AUTO

Produrre e usare queste in Italia piace al Pianeta: lo dice il Politecnico di Milano

Non solo le emissioni di CO2 nel ciclo di vita completo sono inferiori per i veicoli elettrici rispetto a quelli a combustione interna: quelle delle auto elettriche italiane sono il 30% più efficienti delle cinesi

Se non lo avete ancora scaricato e consultato, fatelo: lo Smart Mobility Report 2019 presentato pochi giorni fa dall’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano diretto da Vittorio Chiesa è una densa miniera di informazioni su quello che riguarda la mobilità elettrica. Nella terza edizione uno dei capitoli più interessanti è il quinto, dedicato all’analisi delle emissioni di CO2 lungo il ciclo di vita completo del veicolo.

I cosiddetti LCA (life cycle assessment) sono analisi complesse ma fondamentali nel riuscire a comprendere, dati alla mano, gli effetti a 360° delle auto elettriche sull’ambiente. Sono anche un argomento scottante perché periodicamente emergono studi che ambiscono a dimostrare che le auto elettriche sono fonti di gas clima-alteranti peggiori di quelle convenzionali.

I dati del Politecnico milanese rispecchiano un quadro diverso, come la stragrande maggioranza degli studi accurati ed aggiornati. Data l’importanza del tema, per chi non avesse il tempo di leggere tutto il capitolo del report e consultare la dovizia di grafici che lo accompagnano, in questo spazio ne proponiamo una versione concentrata, suggerendo peraltro quando possibile di andare a scoprire la fonte originale (qui).

Il team di Energy & Strategy Group aveva l’obiettivo di creare un modello affidabile per stimare le emissioni di CO2 lungo l’intero ciclo di vita di veicoli di diversi segmenti e diverse origini (Italia, Germania, USA e Cina) con tipologia elettrica e a combustione interna. Per mettere a punto il modello ha identificato anzitutto le variabili di output, le grandezze la cui somma permette di ottenere il totale delle emissioni di ogni fase di vita del veicolo

Il modello ha incluso ogni fase dalla produzione al riciclo, incluse quelle intermedie: il rapporto tra le fasi della filiera e le variabili di output ed input è diretto. Le variabili di output considerate sono state: produzione batteria, produzione del resto del veicolo ed assemblaggio, trasporto, utilizzo e infine smaltimento/riciclo.

Ogni fase si interfaccia con variabili di input: la produzione batteria con il luogo produzione, fattori di emissione (mix di generazione di corrente), il consumo energetico per la produzione, la capacità della batteria, il segmento del veicolo.

Il gruppo del Politecnico ha proceduto a scomporre ogni fase. Se la produzione ed assemblaggio aveva molte variabili di input in comune con la produzione della batteria, passando al trasporto dei componenti e del veicolo finito occorreva considerare le tratte collegate a luogo di produzione e assemblaggio batteria e  luogo utilizzo del veicolo.

Riguardo l’utilizzo, questa fase ha incluso input che dipendono dal luogo in cui avviene, dall’alimentazione (elettricità o carburante), dal segmento (il consumo specifico in kWh è più alto in base al segmento, per iPace che per Zoe ad esempio), dalla vita utile (è stata considerata una media di 150.000 chilometri).

Infine la fase di smaltimento/riciclo: è influenzata dal segmento (massa), tecnologia di riciclo e relativi consumi ed efficienza. In questo studio si è considerata la pratica piro-metallurgica di riciclo della batteria che comporta 2,9 MJ/chilo, mentre per il veicolo 0,4 MJ/chilo.

Per l’analisi sono stati considerati i segmenti A/B/C/D con luoghi di produzione distribuiti come detto tra Cina, USA, Germania, Italia. Molto interessanti i fattori di emissione della manifattura (che tengono in considerazione il mix di generazione di energia elettrica 2016): in Cina i valori considerati sono di 650 grammi di CO2/kWh, in USA 408, in Germania 403 e infine in Italia 313 grammi di CO2 per kWh.

Poiché l’Italia è stata considerata come luogo di utilizzo, quest’ultimo valore è stato anche quello usato dallo staff del Politecnico di Milano come fattore di emissione per l’utilizzo del veicolo elettrico, contro fattori per la benzina di 2.767 grammi CO2 per litro e il diesel 3.118 grammi CO2/l.

Che l’Italia sia considerata come luogo di utilizzo dall’analisi di life cycle assessment è qualcosa che faciliterà anche il compito di chi vorrà fare considerazioni sugli effetti dell’impiego di veicoli elettrici nel nostro mercato considerando il ciclo di vita completo.

Energy & Strategy Group ha inoltre provveduto a fissare dei valori di input relativi al consumo specifico e massa (e capacità della batteria per le sole auto elettriche) per i quattro segmenti considerati, che riportiamo nella tabella di seguito.

LCA PoliMi
Il consumo specifico medio di veicoli elettrici e convenzionali che è stato considerato come variabile di input dallo studio. (credito immagine: pagina 322 Smart Mobility Report 2019 Energy & Strategy Group)

Al termine della raccolta di dati da far confluire nel modello, come hanno scritto gli autori del Politecnico: “l’analisi mostra che, nei diversi scenari oggetto d’analisi, le emissioni di anidride carbonica lungo il ciclo di vita del veicolo risultano inferiori per i veicoli elettrici rispetto ai veicoli con motore a combustione interna“.

Il caso peggiore per quanto riguarda le emissioni sia di auto elettriche che convenzionali è quello della manifattura e dell’assemblaggio cinese, il migliore quello della filiera italiana. Il divario che si può raggiungere nelle emissioni di questa fase di nascita del veicolo tra i due casi estremi Cina/Italia ammonta ad un significativo 30% per i veicoli elettrici e al 15% per gli ICE.

LCA PoliMi 1
Produrre un’auto elettrica in Italia “pesa” meno per le emissioni che in Germania, USA o ancora di più in Cina (credito immagine: tabella pagina 336 Smart Mobility Report 2019 Energy & Strategy Group)

Considerata l’influenza della quota della fase di utilizzo nell’impatto ambientale è molto interessante il grafico che nel caso dell’Italia valuta l’evoluzione del mix di energie rinnovabili nella generazione dal 34% del 2016, considerato il caso base, a incrementi della quota delle rinnovabili dal 50% al 75% all’ipotetico 100% finale.

In questo caso i valori di emissioni totali per un’auto del segmento B possono scendere progressivamente nei quattro casi dai 106,71 grammi di CO2/km del caso base con mix 2016 al 94,54, a 66,98 e fino ai 39,42 grammi di un utilizzo con generazione completamente affidata alle rinnovabili.

Particolarmente interessante è nel modello di Energy & Strategy Group come le emissioni nell’utilizzo scendano da valori di 67,29 grammi di CO2/km nel caso base reale a 27,57 con rinnovabili al 75% e si azzerino ovviamente qualora arrivassero al 100% del mix. Dall’analisi si evince che una penetrazione al 50% delle rinnovabili riduce le emissioni dell’11% rispetto allo scenario base.

Un mix di rinnovabili salito al 75% ridurrebbe le emissioni totali dei veicoli elettrici del 37% rispetto al caso base. Infine, una energia elettrica al 100% in mano ad eolico, fotovoltaico, stoccaggio smart ridurrebbe del 63% le emissioni rispetto allo scenario base considerato.

LCA PoliMi 2
L’analisi di sensitività delle emissioni alla variazione del mix di generazione dell’energia elettrica: dal 50% al 75%, al 100% (credito immagine: tabella pag. 340 Smart Mobility Report 2019 Energy & Strategy Group)

I docenti e ricercatori del Politecnico di Milano hanno anche effettuato i calcoli su un modello italiano nel worst case, che non impatta i valori dell’utilizzo, che sono concatenati al mix di generazione italiana. Possono cambiare invece, per i veicoli elettrici, i valori relativi a produzione batteria, assemblaggio, trasporto e smaltimento.

Una verifica particolarmente interessante perché invece che un caso scuola è quasi una valutazione di quello che potrà succedere con l’inizio della produzione della 500 elettrica a Mirafiori.

Tenendo fermo il livello di generazione da rinnovabili invece che aspettarsi un miglioramento, la produzione della batteria, il trasporto e altro potrebbero peggiorare i valori di emissione di un’auto elettrica del segmento B portandoli dal miglior caso base di 106,71 grammi di Co2/km a 157,25. Già un miglioramento al 50% del contributo delle rinnovabili sposterebbe più favorevolmente il range da 94,54 a 145,09 anche se la produzione dovesse essere poco green.

Ipotizzando un ancora distante 100% di rinnovabili nel mix di generazione, una fase di produzione e assemblaggio poco “verde” potrebbe peggiorare i valori di emissioni totali da 39,42 a 89,95. Una cifra che sarebbe comunque la metà dei valori peggiori di emissioni di un veicolo convenzionale: 191,26…

Al Politecnico di Milano hanno anche voluto prendere in considerazione scarti nei consumi per dare un quadro di quelli che potrebbero essere gli effetti sulle emissioni totali di una variazione in meglio o in peggio dell’utilizzo del veicolo. Lo hanno fatto con un modello del segmento B, come una attuale Renault Zoe o una imminente Fiat 500 elettrica.

Anche qui abbiamo nelle pagine dello Smart Mobility Report 2019 un caso migliore ed uno peggiore. Una variazione del 20% in più o in meno dell’auto del segmento B considerata, dai 106,7 grammi di CO2/km porterebbe il valore a 93,24 oppure a 120,16 nel caso migliore.

Se si esamina il caso peggiore, quello che parte dalla produzione ed assemblaggio meno verdi, dal valore base di 157,25 si passerebbe a 143,79 con tagli ai consumi di utilizzo del 20% o a 170,71 con aumento dei consumi nel corso della vita operativa del veicolo.

LCA PoliMi 3
Il valore migliore nel range di emissioni totali di un’auto convenzionale nel segmento B è di 165 grammi di CO2 per chilometro, mentre anche il peggior valore di un’auto elettrica utilizzata in Italia è inferiore: 157 grammi (credito immagine: tabella pag. 350 Smart Mobility Report 2019 Energy & Strategy Group)

Vedere comparati uno accanto all’altro come nella tabella qui sopra riportata i diversi range di emissioni nella tabella aiuta a capire intuitivamente come il mix di generazione sia la variabile più impattante in un ciclo di vita delle auto elettriche, nel quale l’utilizzo può contribuire per una quota variabile tra il 40% ed oltre il 65%. In questa tabella, inoltre, si nota anche chiaramente quale sia l’unica opportunità per un veicolo a combustione interna di fare miglior figura sulle emissioni di uno elettrico.

I dati raccolti dal Politecnico di Milano confermano come il mix di generazione dell’energia elettrica si riveli la variabile più impattante nel ciclo di vita completo delle auto elettriche

Si tratta del caso in cui i consumi medi di un’auto elettrica aumentassero del 20%. Il che per un veicolo del segmento B come quello considerato vorrebbe dire aumentare molto la massa o la batteria, un fenomeno che riesce difficile immaginare considerato la costante crescita della densità di energia delle celle sia le recenti scelte di alcune case auto (ad esempio Honda con la nuova E) di limitare la capacità per le auto cittadine.

Ma anche i consumi peggiorati per la aumentata massa delle auto del segmento B da soli non basterebbero per portare le emissioni di un’auto elettrica sotto al livello di quelle di una citycar che brucia combustibili fossili: il confronto dovrebbe anche prevedere che negli anni a venire il mix di generazione restasse fermo al 2016 senza mai migliorare. E magari che la produzione, assemblaggio e trasporto sia effettuato trascurando le minime considerazioni ambientali.

Il che significa, ad esempio, che la casa auto produca senza curarsi di approvvigionarsi di energia elettrica da utility che certificano come verde la loro fornitura. Non solo non è così per la maggior parte dei grandi gruppi auto globali, che stanno tutti tracciando piani per arrivare a un’impronta carbon neutral il prima possibile, e dove e come questo non sia possibile si sono attivati per iniziative compensative, come il gruppo Volkswagen nella foresta del Borneo.

Possiamo anche tranquillamente sostenere che non sarà così nemmeno per il gruppo auto italiano, anzi italo-americano, il che ci interessa e non solo perché come abbiamo visto i veicoli elettrici prodotti ed utilizzati in Italia sono già amichevoli per il clima.

AUTO21 ha già direttamente colto segnali che non solo la riconversione di Mirafiori e degli altri stabilimenti che produrranno elettriche ed ibride sarà all’insegna dei parametri più moderni, ma che FCA sta già muovendosi per non essere da meno dei gruppi rivali tedeschi e francesi nell’andare ad assicurarsi celle per le proprie batterie provenienti da filiere a prova di… Greta quanto a certificazione.

Magari andando a prenderle anche in quella Scandinavia che per questa produzione è avvantaggiata da un mix energetico che sembra progettato e realizzato apposta per corrispondere ad uno dei casi migliori trattati nelle pagine dello Smart Mobility Report 2019.


Credito foto di apertura: AUTO21