Da una ricerca della Carnegie Mellon progressi sugli anodi semi-liquidi per le batterie “solid state”
Scienziati dell’università americana hanno sostituito comuni elettrodi in grafite con anodi semi-liquidi in litio metallo, in grado di far andare d’accordo maggiore capacità e sicurezza
Ricercatori dell’americana Carnegie Mellon University hanno realizzato anodi semi-liquidi, proponendo un percorso finora poco battuto nello sviluppo di nuovi tipi di batterie. Batterie basate su questo tipo di tecnologia potrebbero contribuire a riportare in auge il litio metallo per gli elettrodi: quindi vantando una capacità elevata, ma senza quei problemi di sicurezza che erano comuni nelle batterie che usavano un tempo lamine di litio negli elettrodi.
La ricerca, pubblicata sull’ultimo numero della rivista scientifica Joule, propone una soluzione interessante tra le numerose già avanzate che stanno cercando di rimediare alle problematiche dei dendriti: escrescenze di litio che si formano nel corso di ripetuti cicli di carica e scarica e possono forare i separatori che dividono i due elettrodi, creando corti circuiti e arrivando in casi estremi alla combustione.
Un aspetto quest’ultimo ben chiaro a tutti i ricercatori del settore e certo non meno presente per Krzysztof Matyjaszewski, il docente di chimica alla Carnegie Mellon che ha diretto lo studio: “incorporare un anodo litio metallo nelle batterie agli ioni di litio ha il potenziale per creare una batteria con una capacità molto superiore a quella di una con anodo in grafite. Ma la cosa più importante che dobbiamo fare è essere certi che la batteria che creiamo sia sicura”.
Una soluzione alternativa su cui si sta come noto puntando per il futuro è sostituire elettroliti infiammabili liquidi con materiali ceramici o analoghi, creando elettroliti solid state, di cui AUTO21 si è più volte occupata in passato.
Tuttavia in numerosi casi le tecnologie basate su concetti di elettroliti solid state hanno evidenziato che l’interfaccia, il collegamento tra elettroliti e anodo al litio, non è finora stato adeguato a gestire le quantità di energia su cui i dispositivi odierni pretendono di poter contare, dall’elettronica di consumo all’uso veicolare.
Due studenti di dottorato della Carnegie Mellon (Sipei Li e Han Wang) hanno iniziato a cercare una soluzione alternativa che consenta di non rinunciare agli elettrodi litio metallo, lavorando a un nuovo tipo di materiale che può essere impiegato come anodo semi-liquido.
Il team dell’ateneo di Pittsburgh ha creato una matrice composita polimeri/carbonio nella quale micro-particelle di litio sono distribuite uniformemente. La matrice, che conduce elettricità ed ha la caratteristica di rimanere fluida a temperatura ambiente, consente di creare un adeguato livello di contatto con elettroliti solidi.
Combinando l’anodo in metallo semi-liquido con un elettrolita solid state a base ceramica tipo garnet (una delle sostanze più popolari nella ricerca attuale sugli elettroliti solidi, forse a pari merito con le perovskiti che si stanno facendo largo anche per l’uso nelle celle solari), la squadra della Carnegie Mellon è riuscita a lavorare con densità di corrente dieci volte superiori a quelle di elettroliti solidi abbinati ad anodi litio metallo tradizionali. Questa cella sperimentale ha anche mostrato una longevità superiore a quella delle celle convenzionali.
I ricercatori dell’università della Pennsylvania credono che il metodo per ricavare anodi semi-liquidi potrebbe non solo avere potenziali applicazioni ad ampio spettro per la manifattura che vorrà lavorare su elettrodi litio metallo, ma anche per altri tipi di batterie che guardano sia al settore dei veicoli elettrici che a quello dello stoccaggio di energia.
Secondo gli autori dello studio il metodo potrebbe trovare spazio anche nelle batterie, ancora allo stato di sperimentazione, che stanno lavorando su leghe basate su chimiche molto differenti da quella scelta nel loro caso. Alcuni team di ricerca sono come è ormai noto anche al pubblico, su anodi liquidi a base sodio. Altri stanno percorrendo strade ancora meno battute, come chi cerca di far funzionare leghe sodio potassio e in proposito cominciano a vedersi i primi paper pubblicati.
Lo studio Carnegie Mellon è anche un promemoria che ci ricorda come la soluzione standard attuale per gli anodi, quella della grafite, ormai abbia raggiunto una maturità tale da poter offrire pochi miglioramenti sostanziali in prospettiva futura.
Alternative alla grafite impiegata negli anodi in effetti sono prese di mira sia da chi cerca maggiori capacità, ad esempio ricorrendo al silicio (combinato in dosi variabili a seconda delle tecnologie sviluppate anche facendo ricorso a nanotecnologie, o in qualche caso silicio puro), sia da chi la grafite la vuole evitare per cercare materiali che consentano ricariche più rapide.
La scorsa settimana il gruppo petrolifero BP e la consociata StoreDot (società di cui ci siamo occupati qui), hanno presentato una batteria a ricarica ultra-veloce per ciclomotori, in grado di rifornire di energia uno scooter spagnolo Torrot in soli cinque minuti.
Il fondatore della startup israeliana Doron Myersdorf ha spiegato alla stampa che per le ricariche ultra-veloci in grado di rendere il rifornimento comparabile a quello con le stazioni di servizio convenzionali, sarà fondamentale togliere dalle batterie la grafite. Nel caso della loro batteria sostituendola con vari materiali: tra cui silicio, germanio e stagno.
Che nella tecnologia degli elettrodi la concorrenza più pericolosa sia quella appena suggerita da StoreDot, oppure quella degli anodi semi-liquidi della Carnegie Mellon, si può ben dire che se non i giorni contati, la grafite nelle batterie ha ormai i… lustri contati.
Si ringrazia il Professor Lorenzo Stievano dell’ICGM per il link relativo alla ricerca condotta sulle leghe sodio potassio.