OPINIONI

I nomi dei tre vincitori sui carburanti sintetici ammessi oltre il 2035

Il ministro-FDP Volker Wissing ha combattuto la battaglia per i carburanti sintetici costringendo Bruxelles alla deroga; saranno Porsche e Ferrari a beneficiarne (e i loro clienti, se otterranno sussidi nazionali)

La settimana che si sta concludendo è stata quella dell’archiviazione della normativa europea che prevede per il 2035 commercializzazione per i soli veicoli passeggeri a zero emissioni locali, ratificata a maggioranza (e con astensione dell’Italia, che tecnicamente vale come opposizione) dai ministri dell’Energia.

Il bando dell’auto convenzionale aveva superato nell’estate 2022 l’ultimo apparente ostacolo del Parlamento continentale, per poi trovarne a partire da inizio marzo uno molto più ripido e almeno per molti osservatori inatteso.

È stato infatti necessario un apposito accordo sulla controversa appendice che (al posto della precedente deroga per piccole case auto dai volumi molto limitati come sono oggi in Italia marchi quali Pagani o Dallara) ammetterà anche la possibilità di vendere modelli di auto con motori termici alimentati esclusivamente da carburanti sintetici oltre il 2035.

Ritardare la ratifica del bando alle auto convenzionali per qualche giorno era apparso un successo della politica italiana, almeno fino a quando è diventato chiaro a tutti che non esisteva alcun asse Roma-Berlino, ma un interesse esclusivo di alcuni sui carburanti sintetici.

Così il risultato ha prodotto tre chiari vincitori: Volker Wissing, Porsche e Ferrari.

Si tratta sì di vincitori italiani e tedeschi, ma probabilmente non proprio quelli che a Palazzo Chigi si attendevano. E poiché il meno conosciuto dei tre vincitori è il politico del partito liberal-democratico FDP vale la pena partire proprio da lui.

Wissing ha lanciato l’offensiva per bloccare il compromesso dell’UE sul bando ai motori a combustione interna a pochi giorni dalla ratifica con una intervista alla TV pubblica ARD in cui sembrava ripetere argomenti cari ad Akio Toyoda, più che a quelli di un amministratore delegato di una casa premium tedesca.

Il succo dell’argomento era che “il nemico sono le emissioni, non l’auto termica”. Come dire: i carburanti fossili, non i pistoni e le bielle.

Sebbene pistoni e bielle e in generale un settore che fa della Germania il primo produttore di auto ed impiega oltre 800.000 persone non siano un dettaglio di poco conto, quello di Wissing è apparso però fin dall’inizio della sua offensiva un esempio di greenwashing.

Perché lo ha chiarito in un breve commento su LinkedIn William Todts, della ONG ambientalista Transport & Environment, particolarmente attiva nei contesti dell’inquinamento, delle emissioni e dei trasporti. Todts ha riassunto la vicenda dei carburanti sintetici: “…la saga degli e-fuel è stata avviata, organizzata e finanziata dal settore petrolifero. Gli e-fuel per le auto non sono mai stati una soluzione climatica seria. Si trattava sempre di far deragliare l’elettrificazione e veicoli elettrici”.

Per decenni l’oil and gas non aveva preso sul serio la minaccia dell’auto elettrica, fino a dopo che la ONG internazionale ICCT aveva portato alla luce la telenovela dieselgate e si sono avute prove globali di successive e continue forme di aggiramento delle norme sui consumi e le emissioni.

Le grandi compagnie petrolifere dal 2016 in poi hanno intensificato la promozione di “combustibili puliti” come asserita alternativa ai veicoli elettrici ed essi, con sostegno da alcune case auto, in primis i giapponesi e BMW, hanno difeso la posizione dietro al principio di neutralità tecnologica, chi per spingere l’idrogeno in particolare nell’ultimo caso, chi invece i carburanti sintetici.

Ma Bruxelles e Strasburgo, ovvero Commissione europea ed eletti dai cittadini, hanno più volte respinto gli emendamenti per rilanciare gli e-fuel tra 2016 e 2019. Contemporaneamente all’arrivo del Green Deal della Commissione von der Leyen, anche l’associazione datoriale eFuel Alliance ha rilanciato le attività di lobbying.

Ma i legislatori dell’Unione Europea hanno nuovamente respinto al mittente dichiarando gli emendamenti sui carburanti sintetici come impraticabili, per promuovere una tecnologia inefficiente e una distrazione di attenzione ed investimenti. I sostenitori dei carburanti sintetici avevano però mantenuto il sostegno di alcuni legislatori, in particolare in Germania nel piccolo partito liberal-democratico FDP.

Così, secondo Todts, fallite tutte le pressioni precedenti, l’industria dell’energia tradizionale avrebbe puntato ancora su vecchi amici per tenere la politica climatica dell’UE ostaggio di una discussione su un emendamento caro all’industria petrolifera. Troppo complicata, o perfino complottista, come lettura?

Il 28 marzo scorso l’amministratore delegato IVECO Gerrit Marx ha commentato con l’agenzia Bloomberg di non ritenere i carburanti sintetici una via percorribile per raggiungere la neutralità climatica sui mercati di massa, definendoli anzi “champagne per la propulsione”, constatando che oltre il 2035 questo non sarà però un problema per possessori di Porsche o Ferrari.

L’aspetto più preoccupante secondo il CEO del gruppo dei veicoli commerciali è che i carburanti sintetici non siano adatti a rimuovere per l’Europa la dipendenza da paesi che producono combustibili fossili: “indovinate chi vuole diventare il produttore numero uno di e-fuel ? L’Arabia Saudita. Stiamo sostituendo una fonte con un’altra, ma dalla stessa regione di origine”.

L’opposizione di Wissing all’approvazione del bando da usare come moneta di scambio con Bruxelles, però aveva anche origini interne e assai poco celate. È nata sullo sfondo di una generale dimostrazione di attaccamento del pubblico tedesco all’auto.

A questo si abbina una contrapposizione molto intensa nella coalizione a tre che governa Berlino tra il ministro verde dell’Economia Robert Habeck e il ministro liberal-democratico delle Finanze Christian Lindner, amico personale del CEO Porsche e Volkswagen Oliver Blume e noto fan delle auto sportive.

Divisi su molti problemi, i due alleati “separati in casa” lo sono stati quasi da subito, dalle risorse da destinare ai trasporti pubblici a quelle sull’innovazione, con il freno del debito pubblico che sarà ripristinato da quest’anno e che determina una “coperta corta” in cui non tutte le richieste di spesa e di investimenti per il 2024 potranno avere riscontro positivo.

Un aspetto da non trascurare è che i carburanti sintetici non rientrano subito tra queste voci a rischio, visto che Berlino ha già stanziato entro il 2026 €1,9 miliardi di aiuti e sovvenzioni, destinando a questo settore una quota delle risorse del PNRR locale, molto più piccolo di quello italiano.

In questo scenario Bruxelles ha finito per cedere e l’accordo fondamentale tra Germania e Unione è stato raggiunto nella tarda serata di venerdì, otto giorni fa, con Wissing che ha dichiarato alla conclusione: “in negoziati molto dettagliati e costruttivi, siamo riusciti a garantire l’elemento di neutralità tecnologica nel quadro della regolamentazione dei limiti della flotta. Questo apre la strada alle nuove immatricolazioni dopo il 2035 di veicoli con motori a combustione che utilizzano solo carburanti CO2 neutrali”.

Il compromesso su come le nuove auto con motore a combustione interna possano essere immatricolate anche dopo il 2035, comporta nuove regole perché non potranno usare nei loro serbatoi anche combustibili fossili. Come precisa ancora il ministro della FDP, saranno “fissati in modo vincolante specifici passaggi procedurali e un calendario concreto”.

Dovrà essere creata una categoria di veicoli che usa carburanti esclusivamente sintetici e integrata nella regolamentazione di flotta; il processo deve essere completato entro l’autunno 2024. Questo ha lo scopo di istituire anche una procedura di omologazione affidabile e a prova di elusione.

Al congresso della VDA, l’associazione delle case auto tedesche, Wissing lo scorso 29 marzo ha difeso la sua battaglia. Sebbene per difendere la neutralità tecnologica un approccio multi-track possa complicare i piani industriali dei gruppi auto, specie in un’era di costo del denaro alto in cui gli investimenti diventano più preziosi che mai, il ministro si è difeso dicendo che la battaglia è stata “buona per la gente”.

La presidente dell’associazione Hildegard Müller lo ha ringraziato per aver rappresentato gli interessi della Germania e dell’industria dell’auto con successo. L’apprezzamento non cambia però che alcuni manager tedeschi non abbiano sentito il bisogno di carburanti sintetici per i veicoli immatricolati dopo il 2035.

In particolare Thomas Schäefer di Volkswagen e Oliver Zipse di BMW, che hanno rilasciato dichiarazioni quasi in fotocopia, commentando di vederne un potenziale uso per le flotte esistenti prima del 2035, ma privi di un vero impatto sulla de-carbonizzazione. E in particolare a Zipse e BMW non si può imputare alcun reato di lesa neutralità tecnologica, visto che a Monaco continuano a lavorare sull’idrogeno insieme a Toyota.

Ma Volkswagen e BMW non sono come detto i beneficiari: si tratta di Porsche e Ferrari e indicati come tali dai commentatori specializzati praticamente da subito dopo che la ratifica del bando agli ICE nel 2035 era slittata.

E considerata la solidità dei rapporti tra Porsche e partito liberal-democratico, c’erano pochi dubbi che il CEO Blume avrebbe visto con simpatia lo sforzo di Wissing e la pressione messa alle istituzioni comunitarie, sostenendo le possibilità di coesistenza di mobilità elettrica e carburanti sintetici, come ha fatto in molte occasioni pubbliche.

In questo caso il punto focale per Stoccarda infatti è il suo modello iconico: 911. È la halo car della gamma e anche un veicolo per il quale non è mai stato fatto da manager e ingegneri nemmeno un cenno ad una possibile versione al 100% elettrica, malgrado sappiamo che entro il 2030 Porsche intenda offrire l’80% della sua gamma come veicoli elettrici a batteria.

Al contrario di sportive americane come Ford Mustang o Dodge Challenger, in qualche caso coetanee della 911, la vettura che incarna l’essenza Porsche continuerà ad avere le bielle e i pistoni. Ormai anche dopo il 2035, visto che potranno bruciare carburanti sintetici. Sebbene sappiamo già che i carburanti sintetici siano interessanti anche per il settore dell’oil and gas, resta il fattore dei costi.

Porsche ha già provato a realizzare carburanti sintetici in un impianto-pilota in Patagonia a Punta Arenas e sebbene la fattibilità tecnologica sia ampiamente dimostrata, quella commerciale è tutto un altro discorso.

Secondo il governo federale tedesco attualmente un litro di combustibile liquido prodotto grazie all’elettricità costa attualmente circa €4,50, con costi di produzione aggiuntivi da circa tre a sei volte superiori a benzina e diesel.

I carburanti sintetici vengono prodotti utilizzando elettricità da idrogeno e CO₂ catturata direttamente dall’atmosfera. Porsche ha aperto la fabbrica nel mese di dicembre e 130.000 litri devono essere prodotti lì inizialmente. Ma per ora si è trovata applicazione concreta agli e-fuel solo nelle competizioni auto, dove il prezzo di componenti e materiali di consumo è del tutto differente da quello delle linee di montaggio dai grandi volumi.

Durante una recente occasione pubblica la manager Porsche Barbara Frenkel ha sostenuto che dal suo punto di vista gli e-fuel non dovrebbero essere più costosi della benzina o del gasolio, in futuro.

In altre parole, come suggerito dalla signora Frenkel ad un evento del Business Press Club di Stoccarda, ci si potrebbe aspettare dalla politica un bonus per i carburanti sintetici, ovvero incentivi per gli e-fuel, per portarli su un piano di parità coi combustibili fossili.

Come dire che l’idea di neutralità tecnologica “per la gente” che piace al ministro Wissing per essere messa in pratica potrà pretendere un sacrificio alle casse dei vari paesi in cui saranno disponibili.

Questo sembra implicare che anche a medio termine non si preveda di abbassare realmente il prezzo praticabile per un litro di e-fuel a quello della benzina. Ma forse la tecnologia (se ben collocata geograficamente) consentirà di non richiedere grossi sacrifici ai cittadini per consentire a proprietari di Porsche e Ferrari di fare il pieno.

Il 19 marzo scorso il gruppo industriale (con sede a Stoccarda proprio come Porsche) Mahle infatti si è dichiarato ottimista sul fatto che i prezzi elevati del carburante sintetico attuale potrebbero scendere in modo significativo. Il CEO Arnd Franz ritiene infatti che meno di due euro al litro siano fattibili.

Anche lui, come il collega IVECO, ha già in mente un mercato per la produzione di combustibili sintetici: il Medio Oriente è l’opzione più conveniente, ritiene, grazie alla combinazione di elevata radiazione solare, forza finanziaria degli investitori locali, a cui si aggiungono rotte di trasporto consolidate e la necessità di trasformare l’economia dell’area dai combustibili fossili alla sostenibilità.

E il terzo vincitore, oltre a Wissing e Porsche? L’amministratore delegato Ferrari Benedetto Vigna lunedì scorso durante un evento Reuters Newsmaker ha commentato con favore la possibilità di esentare le auto alimentate con e-fuel dal previsto bando da parte dell’Unione Europea ai nuovi veicoli con motore a combustione, in quanto daranno alla casa di Maranello “maggiore libertà” sui suoi sistemi di alimentazione.

Ferrari in questo caso si è trovata impegnata in una coalizione vincente, ma forse nel curioso ruolo toccato all’esercito prussiano a Waterloo, arrivato sul campo di battaglia quando gli inglesi avevano sconfitto Napoleone, ma in tempo per festeggiare il successo.

La possibilità per i modelli ICE del Cavallino, tutti fino a pochissimi mesi fa, di andare oltre il 2036 quando Ferrari sta già producendo auto ibride ricaricabili e ha promesso il suo primo veicolo completamente elettrico per il 2025 rende il business plan di questa miniera di utili ancora più flessibile.

Presentando il suo piano industriale lo scorso anno, Ferrari ha dichiarato che entro il 2030 i modelli completamente elettrici e ibridi rappresenteranno l’80% di quelli della sua gamma, mentre il 20% sarà ancora alimentato da motori a combustione interna.

Echeggiando il concetto con cui ha aperto le argomentazioni del suo approccio il ministro Wissing, di neutralità tecnologica, Vigna ha ribadito che la casa non vuole dire ai clienti quale auto usare, “ma mettere a loro disposizione tre tipi di propulsione (ibrida, elettrica e ICE)e loro sceglieranno”.

C’è anche un perdente oltre a 3 vincitori alla fine di questa settimana o per meglio dire di questo mese di marzo di acceso confronto? Almeno uno sì: l’efficienza. In tempi non sospetti, era giugno dello scorso anno, Martin Seiwert sulla testata finanziaria Wirtschaft Woche (come immaginerete non esattamente un club di tree-hugger) aveva chiesto commenti ad esperti tedeschi sul potenziale dei carburanti sintetici.

E Seiwert aveva scritto che ,a differenza dei politici, gli ingegneri conoscono le leggi della natura: “gli e-fuel sono elettricità verde che viene convertita in idrogeno, convertita in metanolo, convertita in benzina sintetica. Così tanta energia viene persa durante l’intera conversione che il conducente dell’auto a batteria può arrivare sei volte più lontano del conducente dell’e-fuel con la stessa quantità di elettricità verde. Per €60 100 chilometri. Oppure 600 chilometri. Il 99% dei tedeschi probabilmente non deve pensarci due volte”.

Credito foto di apertura: ufficio stampa Porsche