General Motors si muove per colmare il gap sulle batterie LFP
A Detroit si attrezzano per essere pronti a schierare una futura gamma di veicoli elettrici abbordabili e vanno direttamente alla fonte cercando un accordo di licenza con CATL per una nuova Gigafactory nordamericana
General Motors sta negoziando con il colosso cinese delle batterie CATL per stipulare un contratto di licenza sulla tecnologia delle batterie a base ferrosa, da utilizzare nel realizzare un impianto di produzione di celle LFP in Nord America.
I dettagli sono ancora scarsi al riguardo e provengono da fonti della stampa specializzata cinese, ma una certezza è che l’operazione avrebbe caratteristiche simili a un accordo analogo stretto da CATL con l’altro gruppo di Detroit, Ford, per la realizzazione di un impianto in Michigan.
La costruzione di questa fabbrica è stata peraltro rallentata dai piani dell’Ovale Blu che reagiscono a una domanda inferiore alle attese specialmente per il pickup elettrico F-150 Lightning e di conseguenza la capacità limitata, con circa metà GWh della produzione di celle prevista entro fine decennio rispetto agli originari 35 GWh.
L’impianto General Motors/CATL punterebbe sulla licenza piuttosto che su un vero accordo di joint venture come è comune tra i Big3 di Detroit e le case rivali della Corea del Sud, per evitare spinosi contrasti con Washington, che sia nella sponda democratica che in quella repubblicana gradisce mettere la manifattura cinese nel mirino. Non è ancora chiaro se la Gigafactory sorgerà negli Stati Uniti o in Messico.
Tra Ford e CATL l’accordo prevede che la seconda sia responsabile della costruzione delle linee di produzione di batterie, della creazione della filiera di approvvigionamento, della messa in servizio delle apparecchiature della linea di produzione e della gestione dei processi produttivi, mentre le spese in conto capitale della fabbrica sono interamente a carico della casa automobilistica.
CATL sarebbe quindi un fornitore dell’hardware e dei processi della fabbrica come oggi lo sono Comau, Siemens o ABB per altre Gigafactory, e non possiederebbe una quota dell’impianto. Il gruppo cinese riscuoterebbe però le royalty dei brevetti e fee.
A vantaggio di CATL in questo caso, rispetto agli investimenti americani di LG Energy Solution o di SK On e altri, questo modello di licenza tecnologica comporta ovviamente un più limitato esborso di capitale e margini di profitto più elevati.
L’apertura dello stabilimento di batterie Ford è attualmente prevista per il 2026 e quindi, se l’accordo con General Motors dovesse concretizzarsi, la fabbrica risultante probabilmente aprirà intorno al 2027 o inizio 2028. Finora i produttori di batterie giapponesi e coreani controllano l’80% del mercato nordamericano delle batterie per veicoli elettrici.
Ma coreani e giapponesi sono specializzati nelle celle ad alto contenuto di nichel, mentre gli accordi Ford e quello potenziale General Motors riguardano batterie LFP al litio ferro fosfato più economiche da produrre e quindi molto adatte per la produzione di veicoli elettrici alla portata di molti budget familiari.
L’accordo di licenza è in gran parte il risultato delle recenti normative statunitensi. Ai sensi dell’Inflation Reduction Act, Washington concederà un sussidio di $7.500 a qualsiasi veicolo elettrico prodotto in Nord America, di cui $3.750 andranno al produttore della batteria a condizione che i componenti che costituiscono più della metà del costo della batteria siano prodotti o assemblati in Nord America.
Le normative americane relative alle “entità straniere di tensione” (FEOC) implicano cautela per CATL e rivali nazionali riguardo alle mosse su quel mercato. Rientrare nelle limitazioni FEOC comporta che i crediti d’imposta per i veicoli elettrici possono essere trattenuti se i componenti o le materie prime della batteria provengono da determinati paesi, Cina inclusa. Tutte le società costituite in Cina o nelle quali la mano pubblica detenga il 25% o più del capitale saranno probabilmente considerate FEOC.
Le caratteristiche delle celle LFP sono da tempo ben chiare ai manager e progettisti General Motors, che avrebbero iniziato a considerarle come pilastri della produzione più abbordabile della propria gamma.
In altre parole questo tipo di celle si potrebbe presentare adeguato a supportare i modelli più economici che dovrebbero concretizzarsi ad esempio nella nuova generazione di citycar Chevrolet Bolt, arrivate a fine vita utile ormai, ma che i vertici aziendali hanno già anticipato riemergeranno dall’oblio in nuova veste.
Quello dei veicoli a prezzo abbordabile collegato alla produzione di celle LFP è più o meno il contesto che proprio in questo periodo ha fatto emergere la notizia di Tesla intenzionata ad aprire le porte a CATL per una prossima espansione della fabbrica di batterie aperta insieme a Panasonic in Nevada. Al contrario dei coreani, i giapponesi non sono avanti sulla ricerca e sviluppo nelle celle a base ferrosa per controbattere ai cinesi leader di questa tecnologia.
La casa di Elon Musk quindi avrebbe deciso che tra i molti presupposti per lanciare un modello a prezzo accessibile ($25.000) che definitivamente collocherebbe Tesla tra i gruppi auto generalisti oltre a significativi cambiamenti nei processi di produzione ci sarebbe anche il ricorso alle batterie LFP di cui CATL (e la rivale BYD) sono indiscussi protagonisti.
Dopo aver convertito una quota rilevante della produzione globale alle celle LFP a partire dal 2020, Tesla sta quindi usando la tecnologia CATL nell’ampliamento dell’impianto a Sparks, e tale contributo alla futura produzione del modello super-economico appare essenziale.