AUTO

BYD è arrivata a quota un milione di elettriche

Mentre le giovani startup cinesi che producono elettriche facevano notizia, l’antesignana BYD dribblava difficoltà e concorrenza crescente per rilanciarsi globalmente, ricercando più integrazione verticale e qualità

Maggio foriero di buone notizie per uno dei maggiori protagonisti globali della produzione di veicoli elettrici: BYD. Il gruppo cinese pochi giorni fa ha festeggiato l’uscita dalla linea di montaggio del proprio sito di Shenzhen della milionesima auto con la presa: una Han EV il cui design si deve all’ex-Audi ed ex-Alfa Romeo Wolfgang Egger, uno dei modelli al 100% elettrici che stanno riscuotendo più successo sul mercato nazionale.

Lo stesso traguardo era stato tagliato da Tesla a marzo del 2020 ma, cadendo nei giorni del deflagrare della crisi sanitaria, non aveva ricevuto l’attenzione che avrebbe meritato. Nel caso della rivale della casa di Elon Musk con radici nella Cina meridionale, il milione di auto plug-in include anche le ibride ricaricabili: non è noto a quanto corrisponda la quota di elettriche pure sul comunque ragguardevole risultato di BYD.

Sappiamo peraltro la composizione delle immatricolazioni attuali: nel primo trimestre del 2021 su 54.751 unità consegnate 38.599 erano elettriche pure e lo scorso aprile 25.662 di cui 16.114. La variazione percentuale positiva per i NEV (categoria in cui i cinesi raggruppano elettriche pure, ibride plug-in e fuel cell) è stata del 147% per il primo trimestre e del 97,5% per aprile.

Per la casa che ha appena iniziato a mettere un piede in Europa passando dal mercato norvegese si tratta di un lungo tratto di strada dall’ingresso nel mondo dell’automobile. BYD era stato il primo gruppo cinese a costruire celle agli ioni di litio e in questo settore è stata poi leader nazionale fino al 2017, superata dalla corsa di CATL. Dopo otto anni di successo in quel settore, aveva deciso di misurarsi con i veicoli a partire dal 2003, acquisendo Tsinchuan Automobile e creando BYD Auto.

La transizione non è stata una passeggiata, visto che il primo modello, 316, era stato un pressoché totale fallimento. Ma, ammaestrata dallo scivolone iniziale, nel 2005 la casa rilanciava con la F3 che si rivelava gradita al pubblico e metteva le basi per una crescita rapida e costante nel settore dei veicoli passeggeri, a cui si abbinava un successo quasi travolgente nel settore degli autobus elettrici.

Se questo è ancora un settore in cui BYD è dominante, come noto nelle auto elettriche Tesla ha da tempo superato BYD come maggior produttore di auto elettriche, e il risveglio di altri gruppi auto, a cominciare da Volkswagen, mettono in dubbio anche un ruolo della casa cinese nella Top3 globale.

Questo potrebbe far dimenticare un ruolo ben diverso di BYD nel recente passato, sebbene i volumi globali delle auto elettriche fossero ben differenti da quelli attuali e il milione di consegne ancora un’aspirazione. Nel 2015, ad esempio, quando Tesla consegnava circa 51.000 auto l’anno, BYD era leader con 62.000; se Tesla (quando la Gigafactory del Nevada era ancora un progetto) aveva bisogno di circa 5 GWh di batterie per le sue auto, BYD era già attestata a 10 GWh di capacità annua.

L’azienda fondata e ancora diretta da Wang Chuanfu condivide fin dagli esordi con quella americana una predilezione per l’integrazione verticale dei veicoli elettrici che adesso anche i grandi gruppi tradizionali dell’automobile come Volkswagen, Ford o General Motors intendono perseguire.

In questo contributo pubblicato recentemente su BatteryBits, Adesh Mehta sottolineava che BYD non produce internamente solo le celle ma anche gli IGBT (insulated-gate bipolar transistor): le “CPU di un veicolo elettrico”.

Tesla e altri hanno sostituito o stanno sostituendoli con MOSFET al carburo di silicio, dalle performance superiori, ma in quel caso, contrariamente agli IGBT di BYD, devono far ricorso a fornitori esterni. Si tratta del secondo componente più costoso di un’auto elettrica dopo la batteria, con un’incidenza sui costi complessivi di manifattura compreso tra il 7% e il 10%.

Dove non arriva con le proprie risorse, BYD si avvale di partner della supply chain ben noti anche in Occidente: come ZF Friedrichshafen, Valeo ed altri. Ma il percorso verso una qualità da casa premium sembra procedere senza particolari intoppi.

Nei giorni scorsi la società di consulenza britannica Benchmark Mineral Intelligence ha deciso di inserirla (che distribuisce anche celle a terzi attraverso la divisione Fudi Battery) nell’elenco dei produttori di batterie Tier1. Una prima fascia che finora includeva solo CATL, Envision AESC, LG Energy Solution, Panasonic, Samsung SDI ed SK Innovation e nel quale nessun nuovo nome era stato ammesso da marzo 2020.

Credito foto di apertura: ufficio stampa BYD Europe