OPINIONI

Le credenziali ESG non piacciono ad alcuni miliardari, ma ad acqua e emissioni sì

Mentre la narrativa di un pugno di multi-milionari è sempre più ossessionata da finte emergenze su censura e restrizioni, segnali di speranza arrivano sulle emergenze vere: come risorse precarie ed emissioni

Pochi giorni fa, il governo cileno del presidente Gabriel Boric, scelto dall’elettorato per il programma ecologista e di sinistra, ha deciso di far causa, attraverso una iniziativa del Consiglio di Difesa dello Stato, ai colossi globali dell’industria estrattiva BHP, Antofagasta e Albemarle per il consumo eccessivo di acqua collegato alle loro miniere di rame e litio (nel caso di Albemarle) nel Salar de Atacama.

L’esecutivo cileno sottolinea come le attività dei tre gruppi stiano deteriorando le falde acquifere del comprensorio Monturaqui-Negrillar-Tilopozo, con le miniere di rame di Zaldivar ed Escondida responsabili di aver prelevato quest’ultima 1.400 litri di acqua al secondo fino al 2019 e Zaldivar 212,75 litri al secondo in base a concessioni che arrivano fino al 2025.

Le attività di pompaggio delle salamoie e gli innumerevoli stagni di evaporazione del litio di Albemerle richiedono 16,9 litri al secondo, in base a concessioni fino al 2041: molto meno degli altri siti, ma una quantità non irrisoria, trattandosi del luogo più asciutto del pianeta.

I gruppi estrattivi avevano iniziato da prima del contenzioso a cercare misure di contenimento dell’eccesso di uso di acqua dolce, col crescente impiego di acqua proveniente dall’Oceano Pacifico: secondo l’agenzia nazionale per il rame cilena Cochilco sarà di oltre la metà dell’impiego totale a fine decennio. A inizio febbraio il gruppo cileno SQM aveva inoltre presentato all’agenzia cilena di Valutazione Ambientale un progetto da $778.000 per ridurre l’uso di acqua dolce.

Il secondo produttore mondiale di litio produce il metallo bianco pompando la salamoia da sotto il deserto nel nord del paese e concentrandola nel reticolo di piscine di evaporazione. L’obiettivo del progetto è limitare l’estrazione dell’acqua a 120 litri al secondo dai pozzi Mullay-1, Allana-1, Socaire-5 e CA-2015 entro il 2028.

L’acqua è uno dei temi salienti della revisione delle pratiche dell’industria mineraria in modo più attento alla sostenibilità, una tendenza che da molti mesi ormai sta “contagiando” i gruppi della manifattura auto e delle batterie e a cui il settore estrattivo si sta adeguando, secondo istanze che sono quelle comuni a molti investitori attenti alla “bussola ESG” nell’approcciare il valore in economia.

I criteri ESG (environment, social, governance) emergono quindi continuamente a margine di nuovi accordi che vengono confermati sempre più spesso: questa settimana un buon esempio in proposito è quello dello scorso 11 aprile. Ford Motor Co. ha firmato un accordo di programma che prevede la fornitura annua di circa 25.000 tonnellate di litio provenienti dal Kachi Project, sviluppato dalla società australiana Lake Resources nella provincia argentina di Catamarca.

Questo partenariato è il secondo stretto in poche settimane da Lake Resources per il materiale che proverrà dal nuovo sito estrattivo sudamericano dopo quello firmato a marzo con la giapponese Hanwa. Entrambi i nuovi partner hanno sottolineato come il Kachi Project disponga dei requisiti collegati alle credenziali ESG richieste per programmi della catena della fornitura all’insegna della sostenibilità.

Lake Resources grazie ai finanziamenti di questo progetto, sta programmando di produrre 100.000 tonnellate di litio ad alta purezza entro il 2030. Il progetto argentino viene sviluppato grazie alla tecnologia di estrazione diretta di litio del partner industriale Lilac, società nella quale tra gli investitori figurano anche Bill Gates ed il gruppo BMW. Una cosa che colpisce del progetto è che gli stagni di evaporazione saranno molto ridotti in quantità rispetto agli standard cileni di gruppi come Albemarle e SQM, con proporzionale riduzione del consumo di acqua.

Quello che avviene nel settore delle materie prime indispensabili alla mobilità a zero emissioni, con il litio (ma anche il rame che è lo “scheletro” di ogni impianto elettrico) è la dimostrazione di quanto possano rivelarsi efficaci le credenziali ESG utilizzate come bussola nel decidere di finanziare o partecipare a un progetto, relativamente ad aspetti come il consumo responsabile riguardo a una risorsa come l’acqua.

Con chiaro in mente quanto possa fare la differenza l’uso assennato dell’acqua in un luogo come Atacama, ma anche in molti altri che sono fondamentali per completare in modo appropriato e non autolesionistico la transizione energetica, verrebbe da pensare che i riferimenti ESG nell’investire denaro privato e pubblico siano un’ovvietà. Non è così. Anzi.

Ce lo ricorda il fastidio se non proprio l’odio conclamato con cui un crescente numero di investitori, tutti o quasi di area che in America ama definirsi libertarian ma che a tutti gli effetti è un richiamo all’anarchia (attenzione: valida però solo per chi è multi-miliardario) con cui si guarda in modo crescente a chi intende mettere paletti per quanto riguarda ambiente, responsabilità sociale e governance.

Per chi come Marc Andreessen, Elon Musk o Peter Thiel sembra avere fortissima nostalgia dell’economia di fine ‘800, l’epoca precedente alle leggi anti-trust in cui i Carnegie o i Vanderbilt avevano carta bianca, il doversi misurare con supervisioni nazionali e internazionali è un fastidio, ma ancora di più l’impedimento di una bussola fondamentalmente morale come quella delle credenziali ESG, soprattutto per quanto riguarda la governance.

Così non è tutto sommato una sorpresa che Brad Stone dell’agenzia Bloomberg riporti in questi giorni che Thiel, il più esplicito del gruppo di miliardari emersi dalla Silicon Valley nell’appoggiare l’area politica americana legata al filone trumpiano, durante una conferenza a Miami dedicata alle cryptocurrency sia intervenuto abbandonandosi a un irrefrenabile sfogo contro l’approccio ESG.

“ESG è solo una fabbrica di odio”, ha detto Thiel. “È una fabbrica per dare dei nomi ai nemici e non dovremmo loro permettere di far questo… Quando pensate ESG, dovreste pensare al Partito Comunista Cinese”.

Una affermazione che è paradossale, considerato che la paranoia del controllo propria della nomenclatura cinese è condivisa proprio da questo imprenditore che nel 2004 ha creato un’azeinda concentrata sull’analisi e lo studio dei big data come Palantir, ancora oggi straordinariamente riservata e a tenuta stagna sulle sue attività e competenze. Inoltre Thiel appartiene finora al consiglio di amministrazione di Meta, che via Facebook ha una provata esperienza di distorsione dell’opinione pubblica e dello scatenare i peggiori istinti.

L’astio di miliardari come Thiel o Musk verso le istanze ESG sembra essere non tanto avere in mente l’acqua di Atacama che è racchiusa nella E (environment) di ESG, quanto piuttosto la G di Governance, che tende a porre un limite alla possibilità di dare libero sfogo alle proprie antipatie e/o fissazioni.

Il numero uno Tesla, che in questi giorni si sta gettando anima e corpo nell’OPA su Twitter, non a caso sembra ritenere che il problema di fondo di questo social media da lui così amato e utilizzato fino all’eccesso sia la censura, non gli abusi.

Considerato lo schema mentale dei multi-miliardari che fa loro ritenere immorale tutto quello che tenda a limitarne la volontà di potenza, in questi giorni appare quindi un segnale importante che anche i settori un tempo più sordi ai campanelli d’allarme come quello estrattivo prestino più attenzione, o almeno dicano di volerlo fare, alle esigenze delle regole ESG.

E nonostante quello che possano pensare idiosincratici come Thiel, Musk o Andreessen, la tendenza corporate sta andando nella direzione opposta a quello che piacerebbe a loro. In questa settimana il gruppo che ha creato l’auto, almeno la prima, Mercedes-Benz, in effetti ha dato vita alla sua prima ESG Conference. Ovviamente tra gli ospiti non c’erano né Thiel, né Musk.

Ma la cosa che all’atto pratico importa, specialmente in una prospettiva meno di breve periodo, è che a margine dello sfogo di Thiel a Miami c’era il sostenere le prospettive di un settore come le crypto-valute. La ESG Conference di una marca come Mercedes-Benz che se non per miliardari si rivolge a un pubblico abbiente è stata l’occasione per presentare nuovi obiettivi in termini di credenziali di sostenibilità.

Perché la casa di Stoccarda lunedì scorso ha svelato che l’obiettivo di metà percorso per diventare carbon neutral dal punta di vista delle emissioni clima-alternati nel 2039 comporterà nel 2030 un dimezzamento dei valori di CO2 prodotta. Lungo questo percorso, l’energia rinnovabile per coprire le attività aziendali passerà dal 45-50% attuale al 70% del 2030, con circa il 15% prodotto da solare e eolico presso i poli produttivi, ha detto il responsabile della manifattura Mercedes-Benz Jörg Burzer.

Credito foto di apertura: ufficio stampa BMW Group