AUTO

T&E è per staccare la spina ai SUV ibridi Plug-in

Nuovo dati sulle emissioni in condizioni reali dei SUV ibridi plug-in BMW X5, Volvo XC 60 e Mitsubishi Outlander fanno scattare la stoccata della ONG T&E: basta incentivi

Lo scorso settembre un articolato studio presentato da ICCT (la ONG che ha messo in moto il dieselgate) e del prestigioso istituto Fraunhofer, aveva valutato un ampio numero di modelli ibridi plug-in attivi sui maggiori mercati globali. La conclusione era stata che i valori reali di consumo di carburante e di emissioni di gas clima-alteranti sono tra due e quattro volte quelli riscontrati coi cicli NEDC o WLTP: una forbice molto ampia spiegata con l’ampio numero di casi estratti dal vasto materiale su cui si sono basati i ricercatori.

Oggi un’altra ONG addentro al settore della mobilità sostenibile, T&E (Transport & Environment), ha esposto i risultati di ulteriori esami delle emissioni di tre popolari veicoli ibridi plug-in emblema di un segmento che sta crescendo in modo esponenziale.

Testati la scorsa estate dalla società britannica Emissions Analytics, scrive la ONG nella sua nota “hanno tutti emesso più CO2 di quanto pubblicizzato, proprio come dimostrato dagli studi sui PHEV precedenti. Per Transport & Environment, che ha commissionato i test, i governi dovrebbero porre fine ai sussidi e alle agevolazioni fiscali per gli ibridi plug-in, protagonisti di un altro scandalo delle emissioni climalteranti”.

Nel corso dei test BMW X5, Volvo XC60 e Mitsubishi Outlander con batteria carica e in condizioni ottimali hanno superato in percentuali tra il 28 e 89% i valori di omologazione pubblicizzati. Con la batteria scarica invece, le loro emissioni sono risultate tra tre ed otto volte maggiori rispetto ai valori ufficiali.

Per il SUV BMW X5 (l’unico dei 3 esaminati model year 2020) omologato con valori di 32 grammi di CO2 a chilometro i test indipendenti hanno riscontrato nel migliore dei casi 42,3 g/km, per il Volvo XC60 i 71 g/km ufficiali sono saliti a 115,3 g/km e per l’Outlander da 46,8 g/km a 85,8 g/Km.

Dai risultati dello studio, i tre SUV (non sono stati presi in esame berline o crossover ibridi plug-in di massa minore e non ci si è addentrati in impieghi differenti come quelli privati/aziendali come faceva il report ICCT/Fraunhofer) guidati con la batteria in ricarica emettono da tre a dodici volte di più.

Con le celle prive di energia, secondo T&E i tre modelli ibridi ricaricabili potevano percorrere alimentati in modo convenzionale solo tra 11 e 23 chilometri prima di superare le emissioni di CO2 ufficiali. Per T&E questa è una dimostrazione che da parte dei gruppi auto insistere sulla qualità delle ibride plug-in come veicoli per lunghe percorrenze è fuorviante.

La discrepanza tra misurazioni ufficiali ottimistiche e valori reali è un tema che resta scottante e bene fanno studi indipendenti a mantenere il problema di attualità. Ma con la quota di veicoli elettrici da far crescere resta il fatto che questo segmento sta convincendo ad adottarlo un numero crescente di automobilisti europei tra i quali è probabilmente ancora consistente il numero di quelli che sono scettici sull’elettrico puro.

Per questo forse le prese di posizioni tranchant rischiano di essere in qualche caso controproducenti. Più costruttivo, ma più faticoso perché richiede tempo e calcoli e numeri, è cercare di spingere case e pubblico verso soluzioni sostenibili.

La stessa Emissions Analytics in un precedente intervento sul tema sottolineava come sia importante mettere in campo un sistema che aumenti, nel caso delle ibride ricaricabili, l’interesse di case e pubblico verso un alto fattore di utilizzo della propulsione elettrica, un impiego senza il quale effettivamente questo segmento può trasformarsi in un artificio utile ai bilanci di emissioni delle case ma molto meno alla qualità ambientale, specie di metropoli e città europee.

(credito tabella: sito web Emissions Analytics)

Gli esperti di Emissions Analytics hanno anche compilato la tabella che vedete sopra per capire in pratica a cosa debba corrispondere la quota di uso in cui un PHEV dovrebbe viaggiare in modalità elettrica in condizioni reali per equivalere a un altro tipo di propulsione. Anche perché malgrado i rilevanti problemi passati ed attuali la possibilità teorica di un PHEV di far meglio perfino di un BEV non è zero.

Occorre lo 0% del tempo per pareggiare i conti con un modello a benzina, il 13% per arrivare alla pari con un diesel, il 36% per prendere un’ibrida convenzionale a benzina, il 71% del tempo per far pari con una elettrica pura spinta dal mix convenzionale di energia e il 95% del tempo rispetto ad una elettrica pura il cui guidatore abbia un contratto per usare solo energia rinnovabile.

La curiosità è che SUV ibridi plug-in dovrebbero viaggiare il 73% della propria vita utile a batteria per pareggiare con una ibrida ricaricabile in grado di muoversi rispettando i valori WLTP ufficiali: un riscontro che è un’altra sottolineatura che c’è qualcosa da rivedere nel modo attuale di fare i conti.

Credito foto di apertura: sito web OVO LLC