Perché il 2024 sarà un anno “millesimato” per i modelli ibridi «plug-in»

I gruppi auto, da General Motors a JLR, stanno rilanciando i modelli ibridi ricaricabili per compensare il rallentamento nelle vendite di BEV. Su questo trend l’esperto Loren MacDonald ha argomenti validi in ogni mercato: riportiamo qui il commento da LinkedIn integralmente tradotto in italiano

E all’improvviso è diventato di moda essere di nuovo un sostenitore dei PHEV…

Il problema più grande che abbiamo avuto negli Stati Uniti coi veicoli ibridi plug-in è che semplicemente non ci sono stati abbastanza modelli convincenti con oltre 40 miglia (64 chilometri) di autonomia disponibili a volume.

Il PHEV più richiesto per diversi anni è stato il Toyota RAV4 Prime, ma Toyota di fatto non ne ha importato volumi significativi, secondo quanto riferito a causa della carenza di celle per le batterie.

Una delle maggiori frecciate indirizzate ai modelli ibridi plug-in da parte dei detrattori dei PHEV è che molti proprietari raramente, se non mai, li collegano. Ma, se si realizzano PHEV convincenti come la vecchia Chevrolet Volt (50 miglia, ovvero 80 chilometri, di autonomia puramente elettrica) e la si commercializza e la si vende nel modo giusto alle persone giuste, i dati mostrano che l’80% del chilometraggio sarà alimentato da energia elettrica.

Ma se produci una Jeep Wrangler 4xe con 22 miglia (35 chilometri) di autonomia e la commercializzi sulla base di un canone di leasing a basso costo e non educhi i concessionari e gli acquirenti sull’alimentazione elettrica e sui vantaggi della ricarica e della guida con elettricità più economica della benzina, beh, allora finisci fuori gioco e con molti proprietari che non si ricaricano.

Il prossimo passo nell’attuale percorso PHEV è che le case automobilistiche producano una nuova gamma convincente di modelli (con almeno 40 miglia di autonomia) in volume e imparino a commercializzarli ai consumatori.

Qui il commento nel testo originale su LinkedIn