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Il fresco accordo tra Toyota e Mazda ha un poker di ragioni

Insieme in una nuova fabbrica americana e su auto elettriche, connesse e sicurezza, per non finire ai margini di un mondo dell’auto stretto tra Trump e Tesla

Pochi minuti fa si è conclusa una conferenza stampa congiunta di Toyota e Mazda che ha confermato che tra i due marchi giapponesi si è consolidata una alleanza. Come parte dell’accordo tra Toyota e Mazda ci sarà un intreccio dei rispettivi capitali, con la prima che acquisirà il 5% della partner e la seconda che da oggi avrà lo 0,25% di chi ha inventato lean production e la Prius.

Se questo è ciò che cambia a livello finanziario, passando alla politica industriale comune sono quattro gli obiettivi immediati o a medio termine, precisa la nota rilasciata questa mattina. Il primo riguarda la creazione di una joint venture per produrre in USA crossover per Mazda e Corolla per Toyota. Lo stabilimento richiederà investimenti per $1,6 (€1,36) miliardi, sarà funzionante dal 2021 ed in grado di produrre 300.000 veicoli l’anno.

Che Toyota sia ormai un produttore americano a quasi tutti gli effetti è noto, malgrado le frecciate dell’attuale presidente non l’abbiano risparmiata. Ma l’America è il primo mercato anche per l’assai più piccola Mazda, che però finora là non produce: così, col rischio di tariffe doganali, la nascita di uno stabilimento locale è una buona polizza di assicurazione.

La seconda cosa che i due partner faranno insieme è sviluppare auto elettriche: non si tratta di una novità assoluta perché Mazda già ha iniziato ad utilizzare sistemi ibridi Toyota. Come sappiamo però, fino a poco tempo fa la casa diretta da Akio Toyoda era poco o nulla entusiasta delle auto a batterie.

Ma da poco ha invece deciso di cambiare rotta: ad iniziare dal mercato cinese, dove sarà presto presente con modelli crossover e SUV. La produzione in comune con Mazda su questo versante può essere un contributo al contenimento dei costi, così come la piccola marca nipponica potrà offrire altri modelli in grado di assorbire le nuove batterie Toyota allo stato solido, a partire dal 2022.

In attesa del lontano 2022, il bilancio attuale di Toyota è tutt’altro che in rosso e con un Ebitda ai massimi o quasi degli ultimi cinque anni. Ma in Giappone sono sulla difensiva per il rischio che, per la prima volta dal 1994 (inizio dello scoppio della bolla immobiliare di Tokio e dintorni), i profitti per due bilanci consecutivi diminuiscano.

Per riuscirci ogni contributo a tenere sotto controllo le spese è benvenuto, e considerate la probabilità di spese in conto capitale che l’avvio della produzione di auto a batteria comporta, la condivisione è ben vista. Anche perché per arrivare a completare il terzo obiettivo comune, sviluppare tecnologie per sicurezza ed auto connesse, Toyota e partner non potranno fare a meno di accelerare sulla ricerca e sviluppo. Per questo hanno ampliato la caccia ai talenti in casa e sviluppano collaborazioni sull’innovazione in USA.

Si tratta secondo Toyoda e manager di lungo corso come Nobuhiko Murakami, della sola prevenzione possibile contro il rischio di irrilevanza che ogni gruppo auto corre alle prese con le sfide poste dai giganti della tecnologia che si avventurano nella mobilità: da Google ad Apple. Il senso di urgenza sembra peraltro essere comune a molti marchi giapponesi dell’auto e non.

Appena pochi giorni fa la Nikkei Asian Review aveva compilato una tabella degli incrementi delle spese in ricerca e sviluppo nella manifattura nazionale. Honda Motor è quella che ha aumentato di più (65 miliardi di yen, quasi mezzo miliardo di euro) fino al totale di 750 miliardi di yen (€5,7 miliardi), con crescita percentuale anno su anno del 9,44%.

La rivale Nissan ha aumentato le spese del 7,06%, mentre Subaru a sua volta le ha ampliate del 17,32%. Toyota e Mazda? Le spese della prima sono cresciute solo dell’1,20%, ma nessuna in assoluto spende di più in Giappone: 1.050 miliardi di yen (poco sopra gli €8 miliardi) laddove Mazda ne ha spesi a fine anno fiscale 140, con un incremento del 10,31%.

Con la crescita delle spese per ricerche sulle auto autonome e connesse, e malgrado sia già partito il lavoro del TRI in America ed abbia già prodotto i primi concept e frutti, Toyota non vuole insomma correre rischi di perdere treni che potrebbero non passare più.

Considerando che, secondo i calcoli dell’agenzia Bloomberg al 31 marzo scorso Toyota aveva in cassaforte cash equivalente a €45 miliardi, decidere di investire in alleanze, stabilimenti e ricerca sembra decisamente più il comportamento di un gruppo che cerca di gettare le basi per il futuro piuttosto che un’ottica di breve termine orientata a compiacere gli azionisti passando attraverso la scorciatoia di dividendi o buy-back di azioni proprie.

Quello che l’ex-numero uno del mercato globale sembra cercare ora è affrettare l’intervento sui punti deboli, dove ciò sia possibile senza nemmeno guardare troppo per il sottile facendosi prendere da fisime di marketing o sull’estetica del brand.

La bussola nipponica sembra essere la concretezza, e può persino rivelarsi un esempio di lungimiranza il saper evitare di usare il bilancino del farmacista per capire se ci guadagna di più uno o l’altro (nel caso di questa alleanza, ad esempio la risposta sembra essere Mazda, in effetti).

Del resto Toyota in passato ha acquisito senza traumi quote in Isuzu, Hino e Daihatsu. Visti i tempi di incertezza in Giappone hanno messo da parte vecchi rancori anche due rivali acerrimi come Toyota e Suzuki, che hanno iniziato a collaborare. Anche in questo caso Toyota pare aver guardato ai punti di forza del nuovo amico: la presenza forte nei veicoli a basso costo, nelle compatte e soprattutto in India.

Il quarto ed ultimo obiettivo dell’accordo tra Toyota e Mazda in effetti si traduce nello sviluppare prodotti complementari, il che sembra poter avvenire su prodotti di nicchia, magari specifici per il mercato delle isole del sol levante. Del resto Mazda finora ha fatto con successo proprio questo finora: creare modelli di nicchia, che possono continuare a piacere anche in futuro.

E Toyota non dovrà certo preoccuparsi della gestione del nuovo partner: con valori di ROIC (ritorno sul capitale investito) a 6, Mazda fa persino meglio della nuova alleata, ferma a 4,5…


Credito foto di apertura : ufficio stampa internazionale Toyota