Tre milioni di colonnine entro il 2030, se non si vuole mettere a rischio il right-to-plug
Un report della organizzazione ambientalista Transport & Environment mette in guardia da un futuro in cui il successo dell’auto elettrica contrasti col right-to-plug per tutti gli europei
Quando, ormai tra poche ore, i risultati definitivi saranno noti, quello europeo delle auto con la presa sarà uno dei pochi segnali di crescita ricevuti dal mondo automotive nel 2019. Nel 2020 è quasi certo che le cose continueranno ad andare bene in questo settore; ma nei momenti di successo, oggi ci ricorda l’organizzazione non governativa T&E, è il momento di fare scelte.
Secondo il report curato da Lucien Mathieu per Transport&Environment e scaricabile qui, all’infrastruttura di ricarica del vecchio continente serviranno circa €20 miliardi di investimenti nel corso dei prossimi 11 anni: l’importo di spesa in conto capitale di circa €1,8 miliardi l’anno corrisponde in modo curiosamente simile a quanto richiede avviare una Gigactory Tesla o una delle batterie Northvolt.
Le prospettive di buone notizie dalla vendita e dalla manifattura sono state accompagnate dalla presentazione della nuova Commissione Europea insediatasi a dicembre. Come noto farà del Green Deal la cifra del suo mandato, per assicurare il massimo di possibilità di riuscita all’obiettivo del fare di questo continente un’area carbon neutral entro il 2050.
La Commissione von der Leyen per quanto riguarda l’infrastruttura stima uno scenario conservativo: oggi ci sono circa 185.000 postazioni di ricarica pubblica in Europa, e per il 2025 dovrebbero salire a circa un milione secondo Bruxelles.
Non abbastanza, secondo il report di T&E, che per il 2025 ritiene opportuno un livello di 1,3-1,3 milioni e per il 2030 ipotizza la necessità di 3 milioni di postazioni, il 78% dei quali nei cinque maggiori mercati: nell’ordine Germania, Regno Unito, Francia, Spagna e Italia. Per il mercato della penisola le metriche dello studio suggeriscono 263.000 nel 2025 e 632.000 nel 2030.
L’opinione della nuova Commissione e dell’organizzazione ambientalista coincide quanto a stime di auto che avranno bisogno di colonnine per il 2025, circa 13 milioni. I calcoli di T&E divergono per il 2030, quando 44 milioni di veicoli con la presa potrebbero mettere sotto stress una infrastruttura non adeguata.
In pratica, T&E sembra sottolineare come il periodo critico per chi gestisce le postazioni pubbliche sarà nella seconda metà della decade, quando la clientela delle auto elettriche per il calo dei prezzi dei modelli inizierà ad allargarsi anche a chi nelle città abita nei grandi condomini e non sempre avrà parcheggi privati o posti auto disponibili in cui installare wallbox.
Le aziende ovviamente inseguiranno per primi i clienti potenzialmente migliori, early adopter e flotte. Ma secondo i calcoli del gruppo ambientalista sarà determinante che una quota compresa tra il 20-30% di quelle colonnine vada a toccare aree poco densamente popolate oppure a basso reddito, o i veicoli a zero emissioni rischieranno perfino di trasformarsi in barriera sociale.
Così, proprio come con la diffusione della rete sono venuti a galla per i cittadini che la usano i diritti digitali, la crescente impronta della mobilità elettrica sembra far emergere altri diritti, quello che si può definire right-to-plug, dal quale non è legittimo tenere fuori una parte del pubblico. E questa, che in alcune aree come la California è già stata recepita con quote allocate per zone svantaggiate, non è la sola istanza alla quale occorrerà pensare in anticipo.
T&E ha consultato i principali network di colonnine in Europa e i loro esperti si attendono che i comportamenti di ricarica attuali tipici che fanno massicciamente ricorso al garage o alle prese di casa, mano mano i veicoli elettrici puri diventeranno più generosi in autonomia e sempre più persone li compreranno diventeranno meno comuni.
Il report ipotizza un calo a circa il 50% delle sessioni nel 2025 e al 45% nel 2030, mentre ad esempio in Italia secondo l’annuale pubblicazione sulla mobilità elettrica curata dal Politecnico di Milano supera il 70%.
I gruppi auto questi possibili scenari paiono esserseli figurati con appropriato anticipo, visto che l’associazione dei costruttori continentale ACEA, allora guidata da Carlos Tavares, per la prima volta si è associata ad un’iniziativa comune con un’associazione ambientalista come T&E e alla lobby delle utility Eurelectric proprio per sensibilizzare regolatori europei e nazionali sulle criticità dell’infrastruttura.
A novembre gruppi tedeschi dell’auto e governo di Berlino hanno raggiunto un accordo sulla necessità di arrivare a dispiegare fino a 1 milione di postazioni di ricarica pubbliche nel territorio federale entro il 2030.
Un contesto nel quale l’Europa dovrebbe muoversi per non correre rischi secondo Mathieu e gli esperti di T&E è quello della revisione della Alternative Fuels Infrastructure Directive, che la ONG suggerisce di anticipare a quest’anno invece che attendere il 2021 previsto, per avere più tempo per fare adeguate scelte su un pilastro che avrà effetti a lungo termine sulla mobilità a zero emissioni locali.