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La miglior auto elettrica al mondo esce dallo stabilimento più infernale del mondo?

Le linee di Fremont e Reno ancora non digeriscono i grandi volumi e Musk se la prende coi manager, mentre monta il dubbio che la Model 3 non sarà un affare

Che Elon Musk nell’opinione di Wall Street non sia più il simbolo del successo AUTO21 lo aveva già scritto. Oggi scopriamo che anche l’analista finanziario che più di ogni altro aveva fatto per convincere gli scettici del talento dell’imprenditore sudafricano e del potenziale della sua Tesla, Adam Jonas di Morgan Stanley, ha abbassato il prezzo-target del titolo: da $376 a $291 (al momento in cui finiamo di scrivere era $283).

Nella nota ai clienti della banca d’affari, Jonas ha tra l’altro scritto che “le sfide nel potenziare la produzione della Model 3 riflettono problemi fondamentali di progettazione del veicolo, processi manifatturieri e livelli di automazione che possono pesare contro la profittabilità del veicolo“.

La Model 3 è la vettura su cui Tesla si gioca il proprio futuro. Che Musk vi sia simpatico o meno, chi ha già avuto modo di provare l’auto elettrica con cui la casa californiana esordisce nel prodotto destinato a grandi volumi ne ha riferito in modo entusiastico, inclusi alcuni tutt’altro che facili da accontentare, una volta che si siedono al volante.

In altri termini: la Model 3 potrebbe davvero essere la migliore auto elettrica che un cliente possa comprare, ma se i problemi alla linea di produzione di Fremont (e quelli alla Gigafactory delle batterie nel Nevada) non saranno risolti, Tesla non riuscirà a guadagnare sulle auto che si avviano verso i loro clienti.

Nonostante recentissime voci di progressi (500 Model 3 prodotte al giorno, sostiene il sito pro-Tesla electrek.co) che la risoluzione dei problemi non sia da attendersi a breve lo indica anche il continuo esodo del management da Tesla.

Musk tenta e a volte riesce a portare in azienda staff straordinariamente preparato. Ma poi, così sostengono voci sempre più numerose, non sembra in grado di trarne il meglio: per la tendenza a interferire e a voler risolvere tutto a modo suo, magari con soluzioni quasi infantili come dormire in un sacco a pelo accanto alla travagliata linea di montaggio.

Un rimedio che può avere funzionato con Space X nel periodo di difficoltà della società dell’aerospaziale: ma non ci risulta che esista una casa auto delle dimensioni di Tesla che stia in piedi producendo un razzo, pardon, un’auto al mese.

Invece dall’inferno della produzione il numero uno di Tesla pare voler uscire, come ha scritto ai dipendenti, appiattendo  il management, accorpando funzioni ed eliminando posizioni che sono adesso ritenute non vitali.

Doug Field, a capo dell’engineering, e Matthew Schwall, che si occupava dei rapporti con le agenzie e le autorità federali, se ne sono appena andati. Nei passati tre anni 50 alti dirigenti sono cambiati, 31 di loro dal gennaio January 2017, da quando la Model 3 è entrata in scena.

Come se non bastasse Musk schiuma rabbia via tweet vedendo lo spazio smisurato che i social media danno alla serie di incidenti, ormai in ogni continente, che riguardano una Tesla. Con sempre più auto in strada, è inevitabile che questo accada. Quello che non è inevitabile è che se ne parli in modo quasi compulsivo.

E qui l’abilità di Musk di essere protagonista del mondo della rete, risparmiando centinaia di milioni di presenze ai saloni dell’auto o in pubblicità convenzionale, gli si ritorce contro.

Tesla e Musk inducono sempre al click: quando era tutta pubblicità positiva in California potevano gongolare. Adesso l’attenzione su tutto quello che riguarda Tesla e Musk è rimasta alle stelle e se quello che appare nello schermo dello smartphone è un incidente o una vettura in fiamme il click è altrettanto rapido, o perfino di più, di quello dei periodi meno turbolenti.


Credito foto di apertura: press kit Tesla