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I ricercatori dell’università di Stanford vogliono tagliare la corda

Uno studio apparso su Nature svela un sistema per ricaricare lampadine LED in movimento e già guarda alle auto

Quello che non è mai stato possibile coi rifornimenti di combustibili fossili (il pieno a distanza) scatena l’immaginazione con il rifornimento di energia elettrica. A molti la colonnina più o meno veloce non piace e dopo i prototipi di sistemi di ricarica wireless per auto e bus e quelli di ricarica via strada asfaltata appositamente equipaggiata, ora due ricercatori dell’università di Stanford (il think-tank di fatto della Silicon Valley) si ingegnano a ricaricare le auto in movimento.

Shanhui Fan e Sid Assawaworrarit stanno lavorando ad un dispositivo in grado di fornite potenza ed estendere l’autonomia dei mezzi elettrici di fatto tagliando il cordone ombelicale con le colonnine o i garage predisposti alla ricarica, una ricerca con il potenziale obiettivo di tenere costantemente in movimento o quasi i futuri veicoli a guida autonoma. Il loro studio è stato pubblicato su Nature, e con il quotidiano San José Mercury News Fan ha commentato: “quello che abbiamo fatto è un significativo passo avanti nel pensare a come trasferire energia verso un oggetto che si muove”.

Prima che si pensi di poter ricaricare una Tesla o una Zoe in movimento il mese prossimo, un caveat: finora il team di Stanford è riuscito ad inviare una carica da 1 milliwatt ad una lampadina LED in movimento. Il che comporta che prima di poter ricaricare un’auto elettrica in movimento in autostrada da una fonte a bordo strada passerà del tempo.

Shanhui Fan ed i suoi collaboratori sono però convinti di poter con tempi ragionevoli non solo aumentare la quantità di energia trasferita ma anche di estendere la distanza a cui farla arrivare. Il riuscire o meno nell’arrivare a quel traguardo potrebbe avere un impatto sul modo in cui saranno progettati i veicoli elettrici del futuro.

Disporre di dispositivi di ricarica stradali meno complessi e costosi di quelli che prevedono di infrastrutturare chilometri e chilometri di asfalto potrebbe consentire di limitare le caratteristiche delle batterie ed il loro costo, che oggi sono ancora la voce più importante nella realizzazione di un’auto elettrica a diciotto carati, anche se in costante diminuzione: Peter Martens, responsabile ricerca e sviluppo Audi, ha da poco specificato in €100 per kWh il costo attuale per la casa di Ingolstadt ($114 contro i $145 indicati da GM per le celle delle Bolt appena due anni fa).

La ricarica wireless, che si basa sul principio della risonanza magnetica, non crea problemi da fermo ma così non è in movimento, per la necessità di tenere in allineamento trasmettitori fermi e ricevitori in movimento. Il gruppo dell’università di Palo Alto, dopo aver sondato soluzioni più convenzionali, ha deciso di eliminare la sorgente radio nel trasmettitore sostituendola con un amplificatore ed un resistore: il trasferimento di potenza (nella breve distanza dell’esperimento) non ha così più risentito dell’orientamento della bobina ricevente collegata al LED.

Se in uno schema convenzionale la brillantezza della luce LED risente di distanza ed orientamento, la brillantezza è invece rimasta costante fino a tre piedi di distanza dall’emettitore, malgrado i materiali impiegati fossero di origine strettamente commerciale e non realizzati specificamente per minimizzare efficienza e dispersioni. Il gruppo di Shanhui Fan ha provveduto a depositare il brevetto per la soluzione, che la maggioranza degli esperti interpellati dal Mercury News si attendono peraltro di più imminente applicazione nell’elettronica di consumo che nell’automotive.


Credito foto di apertura: ufficio stampa Ford Europa