OPINIONI

Le ombre della guerra: non spengono le elettriche, ma accendono i prezzi

Gli effetti dell’ultima crisi saranno pro-ciclici o anti-ciclici? I folli saliscendi dei prezzi delle materie prime frenano la prolungata rincorsa delle auto elettriche a diventare accessibili a tutti

Premesso che non abbiamo la pretesa di rispondere a 360°, ma solo limitarci al settore a cui è dedicata questa testata, gli effetti dell’ultima crisi nata ai confini orientali dell’Europa sembra stiano prendendo già forma in alcuni ambiti, ad esempio per quanto riguarda piani ed investimenti delle case e per un aspetto essenziale come l’impatto sui prezzi .

Ovvero, si potrebbe rispondere che per quanto riguarda business plan e investimenti la guerra in Ucraina possa avere effetti pro-ciclici, in altre parole tenda ad accelerare la velocità di cambiamento e rafforzare decisioni già prese.

Un effetto anti-ciclico, ovvero nella direzione opposta a quella degli ultimi anni, riguarda invece i prezzi di auto elettriche e di componenti essenziali come le batterie, con un rinvio dell’obiettivo della parità di prezzo tra auto convenzionali ed elettriche che è decisivo per rendere i veicoli a zero emissioni accessibili a tutti.

Ma, e qui si vede come le sfumature non siano una perdita di tempo ma un contributo alla comprensione, l’ultima crisi è anche pro-ciclica riguardo ai prezzi: nel senso che il loro aumento, negli ultimi giorni in alcuni casi controverso (Rivian) e/o vistoso (Tesla), tende ad andare nella stessa direzione del mercato dell’auto nel suo complesso. Qui il fenomeno del calo dei prezzi dei modelli elettrici è stata un’eccezione, più che la regola.

Per cominciare, non era scontato che il periodo di inquietanti incertezze non dovesse incidere sui piani dei principali gruppi automobilistici. Questa settimana numerose case hanno presentato i loro conti, bilanci in cui si registrano utili record, sia pure nella maggior parte dei casi a fronte di ricavi e numeri della produzione stagnanti. Le cose si spiegano con la reazione dei vari marchi, soprattutto quelli premium ma non solo, ai problemi delle catene della fornitura privilegiando i modelli ad alta redditività.

Con la cassa che non piange, per i vertici di una casa auto è più facile sentirsi sicuri e quindi confermare i piani e gli investimenti, che praticamente per tutti prevedono una gamma sempre più all’insegna di elettrificazione e digitale. Lo abbiamo visto seguendo gli annunci di case come Maserati sulla nuova gamma Folgore, e delle conferenze stampa annuali di Mercedes-Benz, Volkswagen, BMW e Porsche, tutti o quasi sulla stessa lunghezza d’onda.

All’inaugurazione della fabbrica in Alabama, ristrutturata per accogliere auto elettriche (EQE ed EQS) e batterie, Ola Källenius ha confermato che le prospettive e gli investimenti Mercedes-Benz rimarranno invariati. Del resto, ha ricordato il manager svedese, neanche nell’anno di inizio della crisi sanitaria a Stoccarda avevano tagliato le spese cruciali in ricerca e sviluppo.

Malgrado le incertezze relative alle materie prime, sia a quelle essenziali per le auto convenzionali che quelle per le nuove elettriche continua quindi il cammino verso una manifattura e una gamma dall’impronta di carbonio che tende allo zero.

Alla conferenza stampa annuale di questa settimana, BMW Group ha rivelato che prevede di raggiungere la quota del 50% di vendite di elettriche pure prima del 2030 come riteneva in precedenza. In particolare grazie alla penetrazione di mercato dei modelli basati sulla piattaforma Neue Klasse che usciranno a partire dal 2025, anno in cui le elettriche al 100% immatricolate annualmente potrebbero aver già superato il milione e mezzo di esemplari.

Anche Porsche ha confermato obiettivi ambiziosi riguardo alle vendite di auto con la presa della propria gamma, con una previsione per il 2030 di oltre l’80% delle vendite elettriche. Il prossimo punto di svolta sarà la prima due posti al 100% elettrica della marca: un ruolo che toccherà alla 718 Boxster, piuttosto che alla intramontabile 911. Ma l’icona Porsche diventerà ibrida, iniziando un percorso che l’allontanerà dalla propulsione convenzionale. Del resto lo scorso anno in Europa Porsche ha consegnato quasi il 40% di auto elettrificate.

Ad approfondire solo queste dichiarazioni ci sarebbe quasi da concludere che, in modo analogo a quanto avvenuto con la pandemia, le crisi invece che fermare la transizione la accelerino. Ma sarebbe semplificare un po’ troppo: la crisi della catena della fornitura e quella relativa ai mercati delle materie prime stanno avendo e avranno sostanziali effetti sulla traiettoria del cammino verso flotte in cui le auto con batterie di trazione occupino una quota maggioritaria.

Colin McKerracher, che guida la società di consulenza BloombergNEF, ha scritto pochi giorni fa al riguardo, sottolineando che non si possa dare una risposta univoca agli effetti dei fermenti nel settore delle commodity, acuiti dopo l’invasione dell’Ucraina.

Le cose sono cambiate rispetto a episodi passati: quando si era verificata l’ultima impennata del petrolio, prima della Grande Recessione scatenata dalla crisi della Lehman Brothers, l’idea di passare all’auto elettrica aveva attirato un certo numero di automobilisti, però subito frustrati da un’offerta inadeguata e da prezzi dei modelli accessibili solo all’1% più fortunato.

Ora le cose sono decisamente cambiate dal punto di vista dell’offerta di gamma e modelli, ma ci sono ancora le zavorre rappresentate da problemi di disponibilità di modelli. Da Ford a Volkswagen, le liste di attesa sono diventate scoraggianti. Una buona notizia solo per Tesla, l’unico costruttore che quest’anno sarà in grado di aumentare la capacità grazie alle aperture quasi contemporanee delle Gigafactory di Germania e Texas.

In altri termini, a fronte di possibili problemi di produzione globale, la quota di mercato dei veicoli elettrici potrebbe ulteriormente migliorare rispetto alle vendite totali, ma la crescita in numeri assoluti potrebbe essere relativamente ridotta.

Forse, è convinto l’esperto di BloombergNEF, il picco dei prezzi dei carburanti, che malgrado le basse tasse ed accise incidono mediamente molto di più sul potere di acquisto in Nord America rispetto a quanto avvenga in Europa, faranno del 2022 l’anno del decollo delle vendite americane, finora un fenomeno legato al solo successo Tesla o quasi.

“Non tutti possono fare il cambio domani”, commenta McKerracher, “ma la mia sensazione è che vedremo un significativo rimbalzo nelle vendite di auto elettriche quest’anno ed il prossimo”. Quando si sottolinea che questa transizione non sia alla portata di tutti, si entra in un aspetto importantissimo. La Tesla Model 3 presentata sei anni fa doveva un giorno accogliere una versione accessibile a tutti da $35.000.

Non solo non si è mai vista, la versione più economica oggi negli Stati Uniti, dove la gamma è meno cara che in Italia ed Europa, costa $47.000. Elon Musk ha anche ammesso che alla Tesla da $25.000 nessun suo ingegnere sta più lavorando.

Secondo i dati della società specializzata Edmunds a febbraio 2022 il prezzo medio di una immatricolazione americana di un veicolo elettrico puro è stato di $60.054: neanche a farlo apposta il prezzo di ingresso della Cadillac Lyriq che il mese prossimo entrerà in produzione, ultima proposta di una offerta che si arricchisce di continuo ma che in quelli che in Europa chiamiamo Segmento A e B langue, e non solo in America.

Se torniamo ai piani aggiornati da BMW, Mercedes-Benz o Maserati, non si può non rimarcare che i piani di uscita dei nuovi modelli al 100% elettrici tendono tanto più a non avere incertezze quanto più si tratta di rivolgersi a una clientela che non ha problemi di liquidità particolari.

Molti esperti, esperti di batterie specialmente, sono convinti che questo fenomeno abbinato ai costi crescenti delle materie prime tenderà ad accelerare la tecnologia con una nuova generazione di celle, più economiche ed efficienti, incluse alternative come gli ioni di sodio. Oggi guardando all’auto elettrica occorre riconoscere che l’ultima crisi, sommata ai problemi della catena della fornitura, ha un effetto anti-ciclico a livello di prezzi.

E tuttavia a guardare al quadro complessivo i costi crescenti o in qualche caso impazziti tendono ad assecondare, non a contrastare, il fenomeno ininterrotto dell’aumento dei prezzi delle auto, al punto che per la classe media occidentale sta diventando la normalità star lontano dal mercato del nuovo per rivolgersi direttamente all’usato.

L’anedottica sarebbe a portata di mano, ma preferiamo guardare a dati precisi: nel caso degli Stati Uniti ce ne sono di freschi. La società di consulenza Cox Automotive ha elaborato i numeri relativi ai finanziamenti utilizzati per pagare i veicoli. Quelli più aggiornati indicano che il pagamento medio per un’auto nuova in America ormai ha raggiunto i $691 mensili. Una cifra più che rispettabile anche per il terzo circa di famiglie americane che secondo le statistiche dispongono di un reddito di $100.000 o più l’anno.

Un altro analista di BloombergNEF, Nat Bullard, ricordava recentemente come nel 2012 il mercato auto americano proponesse un’offerta con oltre il 50% dei veicoli venduti ad un prezzo al di sotto di $30.000. Non sono ancora disponibili i dati 2021, ma nel 2020 oltre il 50% dei veicoli nuovi venduti aveva un prezzo al di sopra dei $40.000. E questo prima che la quota di auto elettriche abbia raggiunto un livello significativo.

Il successo Tesla e l’interesse del pubblico per l’offerta di pickup a zero emissioni di case generaliste come Ford e General Motors, in poche parole sembrano puntare ad una proposta di sostituzione: modelli non economici elettrici prendono il posto di modelli non economici che bruciano combustibili fossili.

Ford in collaborazione col professor Greg Keoleian dell’università del Michigan, una delle più note del Midwest per fornire ingegneri e tecnici alle Big3 di Detroit, ha da poco pubblicato un paper su Environmental Research Letters in cui si indica che pickup elettrici avranno circa un 64% in meno di emissioni considerate nel ciclo di vita completo (LCA) rispetto a corrispondenti modelli alimentati a benzina Model Year 2020, con un vantaggio sugli effetti totali sulla CO2 in proporzione molto superiore a quello ottenibile dal sostituire una berlina convenzionale con una elettrica.

Il mercato auto americano è però storicamente diverso dagli altri, e ad esempio in Italia e nella Vecchia Europa, benefici analoghi non sembrano verosimili, anche se potrebbe avvenire qualcosa di simile ai SUV, in luogo dei pickup. Intanto di qui e di là dell’Atlantico l’elettrificazione della gamma accessibile alla classe media ha il fiato corto, insieme al crescere dei prezzi scatenato dall’ultima “puntata” di un decennio che propone una crisi dopo l’altra.

Già nel 2018, quando la serie di crisi iniziate con la pandemia era di là da venire, Daniel Howes, columnist ed esperto di auto del quotidiano Detroit News, come immaginerete molto attento al settore economico predominante nella propria città, sottolineava in questo articolo una tendenza nota a tutti gli addetti ai lavori: ovvero come le case auto americane incanalassero il flusso di utili proveniente dalla gamma di light truck e SUV convenzionali per alimentare l’Auto 2.0.

Allora ci si riferiva alla triplice innovazione di elettrificazione, guida autonoma e digitalizzazione, sebbene la prima abbia sopravanzato le altre due nella lista di priorità dei manager, e non solo quelli delle case auto non americane.

Con gli ultimi sviluppi successivi alle crisi sanitarie, della supply chain e delle materie prime, la dinamica dei prezzi di ogni gamma elettrica sembra indirizzare i grandi gruppi auto verso un aggiornamento della strategia, coi SUV e pickup elettrici che si inseriscono a pieno titolo nella “fabbrica di utili”.

Ma una volta “normalizzati” i modelli elettrici a prezzi elevati, le case vorranno continuare a utilizzare quegli utili per creare quanto prima una gamma di elettriche a prezzi davvero accessibili, o i consumatori, persa la pazienza, li anticiperanno passando in massa (ovunque possibile) ad alternative come le e-bike?

Credito foto di apertura: ufficio stampa BMW Group