Lo Smart Mobility Report 2019 presentato stamani fotografa il quadro italiano e globale
Messaggi incoraggianti dal rapporto di Energy & Strategy Group presentato in apertura di That’s Mobility alla Fiera di Milano: la mobilità elettrica in Italia progredisce, anche nella percezione
La presentazione dello Smart Mobility Report 2019 (che si pone in continuità con i precedenti E-Mobility Report compilati da Energy & Strategy Group) per il secondo anno consecutivo ha aperto la rassegna That’s Mobility organizzata da Reed Exhibitions Italia e dal gruppo del Politecnico del capoluogo lombardo.
Come nelle due edizioni precedenti l’ampio volumetto ha inteso affrontare i principali “macro-trend” che stanno ridisegnando il mondo della mobilità. In particolare analizza l’evoluzione del mercato della “smart mobility“, la diffusione dell’infrastruttura di ricarica, quadro normativo, offerta e domanda della diffusione dei veicoli elettrici e dell’infrastruttura di ricarica in Italia e potenziali sviluppi.
Inoltre quest’anno sono comparse sezioni e dovizia di dettagli e grafici relativamente al quadro delle emissioni, alla crescente varietà dell’offerta trainata dalla micro-mobilità e un’analisi del V2G, la tecnologia per la ricarica bi-direzionale che sempre di più anche in Italia attira l’interesse di stakeholder come utility, TSO e case auto, ultimo esempio italiano proprio FCA.
Il professor Vittorio Chiesa che dirige Energy & Strategy non ha mancato di sottolineare nel suo intervento fra i messaggi chiave l’efficacia degli incentivi nel migliorare gli economics dei veicoli elettrici per la clientela italiana, il fermento che si manifesta tra i gruppi dell’automotive inclusi quelli un tempo scettici e il dinamismo in atto nell’infrastruttura di ricarica.
In Italia, sottolinea lo Smart Mobility Report 2019, il livello di integrazione tra auto elettriche e disponibilità di colonnine è sorprendentemente buono anche in rapporto ad altri paesi europei che hanno quote di auto elettriche più rilevanti, visto che nello Stivale siamo vicini alla media dell’1 a 5.
Ma il dato non implica che l’infrastruttura non vada migliorata: perché le auto elettriche sono ancora pochissime e questo influenzerà la disponibilità di colonnine in futuro, e perché la distribuzione è quanto mai disomogenea, con solo la Lombardia e la maggior parte delle regioni che si affacciano sul Tirreno a godere di una situazione favorevole, e anche nelle regioni meglio attrezzate la parte urbana di diffusione è preponderante rispetto alla periferia e alle aree rurali.
Intanto però va segnalato che il sondaggio compiuto dal gruppo del Politecnico di Milano per lo Smart Mobility Report 2019 ha riscontrato una adeguatezza del 70% secondo la percezione degli intervistati: un miglioramento rispetto al 60% di chi aveva dato la stessa risposta per la pubblicazione realizzata un anno fa.
Non è da trascurare il dettaglio che, secondo Energy & Strategy Group, i due terzi di chi ha risposto al survey e possiede un veicolo elettrico abbia una sorgente di ricarica in garage o presso il posto auto. Il che verosimilmente richiede una minoranza di soste presso prese pubbliche durante il normale utilizzo.
Un altro punto sottolineato dal professor Chiesa che spinge per la diffusione della mobilità elettrica è la presenza di ulteriori incentivi locali. Tutt’altro che un dettaglio se si pensa che in una provincia come Trento particolarmente generosa nell’erogare sussidi, il possesso di un’auto elettrica del segmento B (il più diffuso in Italia) con percorrenza annua media di 11.000 chilometri diventa competitivo con quello di un’auto equivalente a benzina già il primo anno, mentre in una regione a “supporto basso” all’acquisto, poniamo la Toscana, il cliente impiegherebbe circa cinque anni a pareggiare il costo di un’auto a benzina.
E,parlando di carburanti fossili, particolarmente interessante è stato l’intervento di Simone Franzò che ha esposto un interessante modello sviluppato dal gruppo del Politecnico di Milano per misurare il Life Cycle Assessment dei veicoli elettrici rispetto a quelli convenzionali, un capitolo sempre attuale sul quale AUTO21 tornerà più in dettaglio.
Ma per anticipare il contenuto in estrema sintesi: l’analisi delle emissioni di CO2 lungo il ciclo di vita del veicolo ha incluso un ventaglio di variabili, i quattro segmenti di auto più diffusi e auto prodotte ed utilizzate in vari paesi rappresentativi (Cina, USA, Germania e Italia).
Le emissioni di gas clima-alteranti in ognuno dei casi e segmenti presi in considerazione hanno confermato che quelle delle auto elettriche sono inferiori a quelle delle auto convenzionali, pur con una etereogeneità dei risultati.
Malgrado l’impatto rilevante della batteria (come è facile immaginare specialmente se le celle sono prodotte in Cina) il contributo più pesante alle emissioni deriva dalla fase di utilizzo in ogni scenario considerato. Per i veicoli convenzionali varia tra il 75 e l’88% mentre per i veicoli elettrici varia tra circa il 40% e oltre il 65%.
Come si può immaginare la fonte energetica che alimenta le celle dell’auto elettrica è di particolare rilevanza. Anticipiamo qui questa slide per riportare il risultato del modello del Politecnico che per l’attività in Italia rileva che in un’auto elettrica del segmento B l’uso comporta emissioni attuali di 67,29 grammi di CO2 per chilometro; un’auto convenzionale è ferma a 146,64. Poiché il mix italiano di generazione di energia dovrebbe in futuro solo migliorare, crediamo che questo divario possa solo aumentare a favore delle auto con la presa.