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Non si ferma il fiume di investimenti nelle startup cinesi dell’auto elettrica

Ai giapponesi fa gola una quota della piccola Singulato Motors, ultimo di una serie di round partiti a gennaio con Pony.ai… e che aspetta il trionfo Geely

Il gruppo finanziario Itochu Corp. investirà poco meno di un miliardo di yen (circa $9 milioni) in Singulato Motors, una startup cinese dell’auto elettrica, autonoma e connessa, ha scritto stamattina l’agenzia Reuters.

Quello allocato dal gruppo giapponese non è un investimento enorme, ma pare essere introduttivo a collaborazioni più strette della startup cinese con altre aziende nipponiche, o gruppi auto o della fornitura.

Da un lato questo sottolinea il crescente interesse del mondo degli affari giapponesi verso i nuovi protagonisti (dell’automotive e non) cinese per essere in prima linea negli sviluppi del primo mercato mondiale.

Il fatto che Toyota, Nissan, Honda, muovano con decisione somme importanti per non perdersi una briciola della torta dell’auto promette bene anche per tenere vivo un settore degli investimenti quasi troppo bello per essere vero.

Lo scorso aprile proprio questa startup aveva raccolto fondi molto più floridi di quelli erogati ora da Itochu: tre miliardi di Yuan (al cambio della scorsa primavera circa $ 474 milioni), in gran parte destinati all’avviamento della linea del IS6, un SUV connesso e con ambizioni di autonomia parziale spinto da due motori elettrici da 260 kw, con coppia massima di 580 Nm e una autonomia di 400 chilometri (misurati però col blando standard NEDC).

In primavera un altro nuovo contendente dell’auto elettrica Lifan aveva lanciato un’emissione di azioni rivolta ai soli investitori istituzionali per 2,48 miliardi di Yuan ($390 milioni) da destinare allo sviluppo del prodotto e alla realizzazione di una rete di ricarica.

Luglio era stato invece il mese da ricordare per Xpeng, che dopo soli quattro anni di vita ha raccolto un altro “malloppo” di $600 milioni. Soldi che hanno portato la valutazione di questa startup dell’auto elettrica a oltre sei volte quell’importo.

Tra chi ha avuto fiducia finora in Xpeng ci sono nomi noti del gotha dell’industria asiatica come Alibaba, Foxconn, and Xiaomi, che sembrano convinti che le auto specie se elettriche, autonome e connesse saranno una bella scorciatoia per vendere servizi e raccogliere dati, non per forza in questo stesso ordine. Il che fa felici fondi asiatici che per primi hanno fatto da battistrada, come Morningside Venture Capital, Primavera Capital Group, Hillhouse Capital Group ed Eastern Bell Venture Capital.

Un po’ meno quello che pochi giorni fa ha raccolto un’altra startup dell’auto elettrica: Youxia Motors che ha ricevuto l’equivalente di $350 milioni da Gezhi Capital, fondi che portano il capitale della società a $3,35 miliardi. Le serviranno perché, oltre a una mega-fabbrica per produrre auto elettriche brillanti, l’azienda ha aperto collaborazioni in Europa con Italdesign e con la società britannica Prodrive, per versioni ultra-sportive e perfino da competizione.

In Cina l’afflusso di fondi nella nuova mobilità non si limita alle aziende che costruiscono o costruiranno auto elettriche ma anche a quelle startup che le auto le vogliono far marciare da sole, senza l’ausilio di guidatori.

Nel settore della guida autonoma le due startup più valutate attualmente sono Pony.ai e Roadstar.ai, che puntano entrambe a mettere in strada veicoli di livello 4 di autonomia SAE, quello analogo ai robotaxi di Waymo che oggi sono già in azione sulle strade dell’Arizona (sia pure impegnate a superare più difficoltà di quanto la cugina di Google voglia ammettere, come pare indicare un recente report di The Information).

A gennaio Pony.ai, fondata da ingegneri e ricercatori sull’intelligenza artificiale usciti da Baidu e Google, sono riusciti ad ottenere $214 milioni destinati ai loro progetti. Poco meno è andato ai rivali di Roadstar.ai col primo round di finanziamenti: $128 milioni, con capofila Shenzhen Capital Group e Wu Capital.

In realtà, con il mercato nazionale dei veicoli elettrici giunto nei primi sei mesi del 2018 a vendere 412.000 veicoli (di cui 313.000 veicoli al 100% elettrici, che sempre più di rado sono piccoli quadricicli dai bassi margini di profitto), gli occhi di molti investitori non sono puntati sulle startup ma su uno dei protagonisti tradizionali: Geely.

Il gruppo di Li Shufu (l’azionista più pesante di Daimler AG) guadagna già bene come stanno le cose. Ma non c’è un analista finanziario che ignori che Li ha in mente di portare all’IPO il suo marchio più noto in occidente: Volvo. Una possibile valutazione da $30 miliardi sarebbe il suo capolavoro, perché come noto il gruppo cinese l’aveva acquistata da Ford valutata $1,8…

In questo diluvio di fondi che scivolano verso le casse di startup ambiziose e aziende chiaroveggenti, qualche nota stonata non manca. Anzi, riguarda una delle startup beniamine del mondo dei motori di nuova generazione: NIO.

Con le prenotazioni e la produzione del suo primo SUV elettrico (l’interessante ES8 prodotto negli stabilimenti della statale JAC Motors) che non sembrano ancora decollare, l’azienda ha dovuto ridimensionare l’obiettivo della quotazione in borsa a New York dagli $1,8 miliardi iniziali agli attuali $1,52.

L’abbassamento del target di oltre il 15% non corrisponde solo ad impreviste battute di arresto nella produzione, con dubbi sulla capacità di consegnare 10.000 vetture già quest’anno, ma anche dal mutato umore degli investitori verso le startup cinesi da un lato, ma soprattutto verso quelle che non paiono destinate a fare utili così presto e facilmente.


Credito foto di apertura: sito web Singulato