AUTO

Con gli incentivi cinesi dimezzati i produttori cominciano a vedere nero, o rosso

Ormai in Cina un’auto elettrica dalla grande autonomia, 400 chilometri o superiore, nel migliore dei casi potrà ricevere solo circa $3.700 di sussidi nazionali: metà di quanto previsto nel 2018

Non diversamente da quanto è successo quando la Cina ha allargato i cordoni della borsa per imporre il successo dei veicoli elettrici grazie agli incentivi, potrebbe produrre un effetto a catena rilevante anche la scelta sempre più netta di obbligare i costruttori a contare sull’innovazione e la qualità per vendere, piuttosto che sugli sconti pagati da Pechino o dalle regioni e metropoli.

Da questa settimana è una certezza che saranno dimezzati i sussidi oggi più cospicui: quelli per veicoli elettrici con autonomia di almeno 400 chilometri che scenderanno da 50.000 a 25.000 yuan (circa $3.700). Per rientrare nei sussidi, quale che sia l’entità erogata, occorrerà anche avere una autonomia di almeno 250 chilometri, mentre fino ad ora si poteva accedere a quelli più piccoli anche con 150 chilometri di autonomia.

Nel recente passato Pechino aveva abolito gli incentivi per i veicoli esclusivamente urbani, come se volesse incentivare lo sviluppo di batterie più efficienti e con alta densità di energia. Ora ai vertici di chi decide gli assetti industriali ed economici la densità di energia sembra interessare meno, con più favore verso lo sviluppo di celle di alta qualità, che per il governo sono anche sinonimo di sicurezza.

Tra gli addetti ai lavori, nazionali e globali, si sta già cercando di capire se in un mercato nel quale ricevono crescente favore le batterie con celle ternarie rispetto alle (un tempo) più diffuse LFP, questo possa comportare una crescita più rallentata per chi ora sta sviluppando prodotti con elettrodi che scelgono chimica NCM 811, a bassissimo contenuto di cobalto.

Il governo cinese ha anche confermato che i sussidi entro fine 2020 saranno una cosa del passato. Non solo: ha pure sollecitato i governi locali, specie quelli delle grandi metropoli, a ritirare a loro volta gli incentivi all’acquisto quanto prima caso mai riservandoli a spingere l’ampliamento dell’infrastruttura di ricarica. Una strategia che tiene sui carboni ardenti i manager della maggiori società cinesi produttrici di veicoli elettrici.

Ancora prima della pubblicazione delle misure più recenti l’amministratore delegato di SAIC, uno dei leader nella manifattura di auto elettriche, aveva lasciato capire che la fine dei sussidi dal 2020 potrebbe scatenare una contrazione fino al 50% nella quota di vendite dei NEV.

Che la diminuzione costante dei costi possa compensare del tutto il peso della fine degli incentivi nessun manager lo crede. Secondo la società di consulenza GGII il contenimento dei costi potrebbe arrivare a coprire metà del taglio ai sussidi: le batterie dovrebbero diminuire di 0,15-0,20 yuan/Wh beneficiando i costi dei veicoli tra i 4.974 e i 6.632 yuan; ridurre i costi degli altri componenti fino al 20% potrebbe tradursi in una limatura ai prezzi di ogni auto elettrica compresa tra i 10.000 ed i 15.000 yuan.

Nelle decisioni di spesa della clientela cinese solo un 10% del rincaro potrebbe essere ipoteticamente assorbito, oltre quella soglia anche le vendite di auto elettriche sarebbero destinate a fare quello che da mesi sta facendo il mercato auto nazionale nel complesso: arretrare.

Uno dei costruttori che ha subito risentito delle prospettive traballanti per gli incentivi è stata NIO Inc. La marca, che esce da una perdita 2018 di $1,4 miliardi, ha accusato immediatamente il colpo sul listino di borsa di Shanghai, e non aiuterà il corso azionario della produttrice dell’ES8, un SUV elettrico con ambizioni premium e non troppo meno costoso di un modello occidentale, che le preoccupazioni riguardino anche case che producono auto elettriche assai più abbordabili.

Per BYD, il gruppo con la maggior quota di mercato delle auto elettrificate in Cina, a sua volta debole in borsa nei giorni scorsi, potrebbe voler dire che i miliardi di yuan incalati verso gli acquirenti dei suoi modelli scenderebbero dai 6,45 del 2018 a 2,94 nel 2019.

La marca di Shenzhen nel 2018 aveva aumentato i ricavi del 22,8% grazie a 247.811 veicoli elettrificati immatricolati (il 90% in più rispetto al 2017), ma i profitti erano calati del 31% su base annua per i primi effetti dei tagli agli incentivi e per la crescita delle spese in conto capitale dovute alla spinta all’innovazione.


Credito foto di apertura: sito web BYD