OPINIONI

Il progetto della «superapp» Uber prende forma nel Regno Unito

Ma il grande ritardo nel mettere insieme una superapp simile a quanto proposto in Asia da Grab, Didi, Ola dimostra come la narrativa che circondava l’ex-regina del ride hailing sia ormai una cosa del passato

Pochi giorni fa la TV finanziaria CNBC riferiva testualmente che “Uber sta portando avanti il suo piano per diventare una “superapp” per i viaggi. L’azienda con sede a San Francisco ha annunciato mercoledì che sta aggiungendo treni, autobus, aerei e noleggio auto alla sua app nel Regno Unito quest’anno”. “

La mossa fa parte di un progetto pilota che, se andrà bene, potrebbe essere esteso ad altri paesi in un secondo momento. Se Uber non fornirà direttamente questi servizi di viaggio, consentirà agli utenti di prenotarli attraverso la sua app a seguito di integrazioni software con piattaforme che vendono biglietti”.

Il responsabile nazionale di Uber per il Regno Unito Jamie Heywood, ha dichiarato in una nota stampa che Uber spera di diventare uno sportello unico per tutte le esigenze di viaggio. Entro la fine dell’anno l’obiettivo sarà incorporare i voli e, in futuro, gli hotel, integrando i principali partner nell’app Uber per creare un’esperienza di viaggio completa senza soluzione di continuità.

Ma ora rileggete queste righe: “La startup (finora) più ribelle del 21° secolo raddoppierà i suoi sforzi sulla mobilità multi-modale e ha deciso di lavorare a stretto contatto con le istituzioni locali ai quattro angoli del globo. Il suo nuovo obiettivo sarà sfidare il concetto attuale di auto di proprietà per proporre un’alternativa complessa ma integrata fatta di bike sharing, servizi di acquisto biglietti al trasporto pubblico e non, noleggio auto e ride sharing“.

È testo tratto da un articolo che AUTO21 ha pubblicato nel 2018, quando l’allora fresco di nomina CEO Dara Khosrowshahi aveva dichiarato di voler iniziare ad aggiungere sempre più opzioni di trasporto all’app oltre alle corse di taxi privati, una intenzione che ha portato all’espansione di Uber Eats e al progetto di trasformare l’azienda in una “superapp”, sulla falsariga di quanto stavano già ottenendo con successo in Asia Grab, Gojek, Didi: non solo taxi privati o consegne di pasti ma anche servizi di pagamento e molto altro.

Insomma: Uber è cinque anni in ritardo nell’iniziare ad attuare il piano della superapp. Il fatto che solo ora si stia compiendo quella transizione in Uber viene attribuito soprattutto alla pandemia, che ha reso molto più dipendente che in passato il gruppo dal successo della divisione Uber Eats.

Ma si tratta anche della obbligata scesa a compromessi con gli innumerevoli partner. Per mettere insieme una superapp per un territorio tutto sommato non infinito come il Regno Unito, Uber ha dovuto mettere insieme dalla società che gestisce i trasporti a Londra a quella dell’Eurostar.

Un processo complesso e in salita, e che a distanza di tutti questi anni trascorsi fa capire come fosse ottimistica la narrativa per 4, 5 anni molto prevalente del ride hailing come locomotiva della mobilità del 21° secolo al di là di ogni ragionevole dubbio.

E, non scordiamocelo, con analisi di addetti ai lavori che scrivevano imprudentemente come i gruppi dell’auto sarebbero andati incontro al destino di trasformarsi nell’equivalente di Foxconn delle Uber e Didi globali. Perciò si prevedeva che il valore sarebbe stato catturato da chi aveva in pugno software e dati, non dove si costruiscono i veicoli per spostare merci e persone.

Quella mitologia di Uber, che da un lato veniva considerata un faro e dall’altra demonizzata (per conferme chiedere a un qualsiasi taxista di una società cittadina) a distanza di tempo si rivela tanto fuori misura quanto un’altra narrativa che verso il 2015, 2016 era diventata dominante, quella dei robotaxi e della guida autonoma dietro l’angolo: pronti, se non la settimana prossima, l’anno prossimo.

I robotaxi di Cruise e Waymo cominciano solo ora davvero ad effettuare corse a pagamento in percorsi urbani complessi come quelli di San Francisco: hanno richiesto e stanno richiedendo un tempo di sviluppo molto superiore alle attese dell’epoca dell’effervescenza degli investimenti nella guida autonoma. E sono stati necessari molti consolidamenti, fusioni, acquisizioni.

La fattibilità tecnica, che le menti brillanti al lavoro nel settore stanno infine assicurando, peraltro è una cosa diversa dalla percorribilità economica, il cui successo deve ancora essere dimostrato.

Il ritardo di Uber, se dimostra qualcosa è che la mobilità ha bisogno di alternative. Per questo la parabola di quella che è stata a lungo una regina delle startup insegna soprattutto che auspicare monopoli è una scelta che rischia di andare contro la realtà che è più complicata anche del più ambizioso e protervo dei business plan.

Credito foto di apertura: ufficio stampa Smart