumulo di energia su scala industriale dell’azienda.

L’ottimismo dichiarato non sembra essere rivolto solo ai sostenitori verdi. Sebbene la clientela Tesla originale (e di estrazione green) appaia anche recentemente molto fidelizzata, questa introduzione appare avere anche un altro obiettivo meno palese. Tesla sta, come altri gruppi auto, interessandosi sempre più alle risorse e alle materie prime.

E una Tesla che si occupa di litio, nichel o altri metalli, in un quadro generale complessivo che non appare certo di scarsità (secondo Musk e i suoi esperti) manda un messaggio chiaro: non vogliamo strapagare le materie prime, perché la domanda non si farà travolgere dai colli di bottiglia dell’offerta del settore estrattivo.

L’obiettivo di Tesla per il 2030 è quindi stato confermato nel Master Plan Part 3: produrre ben 20 milioni di veicoli elettrici l’anno (per chi fosse all’oscuro un totale superiore a quello combinato 2022 dei gruppi Toyota e Volkswagen).

A fine 2022 la società texana aveva dichiarato consegne annuale per circa 1,3 milioni di veicoli elettrici e proprio ieri Tesla ha superato la soglia dei 4 milioni di auto prodotti nella sua storia.

Sul come intenda arrivare a quel traguardo così ambizioso Musk e soci sono piuttosto chiari e precisi, e sembrano espandere ad ogni aspetto industriale quella ricerca maniacale di efficienza e produttività su cui già si erano già soffermati all’ultimo Battery Day, con Gigafactory sempre più piccole che producono un numero sempre più elevato di celle (nel loro caso le grandi celle cilindriche 4680) a costi sempre inferiori.

Musk e i suoi manager hanno presentato un approccio che sarebbe forse piaciuto più a un Alfred Sloan che a un Ferdinand Piëch, in cui si riverbera la passione dell’amministratore delegato non tanto per il prodotto, il veicolo, quanto per la macchina o la catena di macchine in grado di costruirla.

Una passione per l’efficienza che dovrebbe sfociare con la prossima generazione di veicoli a una riduzione dei costi fino al 50% e che pare aver trovato il leader in quella che è la maggiore stella attuale del firmamento manageriale Tesla: Tom Zhu.

Proprio il cinese con passaporto neozelandese Zhu è ormai il profeta del miglioramento dell’efficienza operativa dell’azienda, una casa che ha avuto bisogno di 12 anni per costruire il primo milione di auto elettriche ma, una volta superato il production hell vissuto nella fabbrica di Fremont col lancio della Model 3, solo 18 mesi per il secondo milione.

L’attesa del terzo milione è scesa a 11 mesi e infine sono stati necessari meno di 7 mesi per costruire il quarto milione: inutile dire che la società prevede di costruire nuove fabbriche di auto e celle, e anche di produrre più auto ogni anno nelle sue fabbriche attuali.

Il responsabile dei powertrain Colin Campbell, ha dichiarato che la prossima fabbrica di propulsori Tesla sarà più piccola del 50% rispetto a quella di Austin, in Texas, ma avrà la stessa capacità. Ha anche detto che la società sta lavorando su un nuovo tipo di unità di azionamento compatibile con qualsiasi tipo di cella della batteria.

Inoltre ridurrà il numero di semiconduttori al carburo di silicio oggi necessari (e prodotti anche a Catania da STM), mentre i nuovi motori elettrici saranno costruiti senza alcuna necessità di metalli appartenenti al gruppo delle terre rare dominate dalla Cina, come noto proprio la materia prima più critica della catena di approvvigionamento dei veicoli elettrici insieme al cobalto, di origine prevalentemente centro-africana.

Credito immagine: screenshot da presentazione Tesla

Il leader del design di Tesla Franz von Holzhausen e il responsabile dell’engineering dei veicoli Lars Moravy sono saliti sul palco per mostrare una serie di cambiamenti alla produzione, tra cui la celebre introduzione delle mostruose ma super-efficenti presse della bresciana IDRA, volti a migliorare l’efficienza della produzione. Ma von Holzhausen non ha voluto rivelare niente del suo veicolo della prossima generazione, che in tutte le slide della presentazione è rimasto sotto l’immancabile lenzuolo.

E così la prossima Tesla (non sappiamo ancora se Model 2 o Model 1), la vettura elettrica rivoluzionaria veramente alla portata di tutte le tasche è rimasta sullo sfondo provocando molta delusione in un auditorio sul posto e in streaming che si era collegato sperando di vedere in anteprima la Ford T del 21° secolo.

La delusione non è stata solo dei fan e degli ambientalisti ma anche degli esperti ed analisti delle banche d’affari: la posizione di leadership Tesla in un mercato in crescita per i veicoli al 100% elettrici potrebbe affrontare effetti potenzialmente diluitivi man mano arriveranno sul mercato veicoli elettrici concorrenti più economici. Il pensiero è effettivamente alla Cina e ai prodotti che cominciano ad arrivare anche in Europa, con marchi come MG oppure Ora.

Perché Musk non abbia voluto affrontare la sfida di questi concorrenti è per ora una domanda priva di una risposta univoca. Peraltro se ci sono manager che conoscono molto bene la situazione in Cina e sono stati in grado di affrontare finora la concorrenza sono proprio quelli di Tesla, mentre quelli tedeschi e giapponesi invece stanno soffrendo per trovare le risposte giuste.

Una ipotesi della decisione di ritardare la Tesla alla portata di tutte le tasche nel Master Plan Part 3 potrebbe essere proprio nei conti e nei bilanci cinesi: per la casa di Musk rappresentano una quota molto importante dei ricavi, circa il 40% del totale, ma molto meno della metà di quella percentuale se si vanno a vedere i profitti globali. Insomma Tesla per avere utili di rilievo ha bisogno di vendere in America e in Europa.

E forse la spiegazione semplice, evitando di andare a cercarne di oscure o complottiste, potrebbe essere che proprio come Model S aveva fatto a suo tempo una invasione di successo nel regno dei marchi premium, nel breve termina Tesla voglia puntare a far crescere la quota di mercato nei veicoli di fascia medio-alta, prima di dedicarsi stabilmente ai Segmenti A, B o C.

È noto a tutti che da settembre dovrebbe diventare operativo il progetto Highland con cui uscirà la seconda generazione di Model 3 nel secondo semestre 2023, mentre per il prossimo anno dovrebbe diventare operativo il progetto Juniper che ristrutturerà la piattaforma della Model Y.

Per una Tesla in grado di affrontare meglio la produzione e l’efficienza dei costi dei propri cavalli di battaglia, gli utili per veicolo sarebbero supportati in modo molto più sostanziale dal rafforzare le quote in un settore in cui ci sono Audi, BMW, Mercedes, (o in Cina le giovani NIO e Li Auto) sfidandoli sia sui prezzi che sul margine.

In poche parole quell’inizio di guerra dei prezzi che si è vista in Cina e poi si è allargata anche all’Occidente, appare destinata a non essere un episodio ma a continuare, poiché la crescita di Tesla questa decade richiederà investimenti che Musk vuole raggiungere pagandoseli con la produzione, non a debito.

Durante la conference call dopo la presentazione di 3 ore, Tom Zhu ha risposto a una domanda sulle attività in Cina e Asia sottolineando che se si offre un prodotto con valore a un prezzo accessibile non ci si deve preoccupare della domanda.

La guerra ai costi che è in corso nelle fabbriche Tesla quindi appare non solo un percorso ma un traguardo, una stazione finale. Lo stesso Musk ha commentato: “la domanda è una funzione dell’accessibilità, non del desiderio. Anche piccole variazioni nel prezzo hanno un grande effetto sulla domanda”.

Il Master Plan Part 3 appare quindi voler mettere basi concrete, specie in un periodo globale in cui il credito a condizioni stracciate non è più di attualità, perché Tesla possa espandersi ancora là dove ci sono da raccogliere più profitti, e solo in seguito grazie a quel flusso di soldi passare all’auto elettrica per tutte le tasche.

Un flusso che non riguarderà solo il bene-auto: Rebecca Tinucci, leader del settore ricariche Tesla, ha dichiarato che nel 2022 la società ha fornito 9 TWh attraverso la rete basata sui suoi prodotti e servizi, comprese ricariche domestiche e Supercharger (gli interi Stati Uniti consumano circa 4.000 TWh di elettricità all’anno).

Tinucci ha anche osservato che circa la metà dei Supercharger della società nell’Unione Europea sono aperti ad altri veicoli e che proprio nelle scorse ore la società ha aperto i primi 10 Supercharger negli Stati Uniti a clienti non-Tesla, a cui altri seguiranno.

Credito foto di apertura: screenshot da presentazione Tesla