Il mercato dell’India si è risvegliato improvvisamente sull’auto elettrica
Tutti vogliono essere presenti con auto e SUV elettrici in quello che diventerà quest’anno il terzo mercato globale e dove c’è più spazio di crescita: le locali Tata e Maruti Suzuki, ma anche Citroën e Renault hanno i loro piani
Solo poche settimane fa, parlare di mobilità elettrica riferendosi all’India, la nazione che sta per sorpassare la Cina per primato demografico, non voleva dire auto ma due o tre ruote: infatti nel sub-continente c’è una fetta crescente di mercato delle moto e scooter e dei furgoni per uso commerciale che sta registrando volumi consistenti, anche adottando tecnologie di condivisione come il cambio rapido delle batterie.
L’Auto Show 2023 alla periferia di Dehli aperto questa settimana e voci insistenti precedenti inviano chiari segnali che le cose stanno cambiando anche per i veicoli a quattro ruote. La più esplicita nelle sue ambizioni è forse Tata Motors, che prevede di espandere la propria gamma di auto e SUV elettrici con nuovi modelli e anche fasce di prezzo più elevate.
Lo ha detto mercoledì scorso l’amministratore delegato della divisione veicoli passeggeri Shailesh Chandra. Il gruppo è già quello che vende auto elettriche in India e sta espandendo la scelta in modo da poter accontentare più acquirenti, specie per autonomia urbana breve.
Tra 12 modelli di auto e 14 camion, ce ne erano 5 a zero emissioni compresi quelli alimentati a idrogeno. I SUV Harrier e Sierra (nella foto di apertura) avranno versioni al 100% elettriche e Tata ha portato un concept basato sulla nuova piattaforma per veicoli elettrici il cui esordio è previsto a fine 2025.
Finora su 3 milioni di veicoli passeggeri venduti l’anno i modelli elettrici rappresentano appena l’1% delle vendite totali, ma il governo vuole portarlo al 30% entro il 2030. Per questo Tata Motors sta preparando la divisione di componentistica Tata AutoComp e Tata Power, che sta allestendo stazioni di ricarica nelle città e lungo le autostrade. Il gruppo progetta di produrre e reperire più parti come celle e motori elettrici a livello locale e sta anche studiando potenziali mercati di esportazione per le sue auto elettriche.
Per questo Tata intende anche considerare impianti in India e in Europa per la produzione di batterie per veicoli elettrici, sempre più utili in cui la produzione di settore aumenterà fino al traguardo 2025 di circa l’8% della gamma. L’altro polo produttivo per le batterie in Europa dovrebbe rispondere alle esigenze di celle della divisione Jaguar Land Rover. Se il piano è concreto non ci sono indicazioni su tempistiche e capacità di queste due Gigafactory.
Un altro marchio dalle solidissime radici in India, Maruti Suzuki, ha dato un segno di svolta verso il mercato dei modelli elettrici questa settimana, presentando il suo concept battezzato EVX. Si tratta del prototipo di un SUV completamente elettrico derivato dal primo veicolo strategico globale a zero emissioni locali di Suzuki. L’introduzione sul mercato è prevista per il 2025.
L’EVX è un modello BEV che punta a combinare il riconosciuto DNA 4×4 della marca giapponese con le caratteristiche avanzate dei più recenti modelli completamente elettrici. Il suo look è realizzato per essere immediatamente riconoscibile come un SUV Suzuki. Inoltre, mira a portare avanti l’eredità 4×4 del marchio nella nuova era elettrica per offrire una vera esperienza di guida della tradizione SUV Suzuki.
L’EVX avrà una capacità totale della batteria, di cui non sono state rese note le caratteristiche di chimica o densità di energia, di 60 kWh. Sarà in grado di assicurare una autonomia massima di 550 chilometri (misurata però nel ciclo di guida indiano MIDC che tuttavia assomiglia più al vecchio NEDC europeo che al più aggiornato WLTP).
L’India però non interessa solo ai protagonisti abituali di quel lontano mercato. Il quotidiano finanziario francese Les Echos a fine dicembre riportava l’ipotesi che da tempo ossessiona il patron di Stellantis Carlos Tavares: puntare proprio sul sub-continente come soluzione al piano di rendere accessibili i veicoli completamente elettrici alla classe media europea.
Ovvero, si guarda all’India non solo come mercato ma come base produttiva per l’auto elettrica. Tavares intende non solo produrre una Citroën C3 elettrica in India per l’India (si chiama ËC3, sarà venduta dalla primavera e punta anche ad altri mercati BRIC come il Brasile), ma anche in seguito per importarla a prezzi accessibili.
Sebbene nessuna decisione al momento sarebbe stata presa al riguardo, il manager portoghese la vedrebbe come una soluzione al superare lo scoglio della differenza di prezzo tra modelli termici ed elettrici, soluzione che per veicoli compatti o super-mini sarebbe irraggiungibile con le fabbriche nel Vecchio Continente.
La Citroën C3 elettrica indiana per l’Europa, potrebbe avere un nome diverso per non confonderla con la C3 oggi prodotta a Trnava, in Slovacchia. Adeguatamente aggiornata rispetto alla spartanissima versione locale per renderla accettabile alla nostra clientela, potrebbe essere la risposta ai rivali Renault.
Il marchio dell’Alleanza franco-giapponese per il modello più economico della gamma al 100% elettrica, quella Dacia Spring che ha appena ricevuto un aggiornamento presentato al Salone Auto di Bruxelles, come noto si affida a un veicolo prodotto a Wuhan, in Cina.
Da parte sua il gruppo rivale generalista Renault secondo l’agenzia Reutersstarebbe a sua volta prendendo in considerazione la costruzione a partire da fine 2024 di un veicolo elettrico per il mercato di massa indiano, in alternativa alla produzione in corso in Cina.
Da un lato questo rifletterebbe le posizioni di Tata, Maruti Suzuki e Mahindra che sanno che in quel mercato si prevede che l’adozione di veicoli elettrici cresca rapidamente partendo da una quota minima. Lo studio di Renault sottolinea come la casa automobilistica francese stia portando avanti i piani di elettrificazione anche mentre estende i negoziati irrisolti con il suo partner Nissan Motor sull’investimento in un’unità EV che intende ritagliare dalle sue altre attività.
Renault vuole risollevare le vendite in un paese che rimane redditizio per la casa auto nonostante abbia venduto meno auto nel 2022 rispetto all’anno precedente. In quello che presto diventerà il terzo mercato globale per veicoli passeggeri e leggeri sostituendo il Giappone, secondo la previsione di S&P Global Mobility, Renault è meglio presente del partner Nissan con cui sta ristrutturando l’alleanza, rispetto alle posizioni di forza tra i due in atto in Cina.
Renault produce già oltre a un SUV e a un multi-spazio a sette posti la citycar di successo Kwid, da cui è nata la K-ZE elettrica per la Cina che a sua volta è stata la base della Dacia Spring. Per qualificarsi per gli incentivi Renault non può puntare sull’auto elettrica costruita a Wuhan: dovrebbe costruirla nello stabilimento nel sud dell’India procurandosi componenti a livello locale. Lo stabilimento di Chennai peraltro è a maggioranza Nissan.
I piani dei gruppi auto asiatici ed europei per il mercato dell’auto elettrica peraltro potrebbero trovarsi di fronte a ostacoli complessi, sottolineava recentemente un articolo di Bloomberg, perché con ancora più terreno da recuperare nella filiera delle materie prime di settore.
L’industria pesante indiana ha le sue supply chain consolidate su materie prime come ferro o carbone, ma se si guarda ai minerali chiave delle batterie o dell’auto elettrica come litio o rame il paese ha solo una minima frazione della capacità di soddisfare internamente una domanda che sarà destinata a schizzare in alto.
Per quanto riguarda il rame dal 2018 il paese è diventato un importatore netto e l’uomo più ricco d’Asia Gautam Adani sta costruendo una raffineria da mezzo milione di tonnellate nell’Occidente dell’India che potrebbe aprire l’anno prossimo sebbene per il metallo debba affidarsi ancora anche in futuro all’importazione.
Nel caso del nichel e del litio, oltre a dipendere dal settore estrattivo estero (sebbene sia stata fatta una piccola soperta di litio vicino a Karnataka nel 2021) l’India è altrettanto indietro nella raffinazione di materiali speciali per le celle. Migliori invece potrebbero essere le prospettive su manganese e grafite, di cui l’India ha vaste riserve, ma ancora tutte da valorizzare, con processi che richiedono nel migliore dei casi un decennio.