MATERIE PRIME

La bio-grafite di Carbonscape non è un regalo di Natale alla Cina

Una startup neozelandese partendo da legno di scarto delle foreste e trucioli vuol trasformare le batterie dei veicoli elettrici e renderle molto più sostenibili, intervenendo proprio in una delle materie prime oggi più critiche

Cercando un argomento natalizio per un post da pubblicare il 25 dicembre difficilmente se ne poteva trovare uno più in tema di quello che riguarda uno dei simboli del Natale: l’albero. O magari più precisamente il legno: perché sempre più interesse desta il lavoro di ricerca e sviluppo che riguarda la bio-grafite, una alternativa del tutto green (e anche il verde dopo tutto è uno dei tipici colori del Natale) alla grafite sintetica (a base di petrolio) e naturale (estratta).

Questa materia prima rappresenta fino al 30% o più della massa di una batteria, costituendo la maggior parte dell’anodo di una cella agli ioni di litio. In Nuova Zelanda in particolare, ormai da sette anni la startup CarbonScape sta lavorato a un processo sulla bio-grafite, da poco tempo brevettato.

Con risultati così incoraggianti che il colosso scandinavo della silvicoltura rinnovabile Stora Enso, il produttore di batterie Amperex Technology (controllato dal gruppo giapponese TDK) e altri partner quest’anno hanno investito nel potenziale di chi utilizza sottoprodotti della silvicoltura e dell’industria del legno come trucioli di legno e segatura per produrre un materiale che oggi sia nel lato estrattivo che soprattutto in quello della produzione e raffinazione è una quasi esclusiva della Cina.

Il paese leader nel settore della mobilità elettrica e della sua filiera nelle scorse settimane proprio sulla grafite ha introdotto dei controlli più stringenti che hanno fatto tremare inizialmente produttori di batterie e gruppi auto occidentali, sebbene poi non abbiano portato ad una effettiva serrata sulle esportazioni di grafite. Ma il tema resta scottante perché la Cina estrae il 60% della grafite naturale, e produce il 69% della grafite sintetica. E raffina quasi tutta la grafite ad alta purezza utilizzata nelle celle agli ioni di litio.

Rispetto alla concorrenza la bio-grafite ha un’impronta di carbonio addirittura negativa, che le consente di risparmiare fino a 30 tonnellate di emissioni di CO2 per tonnellata di materiale rispetto alla grafite sintetica o estratta. La grafite a base di legno consentirebbe ai produttori di batterie di ridurre l’impronta di carbonio di ogni batteria per veicoli elettrici di quasi il 30%, riducendo potenzialmente le emissioni del settore delle batterie EV di oltre 86 milioni di tonnellate di CO2 all’anno entro il 2030.

Ivan Williams, che a creato la startup, utilizzerà il denaro fresco degli investitori per creare processi su grande scala e sviluppare ulteriormente piani per impianti di produzione in Europa e negli Stati Uniti. Il tutto partendo dalla raccolta di trucioli di legno dalle segherie di tutto il mondo, pertanto un positivo e anche clamoroso esempio di applicazione di economia circolare.

In un impianto di prova nella pittoresca regione vinicola di Marlborough, in Nuova Zelanda, Williams e il suo team alimentano i trucioli di legno in macchine che producono una forma di grafite sintetica. Dice che il materiale ingegnerizzato è puro come la grafite sintetica ricavata da combustibili fossili.

Anche a causa dell’attuale semi-monopolio cinese nel settore, la grafite è stata designata come minerale critico negli Stati Uniti così come nell’Unione Europea: in entrambe i mercati le istituzioni incoraggiano con apposite normative una maggiore produzione mineraria a livello locale.

“La nostra missione è quella di decarbonizzare l’industria delle batterie”, sostiene Williams, che ritiene che la tecnologia possa essere utilizzata ovunque con un numero sufficiente di scarti di legno. “Questo risolve anche altri problemi, tra cui la localizzazione delle catene di approvvigionamento”.

Trovare un’offerta alternativa di materie prime chiave non è facile. La costruzione di una miniera può richiedere anni, in particolare nei paesi sviluppati con procedure di autorizzazione rigorose. Le tecnologie promettenti possono non essere testate su larga scala e gli sviluppatori spesso hanno bisogno di fondi per espandersi. Il sostegno del governo può essere vulnerabile quando un nuovo leader prende il potere.

Nella tecnologia delle batterie, l’innovazione sta avvenendo in modi che potrebbero ridisegnare le prospettive per la domanda di grafite, che l’Agenzia Internazionale per l’Energia stima potrebbe aumentare fino a 25 volte da oggi al 2040.

Le criticità di minerali come litio, nichel, cobalto ma anche grafite fanno sì che alcuni laboratori e produttori di batterie da tempo stiano sviluppando celle che non utilizzano minerali critici, ad esempio utilizzando il sodio al posto del litio e nella maggior parte dei casi facendo ricorso ad anodi in hard carbon. Sebbene l’hard carbon si possa ottenere da sottoprodotti della raffinazione petrolifera, può in modo più sostenibile essere ricavato da scarti dell’industria del legno o perfino della pesca.

Proprio la scandinava Stora Enso che sta investendo anche in CarbonScape, da tempo è al lavoro sulla tecnologia e già produce il suo Lignode, un hard carbon che è un’alternativa a base di lignina, sottoprodotto presente nella produzione di cellulosa. È un materiale rinnovabile, tracciabile e già prodotto in milioni di tonnellate in Europa.

Gli scandinavi, che hanno una quota di circa il 15% nella startup, hanno già consegnato campioni di legno nordico per test presso lo stabilimento neozelandese. Per avere successo, il piano di CarbonScape dovrà soprattutto misurarsi con la capacità della sua tecnologia di poter competere con altre forme di grafite in termini di costi, non escluso l’interesse dimostrato da alcuni produttori per riciclare la grafite naturale già contenuta nelle batterie ma arrivate a fine vita.

Se oggi CarbonScape lavora su scarti della produzione di legname, Williams ritiene che potrebbe anche utilizzare lo scarto che resta disponibile nelle foreste durante il disboscamento, contribuendo a ripulire maggiormente terreni che altrimenti lascerebbero più carburante in grado di alimentare incendi.

Il legno viene sottoposto a un processo noto come pirolisi (il classico principio utilizzato da molti riciclatori di materiali di batterie esauste) per creare biochar, un materiale ricco di carbonio che viene poi macinato e convertito in una forma grezza di grafite.

Questo viene purificato e rivestito per ottenere la qualità necessaria per gli anodi della batteria. CarbonScape afferma di essere in grado di produrre già una tonnellata di grafite sintetica da sette tonnellate di trucioli di legno. I traguardi della società neozelandese riguardano soprattutto la capacità di ottenere materiali dalla purezza molto, molto elevata che è categoricamente richiesta a tutti i minerali delle batterie per uso veicolare, una istanza che riguarda anche le altre materie prime, a cominciare da litio e nichel.

Williams ha affermato che CarbonScape sta sviluppando la tecnologia dal 2016 e può produrre in modo affidabile grafite sintetica. Secondo il fondatore la grafite messa alla prova dagli investitori ha già raggiunto performance ragguardevoli. “Tuttavia, i maggiori vantaggi della bio-grafite di CarbonScape non sono le prestazioni superiori, ma la riduzione dell’impronta di carbonio”, ha affermato Joe Kit Chu Lam, vicepresidente esecutivo di ATL.

La grafite prodotta da combustibili fossili in effetti richiede molta energia perché viene portata a 3.000 gradi durante la lavorazione creando gas clima-alteranti e particelle fini dannose per la salute umana. Le temperature necessarie per creare grafite dai trucioli di legno sono più basse e il processo richiede ore piuttosto che settimane.

Il costo di produzione di grafite sintetica dal legno utilizzando la tecnologia CarbonScape è competitivo rispetto alla produzione di grafite dai combustibili fossili, sostiene Williams, senza fornire ancora cifre dettagliate. CarbonScape mira a selezionare presto un sito per il suo primo impianto commerciale. Sta guardando al Nord dell’Europa e anche agli stati sud-orientali degli Stati Uniti. In entrambe le location potenziali ci sono norme favorevoli, così come grandi boschi e prezzi dell’elettricità da energia rinnovabile interessanti.

Un impianto commerciale produrrebbe in genere più di 10.000 tonnellate di grafite sintetica all’anno, significativamente più grande dell’operazione pilota da 5 tonnellate di CarbonScape. A differenza dei combustibili fossili, la biomassa è una forma di energia rinnovabile e alle obiezioni che temono rischi di deforestazione molto comuni nei paesi in via di sviluppo, chi propone la tecnologia della bio-grafite risponde in due modi.

In primo luogo con la trasparenza della tracciabilità di poli produttivi insediati nei paesi più attenti alla sostenibilità. In secondo luogo nel caso del materiale di origine utilizzato si sottolinea che andrebbe a interessare scarti del legno già prodotti ma migliorandone la destinazione d’uso, perché oggi questo sottoprodotto è di norma utilizzato nella filiera della bioenergia che produce elettricità.

Sebbene l’energia ottenuta da biomasse sia un fattore migliorativo, rispetto a quella prodotta da carbone e altre origini fossili, Carbonscape vorrebbe rendere l’uso del legno di scarto ancora migliore e invece di rilasciare carbonio nell’atmosfera, portarlo in prodotti che rimarranno molto più a lungo nella catena del valore.

credito foto di apertura: Veronica Gomez Ibarra su Unsplash