OPINIONI

Mettere la parola fine all’equivoco delle batterie di grande capacità

Inversione a U nel modo di progettare l’auto elettrica? Costi, materie prime, leggerezza, ricarica: perché alla diffusione della mobilità sostenibile occorrono batterie medio-piccole

Chiusura di anno con una serie di considerazioni su un argomento che, ne abbiamo la convinzione, sarà di attualità a lungo.

Per l’adozione capillare dell’auto elettrica ad ogni livello si sta palesando l’importanza di proporre batterie di dimensioni ragionevoli in grado di ricaricare velocemente, come un rabbocco alla pompa di carburante.

Quello che si è visto sempre più spesso durante i recenti lanci di modelli elettrici premium è invece una capacità quasi da camion elettrico: frutto di un equivoco sulla direzione da seguire per le batterie meglio in grado di accontentare la clientela.

Ci sono tre aspetti da considerare per tracciare una rotta sulla miglior soluzione tecnica per il futuro della mobilità elettrica. Anzitutto il costo dell’auto, quella che i manager da Carlos Tavares a Luca de Meo chiamano “affordability”, essere in grado di raggiungere tutte le tasche.

A questo si aggiungono la velocità di ricarica in grado di reggere il confronto con le abitudini dell’automobilista tradizionale e terzo ed ultimo aspetto gli effetti delle dimensioni della capacità delle batterie sulla supply chain delle materie prime con cui devono confrontarsi i produttori, delle auto e delle celle stesse che compongono la batteria.

I grandi pacchi prescelti per SUV o pickup elettrici superiori ai 100 kWh sono una risposta all’ostacolo della range anxiety: li vediamo all’opera nella gamma Rivian, GM e Ford, ma anche in modelli premium cinesi come la nuova Zeekr 001 del gruppo Geely, in grado di raggiungere una autonomia di 1.032 chilometri con un pacco batterie Qilin di CATL da 140 kWh.

Questa risposta appare sempre più la reazione di un progettista o di un ingegnere abituato ad avere a che fare con auto tradizionali, e anche per questo lo definiamo un equivoco sul design delle batterie.

In effetti, i tratti della stessa range anxiety sono cambiati in pochi anni: la distanza percorribile in sé (oggettivamente molto limitata nei modelli usciti fino a metà decennio), oggi si è trasformata nei temi della disponibilità capillare ed integrità dell’infrastruttura di ricarica.

In passato nell’auto tradizionale per stoccare più energia tramite idrocarburi la risposta era di ricorrere a serbatoi più grandi. La reazione quasi pavloviana che abbiamo visto nell’auto elettrica, in qualche modo ha sorvolato su una realtà che è stata molto articolata anche quando gli automobilisti alla pompa rifornivano veicoli passeggeri, di benzina prima e in seguito anche di gasolio.

Se si esaminano le schede tecniche di modelli auto che hanno accompagnato la prima motorizzazione italiana, come la 600 o la Fiat 1100/103, si resterà sorpresi a constatare quanto fossero piccoli i serbatoi confrontati agli attuali.

Dall’anno 1974, quando è uscito l’hatchback più venduto in Europa, Golf, il best seller Volkswagen non è solo cresciuto in dimensioni e prestazioni ma anche in capacità del serbatoio: dai 40 litri dell’anno di lancio agli attuali 50 litri, una crescita del 25%.

Nell’auto elettrica la crescita della capacità delle batterie per assicurare maggiori autonomie è stata molto più frenetica e rapida di quanto sia avvenuto ai serbatoi dell’auto convenzionale tra Anni ’50 e ’70, sacrificando altre considerazioni. Ma adesso che quell’equivoco comincia a palesarsi, la rincorsa alla capacità delle batterie viene riconsiderata.

Un numero crescente di addetti ai lavori oggi suggerisce anzi di fare ricorso a batterie più piccole, perciò meno costose e più leggere. Al contrario di quanto sostenuto da alcuni anni da Toyota e dai suoi esperti non per spingere sulla tecnologia ibrida, ma per aiutare la diffusione di modelli al 100% elettrici, purché in grado di assicurare un’esperienza di ricarica breve, simile a quella dell’automobilista del 20° secolo.

Questo, accanto a miglioramenti della tecnologia intrinseca delle celle, potrà avvenire con potenze delle colonnine più elevate (per i veicoli commerciali già si studiano potenze fino a 1 MW) che saranno meglio in grado di sostenere architetture di bordo a 800V, viste in modelli GT Audi e Porsche ma anche in modelli coreani basati sulla piattaforma E-GMP.

In alternativa ci sarà la tecnologia oggi ancora minoritaria del cambio rapido della batteria, già comune nelle due ruote elettriche e adottata da case auto cinesi come BAIC, GAC Aion e soprattutto NIO.

Agli effetti pratici il parere informato di esperti è che per la maggioranza degli impieghi, con poche eccezioni come rappresentanti di commercio con vaste aree da coprire, meglio batterie medio-piccole (come vedremo attorno ai 60 kWh di capacità) ricaricabili rapidamente, piuttosto che pacchi batterie da 150 kWh che magari ricaricano a 120 kW.

Questo orientamento come scelta progettuale consapevole potrebbe anticipare uno stato di cose imposto dalla filiera delle materie prime. Un settore col fiato sempre più corto per stare al passo con la domanda: un fenomeno che si è rispecchiato nei prezzi di litio, nichel, cobalto, grafite, soprattutto il primo.

Esistono già modelli per supportare questo trend ed uscire dall’equivoco dei pacchi batterie di smisurata capacità. Parlando al Wall Street Journal il ricercatore del Dipartimento americano dell’Energia Halle Cheeseman ha fatto un esempio eloquente.

Se due veicoli elettrici viaggiano da Washington a Orlando (la distanza per visitare Disneyworld: 860 miglia ovvero 1.384 chilometri) e uno dei due ha 300 miglia (482 chilometri) di autonomia e ricarica in un’ora e l’altro 150 miglia di autonomia ma ricarica in un quarto d’ora, quello che ricarica quattro volte più velocemente arriverà a destinazione 20 minuti prima.

Vero, questi viaggi per la maggioranza sono una rarità: la maggior parte dei tragitti come sappiamo sono da pendolari o comunque urbani. In questo caso la praticità maggiore per il pubblico di una gamma elettrica basata su batterie medio-piccole con ricarica ultra-veloce sarebbe per tutti quelli che abitano in condomini e in aree densamente abitate.

Come sappiamo al momento attuale quei 15 minuti per la ricarica completa non sono ancora una prestazione riscontrabile nelle celle dei veicoli elettrici in commercio; sono piuttosto un traguardo realistico per ora collocabile a fine decennio, grazie ai progressi di elettroliti, elettrodi e anche al software dei sistemi di gestione delle batterie.

Ma le promesse di una domanda crescente per veicoli passeggeri degni di questo nome con batterie medio-piccole e potenza di ricarica alta sono dimostrate anche dal crescente successo di quattro ruote che assomigliano più a quadricicli pesanti che ad auto o SUV.

In Cina, come attestano i dati delle vendite, l’auto elettrica più popolare da ormai un triennio è la piccola Wuling Hongguang Mini EV, che concettualmente assomiglia assai più a una Citroen Ami che a una Tesla.

Ma il fenomeno dei mini-veicoli elettrici non riguarda più solo l’Asia, che come sappiamo ha una grande percentuale di clienti in fase di primissima motorizzazione. Perfino in America c’è ormai richiesta per i quadricicli, che arrivano solo a 30 miglia orarie ma pesano un sesto di un SUV anche perché la batteria di un Nimbus (uno dei modelli che va per la maggiore là) è 30 volte più piccola di quella di un GMC Hummer EV.

Certo, il successo è concreto in aree sostenute da mesi di eccellente meteo ed alte percentuali di anziani. A Peachtree City, nell’assolata Georgia, il sindaco Kim Learnard ha 13.000 residenti, in maggioranza pensionati, e 10.000 di quelli che gli americani chiamano golf cart. Si è adeguato, creando una viabilità che assomiglia a quella delle ciclabili europee.

Rincorrere la convinzione a lungo radicata che il pubblico globale voglia chilometri e chilometri di autonomia a ogni costo, ha avuto effetti rilevanti sullo scenario a lungo termine per fine decennio e inizio degli Anni ’30. L’equivoco di fondo sulla necessità di batterie sempre più grandi ha portato a previsioni che comportano irrealistici obiettivi di crescita della capacità estrattiva globale.

Per alcuni metalli, in particolare per il litio, appaiono ampiamente irrealizzabili, considerate le tempistiche di realizzazione di nuovi poli produttivi anche in nazioni amichevoli con il settore minerario, come Australia o Canada.

Secondo una previsione di Benchmark Mineral Intelligence, nel prossimo decennio potrebbero essere necessarie oltre 300 nuove miniere di grafite, litio, nichel e cobalto per soddisfare la domanda di materie prime per veicoli elettrici e impianti di accumulo entro il 2035, in base alle dimensioni medie delle miniere in ciascun settore.

Simon Price, esperto della società inglese Exawatt, in un suo intervento dello scorso novembre su LinkedIn scriveva: “dato quanto è improbabile che l’offerta di litio crescerà rapidamente in qualche modo vicino a quei livelli, il settore dell’auto elettrica si trova di fronte auna scelta: o la capacità media delle batterie deve diventare più piccola o le vendite di auto elettriche nel 2030 saranno molto al di sotto delle attuali aspettative”.

Rory McNulty, analista di Benchmark Mineral Intelligence, in un suo post sottolineava che “con quasi 40 milioni di veicoli elettrici che dovrebbero essere venduti nel 2030, la dimensione media prevista del pacco di 67 kWh vedrà la domanda globale di litio superare l’offerta del 7%, secondo il Lithium Forecast Benchmark.

Una capacità media di 61 kWh dei pacchi batterie costruiti nel 2030 secondo il modello dell’analista di BMI McNulty potrebbe evitare il deficit di una materia prima fondamentale come il litio, se si riuscirà ad abbassarlo dalla media prevista attualmente per il 2030 di 67 kWh (credito immagine e fonte dati: newsletter Benchmark Mineral Intelligence)

Il valore suggerito dai calcoli dell’analista britannico è in pratica quello che oggi troviamo nel pianale di un modello iconico dell’auto elettrica come Nissan Leaf, alla cui batteria si riferisce la foto di apertura. Per la e+ la capacità è di 62 kWh, ed è accreditata di una autonomia massima WLTP di 385 chilometri (ed è giusto non scordare che quando era uscita il suo pacco prodotto da AESC aveva appena 24 kWh di capacità).

E a questo riguardo McNulty concludeva: “per portare la domanda di litio al di sotto dell’offerta prevista, la dimensione media del pacco batteria potrebbe essere ridotta. Con i miglioramenti tecnologici nell’efficienza delle batterie dei veicoli elettrici, questo può essere ottenuto senza indurre ulteriore range anxiety”.

Credito immagine di apertura: C. Poches et al. “High Voltage Electrolytes to Stabilize Ni-Rich Lithium Battery Performance”, © 2022 ECS – The Electrochemical Society