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L’Hydrogen Council a Bonn mette nel serbatoio un pieno di cifre e numeri

Al COP23 di Bonn il gruppo di lavoro diretto da Air Liquide e Toyota ha presentato un report stilato da McKinsey che guarda al futuro

Formatosi da pochi mesi, l’Hydrogen Council ha già reclutato un pezzo da novanta della consulenza come McKinsey perché l’aiutasse a spiegare in che modo l’idrogeno potrà contribuire in modo significativo alla lotta al riscaldamento globale. Con l’effetto collaterale, secondo lo studio pubblicato in queste ore, di generare $2.500 miliardi di fatturato globale creando la bazzecola di 30 milioni di posti di lavoro entro il 2050.

Lo studio commissionato da 18 protagonisti del settore, guidati attualmente da Air Liquide e Toyota ma con la presenza paritaria di altri nomi noti delle borse globali come Alstom, Audi, BMW Group, Daimler, General Motors, Honda, Hyundai Motor, Shell e Total, ancora una volta sottolinea il potenziale dell’idrogeno per puntare a ridurre le emissioni di CO2.

Quanto?  Circa sei gigatonnellate rispetto ai livelli attuali, contribuendo così per un 20% ai tagli ritenuti necessari per contenere il riscaldamento climatico entro i 2°C.  Il report dal titolo Hydrogen, Scaling up traccia una mappa che suggerisce che al traguardo del 2030 possiamo trovare tra i 10 ed i 15 milioni di veicoli passeggeri e mezzo milione di camion realizzati con tecnologie fuel cell ed alimentati dall’idrogeno.

Il perseguimento di questo obiettivo ambizioso porterebbe la domanda annuale di idrogeno a moltiplicarsi per dieci, arrivando a costituire il 18% della domanda totale di energia nell’anno 2050. Questo percorso richiede di converso massicce iniezioni di capitali: secondo quanto rivelato dall’ Hydrogen Council a Bonn, da qui al 2030 sarebbero necessari investimenti tra i $20 ed i $25 miliardi l’anno, per un corposo totale di circa $280 miliardi.

Il report ha qualcosa da dire anche su un tema che in queste settimane è tornato di attualità: la tesi che le auto a zero emissioni non siano davvero ecologiche rispetto a quelle convenzionali se si considera il complesso della loro vita, inclusa la fase di produzione. Al riguardo si trova la tabella che pubblichiamo qui di seguito, che accredita ai veicoli fuel cell un primato in questo ambito rispetto a quelli a motore endotermico ed a quelli elettrici.

emissioni ciclo comoleto fuel cell
Nella tabella, da sinistra le emissioni nel ciclo di vita completo di veicoli convenzionali (ICE), fuel cell (FCEV) e elettrici a batteria (BEV). (Credito immagine: Hydrogen Council)

Secondo il report il processo manifatturiero dal quale esce un veicolo fuel cell comporta emissioni leggermente più alte di quello con cui un’auto convenzionale esce dalla linea di produzione: tra i 45 ed i 55 grammi a chilometro.

Ma quando si considera il ciclo complessivo di emissioni di CO2 dei veicoli fuel cell i valori diventano più bassi sia che si consideri un mezzo che impieghi idrogeno ottenuto dal gas metano (SMR), sia a maggior ragione quando l’idrogeno fosse ricavato da processi che producano ancora meno CO2.

L’idrogeno può infatti essere un residuo di alcune attuali fasi di lavorazione dell’industria chimica. Oppure prodotto già ora in stazioni di rifornimento mediante elettrolisi, alimentata da energie rinnovabili. Un’auto con impianto di pile a combustibile alimentato nel modo più amichevole per l’ambiente potrebbe raggiungere emissioni complessive di CO2 comprese tra i 60 ed  70 g al chilometro.


Credito foto di apertura: ufficio stampa Hyundai Motor Italia