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Fidanzamento non è la stessa cosa di matrimonio. Vero FCA?

Buona la prima? Forse non è così nel caso di Fiat Chrysler Automobiles che, dopo aver stretto un accordo di collaborazione con Google per fornire 100 minivan Chrysler Pacifica, sarebbe in trattative, secondo questo post firmato stamattina da Tommaso Ebhardt ed Eric Newcomer sull’agenzia Bloomberg, per una partnership parallela con Uber Technologies Inc. Fonti hanno rivelato ai due giornalisti che un accordo potrebbe essere plausibile entro il 2016, anche se la conversazione sarebbe ad uno stadio preliminare, dopo che simili abboccamenti ci sarebbero stati con Amazon.com Inc. interessata a sua volta a mezzi a guida autonoma incaricati delle consegne.

Non è certo la prima volta che l’amministratore delegato di FCA Sergio Marchionne risulta in cerca di un partner. Se fino a pochi mesi fa si trattava di voci per alleanze o fusioni con altri gruppi automobilistici, ora diventa sempre più frequente l’accostamento ad aziende della Silicon Valley. Inclusa la corteggiatissima Apple Inc. Per un gruppo come FCA che ancora ha da risolvere problemi di sostenibilità del debito e potrebbe non avere le risorse (tante) da gettare nella ricerca sull’auto autonoma, un accorso potrebbe essere meno strano di quello che appare: da tempo Uber sta sviluppando la tecnologia della self-driving car con ingegneri e ricercatori provenienti dalla prestigiosa università Carnegie Mellon di Pittsburgh, dove stanno già girando veicoli per test su strada.

Uber ha appena concluso con successo un round di raccolta di capitale ricevendo $3,5 miliardi dal fondo sovrano dell’Arabia Saudita. Il presidente John Elkann, ricorda Bloomberg, nella lettera annuale agli azionisti ha messo in guardia dal ripetere errori passati con investimenti che hanno cercato di uscire dal settore auto per diversificare in altri campi, a lungo andare con scarso successo. Ora invece, sono le necessità industriali a richiedere matrimoni trans-settoriali. I grandi costruttori mancano di quello che hanno i giganti della tecnologia e viceversa.

C’è spazio per farsi delle domande, in quella che appena un paio di settimane fa Greg Gardner in un articolo sulla Detroit Free Press aveva definito la “danza di accoppiamento delle case auto e dei giganti del ride sharing”. Il fatto è che non sempre si tratta di accordi tra aziende in salute. Se Uber ad esempio ha appena rastrellato capitale, questo non è segno che stia facendo profitti. In America secondo il suo amministratore delegato Travis Kalanick guadagna, in Cina, l’altro mercato mondiale determinante, perde e molto, anche se non sono disponibili bilanci pubblici perché Uber è ancora privata e non quotata in borsa. FCA beneficia del successo in alcuni mercati, Nord America in testa, ma non  ha ancora messo alle spalle i debiti di anni difficilissimi. Si tratta, in questo come in altri casi, ad esempio Volkswagen con Gett, o GM con Lyft, di matrimoni spesso di interesse. L’obiettivo per tutti è indovinare una partnership che generi crescita.