OPINIONI

Per guadagnare, alle case auto convengono i wallbox o le colonnine ultra-veloci?

Dalle utility ai petrolieri alle case auto: tutti vogliono mettere i wallbox in garage alla clientela delle auto elettriche, mentre per le case generaliste le colonnine ultra-veloci sono un lusso, per ora

Ora che non sono più sulla scena Sergio Marchionne e Carlos Ghosn, il top manager del settore auto più interessante da seguire è forsr Carlos Tavares: l’uomo che sta “miracolando” i conti di PSA (e anche gli ultimi acquisti del gruppo francese, come Opel) quando si tratta di produrre bilanci positivi.

Tavares è interessante da ascoltare anche quando ha opinioni su cui non si concorda, o sulle quali ci sia da obiettare. Anzi, in quei casi forse è ancor più interessante. Come per le affermazioni riguardo alle infrastruttura di ricarica che sono finite in apertura della scorsa edizione della sezione motori del Sunday Times.

Il quotidiano britannico infatti ha riportato il richiamo del manager portoghese alle istituzioni europee sulla loro responsabilità nell’adeguare l’infrastruttura per le ricariche elettriche per quel pubblico che in misura crescente sta spostandosi verso le auto a zero emissioni locali, con l’approvazione di quella stessa classe politica continentale.

A inizio settembre per la prima volta l’associazione europea delle case auto ACEA (presieduta da Tavares) si è impegnata in una istanza formale insieme ad Eurelectric, associazione europea delle utility, e all’associazione ambientalista Transport & Environment che richiede a Bruxelles ed a Strasburgo di impegnarsi per recuperare il gap infrastrutturale.

Un gap per superare il quale, ha ribadito Tavares durante la presentazione della nuova 208 nel suo Portogallo, il suo gruppo non intende essere chiamato a contribuire. Perché ha sottolineato: “non siamo nel settore delle autostrade, non siamo in quello delle strade, non siamo in quello delle stazioni di servizio. E non siamo in quello delle reti di ricarica“.

La responsabilità che un gruppo auto ha secondo Tavares è di avere conti sostenibili, il che comporta scartare le opzioni che non fanno guadagnare soldi. E a chi gli ha chiesto se ora che PSA ha in vendita modelli elettrici Opel, Peugeot, DS il gruppo aderirà alla rete pan-europea di colonnine ultra-veloci Ionity, il portoghese ha risposto con un’altra domanda: “fa profitti?“.

La replica tranchant parrebbe mettere fine all’argomentazione. Ma non è così, anche se va anzitutto escluso che il numero uno di PSA sia così categorico per mancanza di prodotto elettrico nella propria gamma: al contrario, in Francia i nuovi ordini per la Peugeot 208 elettrica sono già il 25% del totale, e anche nella solitamente scettica Italia sarebbero attorno al 5%.

In effetti riflettere sulla correttezza o meno dell’approccio attuale di Tavares richiede proprio di guardare all’offerta, ma in un panorama più articolato. Guardando anche alla corrispondente offerta degli altri soci fondatori di Ionity: Porsche e i marchi premium tedeschi, a cui si sono uniti anche Ford e Hyundai.

L’offerta di auto elettriche nella gamma PSA è di modelli come Corsa-e ooppure  e-208, ovvero modelli da città e per l’uso da pendolari su brevi tratte. A questo punto è il caso di ricordare che l’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano nel presentare il suo Smart Mobility Report 2019 ha comunicato i dati di un sondaggio effettuato con proprietari di auto elettrificate e persone interessate al loro acquisto.

Il 70% dei possessori di auto a zero emissioni locali ha accesso a un punto di ricarica domestica, che nel 40% dei casi è stato acquistato presso il concessionario auto. Solo il 10% di chi ha risposta non ha accesso a impianti di ricarica privati, o wallbox in garage o nel posto auto di casa o presso le sedi aziendali per chi ha in uso auto della ditta. Presso le postazioni private effettua in media una ricarica a settimana.

Tornando all’approccio di Tavares, potremmo ora precisare meglio la sua valutazione: per un costruttore generalista come PSA che vende quei modelli specifici, il fatto di investire in stazioni di ricarica ultra-veloci che le sue auto visiteranno in un ridotto numero di occasioni, può essere un lusso, sì.

Porsche vende Taycan 4S, Turbo e Turbo S: modelli che si rivolgono ad un pubblico differente e saranno utilizzati su distanze medie ben diverse da quelle delle auto di PSA. Regalare alla clientela i primi tre anni di ricariche a quelle colonnine Ionity  (che guidando auto con impianto a 800 volt saranno i soli a poter sfruttare al meglio) probabilmente si rivelerà, se non un buon affare, un eccellente biglietto da visita tecnologico. Lo stesso vale per Audi, BMW o Daimler.

Quando si ragiona sull’approccio di un gruppo auto alla nuova mobilità elettrica, insomma, non sarà male in futuro domandarsi quali siano i contesti e le premesse di una strategia. Quello delle postazioni di ricarica ultra-veloce, ad esempio, appare un contesto estremo nel panorama generale.

Un ambito nel quale non sembrano sgomitare per entrare né le utility, né chi oggi produce e distribuisce carburanti attraverso la rete di aree di servizio né la maggioranza delle case auto.

Il mondo delle ricariche delle auto elettriche è quindi complicato da questo aspetto particolare che sta cambiando le regole del gioco. Il carburante si immetteva nel serbatoio solo in area di servizio. Ma la corrente nelle celle si può caricare a casa, al lavoro, al supermercato, in hotel o, infine, in area di servizio.

Per utility, case petrolifere e case auto questo diventa un dilemma perché crea anche una disparità tra investimenti e flussi di ricavi. Mentre le infrastrutture rapide o ultra-rapide costano care e saranno utilizzate relativamente poco, perché la clientela farà attentamente i conti su tariffe poco convenienti, tutti appaiono invece interessati a prendere clienti del settore domestico.

Per le utility italiane come Enel X o A2A, ma anche per i colossi europei presenti in Italia come EDF (Edison), Engie, E.on entrare nel settore della ricarica per le auto elettriche è una logica continuazione ed espansione dell’attività convenzionale di fornitura di elettricità. In altri termini in questo ambito non si allontanano dal loro abituale core business.

Ma quel 40% di installazioni decise direttamente presso il concessionario auto aiuta a capire perché al recente Salone Auto di Francoforte due case che hanno svelato nuovi modelli elettrici tra i più attesi come Volkswagen con ID.3 e Honda con E, abbiano contemporaneamente presentato un loro wallbox da vendere a margine della nuova auto.

Se le case auto non vogliono infatti entrare in campo nell’infrastruttura, sembra esserci almeno un settore, quello dell’infrastruttura casalinga o rivolta alle piccole imprese per cui sembrano disposte a fare una eccezione. Non ci sono dubbi che i gruppi auto ed i loro concessionari siano già alla ricerca di ricavi alternativi.

La manutenzione dei veicoli elettrici si prevede infatti meno intensa di quelli tradizionali, con una distribuzione dei tagliandi più diradata rispetto a quella che oggi si tende a pianificare. Così, tenendo presente il calo di visite future nelle officine, i venditori tenderanno a fare leva sulla fase di ogni nuovo contratto di auto elettrica o ibrida plug-in per piazzargli i wallbox in garage.

Per la clientela delle nuove elettriche la cosa potrebbe persino rivelarsi un affare: il nuovo wallbox Volkswagen almeno al lancio in Germania sarà proposto al prezzo molto favorevole di €399. Se si pensa che la potenza arriverà a 11 kW, si tratta di un prezzo più favorevole, ad esempio, di un altro nuovo arrivato, il wallbox entry-level di ENI Gas&Luce, il gruppo italiano dell’energia che da pochi giorni offre alla clientela anche questo servizio. L’apparecchio residenziale di ENI Gas&Luce da 3,7 kW costa infatti €999.


Credito foto di apertura: ufficio stampa Adam Opel AG