INFRASTRUTTURA

Migliaia di auto elettriche non “congeleranno” le reti attuali, neanche col 100% di veicoli elettrici

Dal gestore della rete francese RTE al Politecnico DTU, che ha sviluppato un modello estremo per l’isola danese di Bornholm, gli studi rassicurano sulla coabitazione tra auto elettriche e reti smart

Una delle obiezioni spesso reiterate alle prospettive di diffusione capillare dei veicoli elettrici è l’ipotesi che il moltiplicarsi di mezzi spinti da batterie di trazione manderebbe in tilt con rapidità e facilità le reti mantenute dalle utility globali. La critica appare dipingere un quadro in cui le reti elettriche appaiono piccoli stagni nei quali il diffondersi di nuovi pesci, strani piranha assetati di corrente, sia destinato a far sparire in un baleno l’acqua, ovvero l’energia.

Uno scenario che recentemente ha ricevuto smentite se non clamorose certo di spessore e di cui vogliamo qui riferire. Smentite che fanno apparire quello delle reti elettriche uno spazio molto resiliente e tutt’altro che precario. Ma soprattutto uno spazio molto attento a definire con congruo anticipo i possibili effetti della transizione verso una mobilità più sostenibile.

Il gestore della rete elettrica francese RTE ha appena pubblicato l’ultimo aggiornamento ai propri studi sull’impatto che potrà avere il crescere della quota di veicoli elettrici nell’Esagono. Chi ha costruito i modelli ha preso in considerazione un milione di veicoli elettrici attivi nel 2022/2023, circa 5 milioni nel 2028 e tra i 7 ed i 16 milioni nel 2035 (con la cifra superiore equivalente al 40% del parco veicolare totale).

In un precedente rapporto previsionale stilato nel 2017, RTE aveva sottolineato come la presenza di 15 milioni di veicoli elettrici rappresenterebbe un consumo di 34 TWh, il 7% della generazione francese. Adesso ha evidenziato molto l’aspetto del tempo che i veicoli leggeri trascorrono fermi e l’interazione possibile di questo fattore sui modelli di consumo e gestione.

I veicoli leggeri transalpini sono fermi il 96% del tempo complessivo, il 28% dal lunedì al venerdì e la metà la domenica. Con il crescere della diffusione dei veicoli elettrici le utility avranno la necessità ed opportunità di gestire il consumo su scala settimanale o mensile, non soltanto giornaliera.

Secondo RTE la rete francese sarà in grado di assorbire il consumo legato alla quota crescente di veicoli elettrici, e considera essenziale la gestione della modulazione della curva di consumo nazionale per adattarla alla produzione delle energie rinnovabili, pur rispettando i bisogni di mobilità della clientela che utilizza veicoli elettrici.

Le valutazioni del gestore della rete in Francia contemplano, come si è visto, quote di veicoli elettrici rilevanti ma non ancora dominanti. Riguardo a quest’ultimo caso ci viene in aiuto nel numero di giugno del Journal of Energy Storage, uno studio condotto da Mattia Marinelli, professore associato di ingegneria elettrica in Danimarca al DTU (Technical University of Denmark) insieme a due colleghe spagnole di IKERLAN (Amaia González-Garrido, Haizea Gaztañaga) e a uno studente di dottorato danese (Andreas Thingvad).

“Full-Scale Electric Vehicles Penetration in the Danish Island of Bornholm – Optimal Scheduling and Battery Degradation under Driving Constraints” (consultabile qui) traccia una valutazione dell’impatto che avrebbe uno scenario futuristico in cui i 40.000 abitanti dell’isola danese di Bornholm utilizzassero solo veicoli elettrici, il che significherebbe circa 17.500 mezzi: quattro su dieci è il rapporto auto/abitanti di quell’area.

Bornholm è l’isola più orientale della Danimarca, con dimensioni che sono circa il doppio dell’Isola d’Elba e 40.000 abitanti: un po’ di più dei circa 30.000 elbani. “L’isola”, ha spiegato ad AUTO21 il docente ligure “è ormai utilizzata da una decina d’anni per diversi progetti di ricerca e posso immaginare che la scelta iniziale fosse dettata dal fatto che si tratta dell’1% della Danimarca sia in termini di superficie che di popolazione”.

L’isola è quindi una sorta di “Danimarca in scala”, con scuole, ospedali, un po’ di industria, un po’ di agricoltura e di turismo che l’hanno resa interessante come campione. Non guasta che il 75% dell’energia prodotta localmente sia già proveniente dalle rinnovabili, e anche per questo motivo una piccola area locale è stata usata per esperimenti, tra cui uno, l’ACES project, in cui 20 veicoli Nissan sono stati utilizzati con successo per integrazione V2G (vehicle-to-grid) per bilanciare la rete.

Consci che le precedenti ricerche sui progetti di smart grid elettriche offrivano già una sorta di scalabilità nei confronti della Danimarca, il professore del Politecnico e colleghi hanno sviluppato un’analisi partendo dall’esistente: “la rete viene considerata praticamente con le caratteristiche attuali, non abbiamo considerato un potenziamento. Nello specifico l’analisi si focalizza sul punto di interconnessione della rete di Bornholm con la Svezia, il vincolo maggiore è sul cavo sottomarino che interconnette l’isola con la Scandinavia”.

Capire cosa possa succedere ad una rete che debba affrontare il 100 per cento di veicoli elettrici richiede dati su quello che i veicoli effettivamente fanno: lo studio suppone dal punto di vista dell’impiego quotidiano che laddove c’è ora un’auto termica ci sarà un’auto elettrica e che questa sarà usata allo stesso identico modo.

L’estrapolazione dei ricercatori riguardo a quanto guidino gli abitanti locali in termini di chilometri è stata rapida; la media di Bornholm dei veicoli convenzionali è infatti nota: circa 34 chilometri attualmente rispetto ai 45 chilometri che vanno considerati su tutta la popolazione della Danimarca.

Più complesso l’altro aspetto critico da sviscerare, quello delle ricariche, per il quale i ricercatori hanno trovato un aiuto distante: “ci siamo serviti di dati storici basati su utenti di Leaf che ci sono stati forniti da Nissan e fanno riferimento alla clientela reale giapponese. Analizzando quei dati abbiamo visto che è un’ipotesi parecchio peggiorativa considerare che tutti quanti insieme vogliano ricaricare arrivando a casa ogni sera con un livello di potenza domestica classico da 3,7 kW e 16A. In realtà erano meno della metà”.

Il fatto che statisticamente meno della metà della popolazione vada a caricare i veicoli insieme alla sera è ovviamente legato a comportamenti diversificati: vuoi per chi lavora in orari serali o notturni, vuoi perché c’è chi non arriva subito a casa appena finito il lavoro o per abitudini e motivi variegati, motivi comunque in grado di influenzare il carico massimo delle reti elettriche.

Considerati tutti questi fattori e senza modificare comportamenti ed abitudini attuali, il risultato è stato che nell’orario di massima sollecitazione serale, tra le 18.00 e le 19.00 gli automobilisti collegando le loro prese domestiche aggiungerebbero 24 MW al carico serale abituale di Bornholm di 30 MW.

Un risultato che ha sorpreso gli stessi ricercatori: “la rete non va a sovraccaricarsi così tanto; uno si aspetterebbe in presenza di 17.500 veicoli elettrici una situazione molto peggiore che in effetti non si verifica. Intendiamoci, è una situazione potenzialmente critica per la rete, ma non bisogna dimenticare che l’isola dispone di impianti di generazione locali e non necessita unicamente del cavo di connessione alla Svezia”.

Un altro aspetto interessante che i ricercatori stanno per pubblicare a breve riguarda anche l’impatto sulla rete di distribuzione locale e anche in questo caso risulta che in uno scenario di penetrazione al 50% (8.750 veicoli), la rete non necessiterebbe di rinforzi.

Anche considerando un’isola di Bornholm completamente “invasa” da veicoli elettrici, con l’adozione di piani di ricarica modulati opportunamente ci sarebbe addirittura la possibilità di ridurre le criticità. Non solo: ci sarebbe l’occasione di ridurre i costi annuali di ricarica di circa il 12% rispetto alla situazione lasciata al caso o all’inerzia delle abitudini, con anche l’effetto non trascurabile di ridurre l’usura dei pacchi batterie grazie a stati di carica meno stressanti per le celle e a cicli di ricarica inferiori di numero.

L’analisi è arrivata a questa conclusione servendosi di soluzioni già note e sperimentate, conferma Marinelli: “partendo dal caso base, siamo andati a considerare quelle che sono le soluzioni smart charging, il che alla fine significa caricare quando c’è capacità disponibile. Quando parliamo di smart charging assumiamo di parlare di due criteri: il primo è il time-of-use, ovvero in sostanza spostare la carica nei momenti più favorevoli”.

La seconda soluzione è particolarmente di attualità in questo periodo, tra progetti già in corso di realizzazione oppure appena varati, anche in Italia. Si tratta di quello che oggi si usa chiamare V2G ma che ha radici antiche almeno quanto gli impianti idroelettrici, come sottolinea il professore italiano: “utilizzare la batteria dell’auto per fare accumulo è in sostanza fare come le centrali idroelettriche di pompaggio”.

“In realtà quello che è venuto fuori è che dall’avere una bi-direzionalità il vantaggio economico che si ottiene è veramente marginale, in termini di remunerazione ci si tirano fuori pochi soldi in più e inoltre per fare questo si avrebbe bisogno di un hardware che oggi solitamente non c’è e che comporterebbe un costo maggiore dell’auto”.

Nel parlare della remunerazione del V2G, non è inopportuno ricordare che non si metterà a disposizione l’intera batteria e quindi si potrà essere remunerati per una capacità inferiore a quella totale. Nel caso delle batterie Nissan da 4o kWh non sono più di circa 7 kWh quelli messi a disposizione (7 kWh corrispondono ai 34 chilometri guidati in media quotidianamente), ad esempio proprio in test in Danimarca, per servizi PFC (di stabilizzazione della frequenza della rete) collegandosi a colonnine bi-direzionali da 10 kW.

Quanto all’hardware, che questa problematica nel settore della ricarica bi-direzionale sia sostanziale sembra pensarlo anche Renault. Al recente EVS32 il gruppo della Losanga ha presentato alla folta audience del simposio di Lione un prototipo di Zoe col caricatore bi-direzionale integrato direttamente nella vettura, con una capacità di scarica AC di 7 kW.

Questa Zoe è simile a una quindicina di modelli gemelli che, così attrezzati, consentono in un recente progetto olandese di collegare i veicoli a colonnine di ricarica molto diffuse con adattamenti minimali e quindi costi ragionevoli.

Il programma Renault di un V2G in corrente alternata e in carica lenta (in alternativa al più rapido contributo che può arrivare alla rete elettrica da colonnine DC con raccordi CHAdeMO) appare una apertura ad un contributo di veicoli elettrici molto più distribuito, un contributo un giorno eventualmente aperto anche ai privati.

Ma non è solo la questione dell’hardware necessario attualmente ad essere emersa nell’analisi del contributo del V2G di Marinelli e co-autori: “L’altro aspetto ulteriore elaborato nel nostro paper è che questa carica e scarica comporterebbe un numero di cicli di utilizzo della batteria molto più alti, il che comporta che la batteria si consumerebbe di più erodendo definitivamente il vantaggio economico della ricarica bi-direzionale”.

E quindi agli effetti normali di invecchiamento dei pacchi batterie, che sono quelli derivati dal normale utilizzo dinamico dei veicoli e a quelli cosiddetti da calendario, prima di decidere se aderire ad una proposta di partecipare ad un progetto di ricarica bi-direzionale i mobility manager che gestiscono le flotte potrebbero dover considerare con attenzione anche questo complesso aspetto.

Se ritenete che le piccole dimensioni geografiche e di popolazione di Bornholm comportino una difficile trasferibilità dell’analisi del Professor Marinelli e dei suoi colleghi a realtà complicate, finite di leggere anche queste ultime righe, perché non solo a ricercatori è avvenuto di recente di stupirsi nel verificare la resilienza delle attuali reti elettriche rispetto all’ormai imminente ondata di veicoli a zero emissioni locali.

L’utility tedesca E.ON ha recentemente calcolato cosa avverrebbe se entro il 2045 nell’area coperta dalla sua rete elettrica circolasse il 100 per cento di veicoli elettrici, ovvero 6,5 milioni di mezzi fossero spinti da pacchi batterie. L’attuale infrastruttura potrebbe supportare senza particolari difficoltà ed adeguamenti una quota di elettriche del 25/30% di veicoli elettrici.

Andando oltre, la rete E.ON dovrebbe essere adeguata. Le spese in conto capitale necessarie:  €2,5 miliardi, distribuiti ed ammortizzati su venticinque anni, sono state definite dall’amministratore delegato dell’utility di Essen Thomas König sorprendentemente basse.

Lo scenario in questo caso comprenderebbe 2,9 milioni di wallbox da 11 kW presso privati e piccole e medie aziende, 200.000 colonnine veloci da 50 kW e 25.000 postazioni ultra-veloci (quelle particolarmente indicate per gli assi autostradali) da 150 kW.

Una quota significativa delle spese di adeguamento sarebbe destinata a lavori sulle sottostazioni, mentre meno impegnativo sarebbe l’aggiornamento delle linee di trasporto. Ma E.ON è convinta che i €400 ipotetici di costo per veicolo di adeguamento dell’infrastruttura richiesti per servire 6,5 milioni di veicoli elettrici potrebbero diminuire fino ad essere dimezzati.

Come? Con soluzioni di… avete indovinato?, smart charging, e incentivi al consumo spostati semplicemente dalla sera alla notte, pur tenendo conto della considerevole quota di proprietari di veicoli elettrici da accontentare.


Credito foto di apertura: profilo Twitter NUVVE Corp.