BATTERIE

A Stanford trovata la chiave per tenere a bada l’eterogeneità delle batterie

In California ricercatori guidati dalla professoressa Simona Onori, sviluppano modelli efficienti che fanno durare a lungo le batterie adattando la ricarica di ciascuna cella in base alla singola capacità, per evitarne il degrado

I ricercatori della Stanford University hanno messo a punto un nuovo modo per far durare più a lungo i pacchi batterie con celle agli ioni di litio e andare incontro a un deterioramento inferiore nel corso delle ricariche rapide.

La loro ricerca, pubblicata a inizio novembre su IEEE Transactions on Control Systems Technology, mostra come la gestione attiva della quantità di corrente elettrica che scorre verso ogni cella in un pacco, piuttosto che fornire la carica in modo uniforme, sia in grado di ridurne al minimo l’usura.

L’approccio vuole di fatto risolvere un problema di controllo ottimale (OCP), la cui soluzione consenta efficacemente a ogni cella di vivere la sua vita nel modo più efficiente e più a lungo. Secondo Simona Onori, autrice dello studio e docente presso la Stanford Doerr School of Sustainability, nonché direttrice dello Stanford Energy Control Lab, le simulazioni iniziali suggeriscono che le batterie gestite coi nuovi protocolli potrebbero gestire almeno il 20% in più di cicli di carica-scarica.

Anche nel caso di vita operativa che preveda frequenti ricariche ultra-rapide, eventi che come sappiamo mettono a dura prova la batteria, e creano discrepanze nelle curve di ricarica tra i vari modelli di auto, inclusi quelli premium, come vari studi sul campo hanno già confermato.

La maggior parte degli sforzi precedenti per prolungare la durata della batteria delle auto elettriche si sono concentrati sul miglioramento dell’ingegnerizzazione, dei materiali e della produzione di celle singole, sulla base della premessa che, come gli anelli di una catena, un pacco batteria è buono solo quanto la sua cella più debole.

Il nuovo studio di Stanford inizia mettendo a fuoco un aspetto della eterogeneità delle batterie: se gli anelli deboli sono inevitabili (a causa delle imperfezioni di produzione e anche perché alcune celle si degradano più velocemente di altre quando sono esposte a stress come il calore), le loro carenze non devono riverberarsi necessariamente sulle prestazioni dell’intero pacco. La chiave è adattare le velocità di ricarica alla capacità unica di ogni cella di evitare guasti.

Così ha riassunto i risultati la docente di Stanford: “se non affrontate correttamente, le eterogeneità da cella a cella possono compromettere la longevità, la salute e la sicurezza di un pacco batterie e indurne un malfunzionamento precoce. Il nostro approccio equalizza l’energia in ogni cella del pacco, portando tutte le celle allo stato finale di carica mirato in modo equilibrato e migliorando la longevità del pacco”.

Parte dell’impulso a intraprendere questa ricerca proviene da un annuncio Tesla che aveva svelato di lavorare ad una “batteria da un milione di miglia”, un obiettivo consentito dai risultati delle ricerche dello scienziato Jeff Dahn, il cui gruppo di ricerca canadese è da sempre strettamente legato alla ricerca e sviluppo sulle batterie operato dalla società texana. Un valore poi addirittura raddoppiato (ovvero 3,5 milioni di chilometri) come traguardo del lavoro in corso presso il laboratorio Dalhousie.

Come noto la batteria di cui si parlava e ancora si parla sarebbe in grado di alimentare un’auto per 1 milione di miglia o più (con ricarica regolare) prima di raggiungere il punto in cui, come la batteria agli ioni di litio in un vecchio telefono o laptop, la batteria di un’auto elettrica (oltretutto con la caratteristica di aver scelto per l’occasione dei catodi NMC largamente commercializzati) mantiene troppo poca carica per essere funzionale all’uso veicolare.

Tale batteria supererebbe la garanzia tipica delle case automobilistiche per le batterie dei veicoli elettrici di otto anni o 100.000 miglia. Sebbene i pacchi batteria superino regolarmente la loro garanzia, la fiducia dei consumatori nei veicoli elettrici potrebbe essere rafforzata se le eventualità di costose sostituzioni del pacco batteria diventassero ancora più rare.

Una batteria in grado di mantenere una carica dopo migliaia di ricariche potrebbe anche facilitare l’elettrificazione dei mezzi commerciali a lunga percorrenza e l’adozione di sistemi vehicle-to-grid nelle quali le batterie dei veicoli elettrici immagazzinerebbero e restituirebbero energia alle reti elettriche.

“In seguito è stato spiegato che il concetto di batteria da un milione di miglia non era in realtà una nuova chimica, ma piuttosto un modo per far funzionare la batteria non facendole utilizzare l’intera gamma di carica”, sottolinea la scienziata italiana.

La ricerca correlata si è peraltro concentrata sulle singole celle agli ioni di litio, che generalmente non perdono la capacità di carica così rapidamente come fanno i pacchi batteria. C’era quindi spazio per un approccio più ampio al tema.

Incuriosita, la ricercatrice approdata in California dopo varie tappe che dall’università di Tor Vergata l’hanno portata in vari atenei americani e due ricercatori del suo laboratorio, Vahid Azimi e Anirudh Allam (oggi attivi presso le startup Gatik e Archer Aviation), hanno deciso di studiare come una gestione innovativa dei tipi di celle esistenti potrebbe migliorare le prestazioni e la durata di un intero pacco batterie, che può contenere centinaia o migliaia di celle a seconda del loro fattore-forma.

Come primo passo, i ricercatori hanno creato un modello computerizzato in grado di rispecchiare in modo fedele il comportamento della batteria che rappresentava accuratamente i cambiamenti fisici e chimici che avvengono all’interno di una cella durante la sua vita operativa. Alcuni di questi cambiamenti si svolgono in pochi secondi o minuti, altri nel corso di mesi o addirittura anni.

“Per quanto ne sappiamo, nessuno studio precedente ha utilizzato il tipo di modello di batteria ad alta fedeltà e multi-scala temporale che abbiamo creato”, ha sottolineato la leading author del paper realizzato presso l’ateneo di Palo Alto.

L’esecuzione di simulazioni con il modello di Stanford ha suggerito che un pacco batterie attuale può essere ottimizzato e controllato abbracciando le differenze in eterogeneità tra le sue celle costituenti. Onori e colleghi prevedono che il loro modello sarà presto utilizzato per guidare lo sviluppo di sistemi di gestione che possano essere facilmente implementati negli schemi progettuale di veicoli esistenti.

Benefici che potrebbero facilitare la lunga vita operativa di qualsiasi applicazione che tenda a stressare molto un pacco batterie: ad esempio anche l’aerospaziale, nei quali decolli e atterraggi verticali presentano veri picchi di consumo. Ma anche tutti gli altri settori potrebbero avere riscontri sostanziali da un approccio che consideri le tematiche aperte dai risultati di questo recente paper.

Credito foto di apertura: ufficio stampa Ford Motor Co.