BATTERIE

Quell’onda lunga delle batterie sodio-ione

La diversificazione della filiera delle batterie passa anche da tecnologie e produzioni alternative agli ioni di litio, come quella su cui il Professor Stefano Passerini ha tracciato un quadro ricco di dettagli (e all’orizzonte ci sono anche celle anode-less col sodio metallico)

Nella prima parte della conversazione di AUTO21 col Professor Stefano Passerini (pubblicata venerdì 15 settembre) gli avevamo chiesto di mettere a fuoco alcune delle più recenti svolte nella ricerca sempre più promettente sui liquidi ionici. La sterminata produzione scientifica del Professore Ordinario del Dipartimento di Chimica della Sapienza include, tra i molti settori toccati, anche tecnologie alternative a quella delle tradizionali celle agli ioni di litio. Tra queste la più matura (o quasi matura) si può considerare senz’altro il settore sodio-ione: anche in Occidente ormai le case auto vi si interessano. Volkswagen già le starebbe sperimentando attraverso la sua controllata cinese con sede ad Anhui, mentre il numero uno della tecnologia di Stellantis Ned Curic la settimana scorsa a Torino in occasione dell’inaugurazione del “polo delle batterie” ha menzionato come alternativa tecnologica plausibile il sodio-ione.

Al momento della nostra intervista, lo scienziato italiano era tornato da pochi giorni dal simposio “STRIKE” dedicato proprio a questa tecnologia: in Galles gli era stata affidata la Opening Lecture del convegno, a cui si riferisce l’immagine di apertura.

Al simposio “STRIKE” a Swansea è stata mostrata agli addetti ai lavori la cella Faradion sodio-ione con densità di energia da 190 Wh/kg; può essere un punto arrivo della prima generazione?

“Da quello che so io i cinesi stanno molto più avanti rispetto ai valori di Faradion. Sono stato in Cina tra fine luglio e inizio agosto e loro sono pronti a invadere il mercato anche con le batterie sodio-ione. Hanno fermato la loro immissione in commercio, perché in verità la Cina ora sta in sovraproduzione di celle agli ioni di litio. E ce ne stiamo accorgendo coi crolli dei costi dei veicoli elettrici: adesso le celle LFP vanno a $70/kWh, che è pochissimo. In teoria adesso un veicolo elettrico con celle LFP al costo attuale di queste celle dovrebbe costare meno di un veicolo a combustione interna. Sono passati al di sotto della soglia della parità di costo. E quindi hanno un po’ rallentato la commercializzazione delle celle sodio-ione, questo è il punto. CATL, Huawei, SVolt (spin-off del gruppo auto Great Wall Motor) sono tutte molto avanti sulla produzione e potrebbero immetterle sul mercato. Ma non lo stanno facendo, proprio perché c’è questa sovraproduzione e sarebbe una follia in questa fase entrare con una nuova chimica. Ma lo faranno, molto a breve. E i 170 Wh/kg, 190 Wh/kg per la densità di energia delle celle sono abbastanza assodati e realistici. Sicuramente la prima generazione sodio-ione commerciale viaggerà su quei valori”.

La ricerca sulle celle sodio-ione si può considerare in qualche modo frenata dal fatto di avere a disposizione materiali che sono nati per le celle litio-ione, oppure sta per avvenire un salto in avanti su solventi, sali eccetera?

“No, i sali ancora sono gli stessi, il sale utilizzato è ancora il sodio esafluorofosfato (NaPF6) che è l’equivalente del LiPF6, i solventi sono più o meno gli stessi, questo passaggio ancora non c’è stato. Quindi l’elettrolita rimane più o meno lo stesso, con l’eccezione che è un sale di sodio invece che di litio. So che in molti stanno lavorando (me compreso) sulla sostituzione del sodio PF6 col bis(fluorosulfonyl)imide (Pyr[]14FSI), questo perché contiene molto meno fluoro: solo 2 atomi di fluoro per anione contro i 6 che sono contenuti nel PF6. I composti fluorurati costano in base al numero dei fluori, ed è anche per questo che l’FSI lo consideriamo molto interessante come anione. D’altro canto, l’altro anione tipico dei liquidi ionici, il TFSI, rischia di essere abbandonato completamente, perché rientra nella categoria dei PFAs di cui avrete sentito parlare (n.d.A.: i cosiddetti ‘forever-chemicals’) i poli-fluoro alchili che l’Unione Europea sembra voglia proibire completamente. L’elettrolita rimane quindi più o meno lo stesso, ad eccezione della proposta di Altris, una startup svedese che propone per l’uso come elettrodo positivo PBA (prussian blue analogue), che ha dei vantaggi e nel loro caso specifico non usano il PF6 ma un altro solvente, diverso, però sempre infiammabile”.

Per quanto riguarda gli anodi delle celle sodio-ione, sono numerosi i paper usciti di recente che propongono sviluppi sul sodio metallico: l’hard carbon si può ancora considerare il punto di riferimento?

“L’hard carbon è ancora lo standard e al momento gli unici HC che funzionano bene sono quelli prodotti da ditte giapponesi: costano un po’ cari perché sono prodotti di sintesi. La stragrande maggioranza delle ricerche sui materiali sono focalizzate sull’hard carbon da bio-waste, che potrebbero quindi essere economici senza impiegare prodotti petroliferi. Il sodio metallico può essere considerato solo ed esclusivamente se si riescono a realizzare batterie che non lo contengano all’inizio (le famose anode-less o anode-free), perché lavorare sodio metallico in fase di produzione di una cella è tutt’altro che semplice. Ci stiamo lavorando in molti e anche io ho pubblicato articoli dove gli elettroliti polimerici possono essere impiegati nella realizzazione di nuove celle anode-less che funzionano abbastanza bene. Però c’è ancora da lavorare: diciamo che è una prospettiva che da adesso vale per i prossimi… tra 5-10 anni”.

La differenza di capacità ottenibile da un anodo al litio metallico rispetto alla grafite è molto maggiore rispetto a quella che c’è tra un anodo al sodio metallico e uno hard carbon: è questo forse che mette meno fretta nel cercare di passare al sodio metallico?

“È vero che il sodio pesa tre volte il litio, però ci sarebbe ancora tanto vantaggio nel sostituire l’anodo col sodio metallico. Teniamo presente che siccome le batterie al sodio verranno utilizzate per veicoli ‘non di punta’ c’è quindi meno pressione su questo per arrivare a valori necessari per altissime prestazioni. Si cominciano a vedere buone celle con la possibilità di usarle per scooter, veicoli leggeri, anche auto da città e cominciano a esserci dei forti interessi. Faradion ad esempio adesso spingerà, anche perché ha dietro il colosso indiano Reliance, che ha deciso di stare sul low-cost con produzione di celle sodio-ione e di LFP. Anche se per le celle LFP sarà tutto da capire, perché non è che ci sia così tanto fosfato in giro per il mondo. Non bisogna mai dimenticare che quando usi dei fosfati vai sempre in conflitto con l’alimentazione umana, perché i fosfati alla fine sono concimi e quindi compresi tra i critical materials. Senza contare poi che oggi l’area del pianeta in cui è accertata la maggiore disponibilità di fosfati è quella al confine tra Cina e Vietnam”.

Le attuali stime della società di consulenza Benchmark Mineral Intelligence prevedono una capacità globale di produzione di celle agli ioni di sodio di 130 GWh per fine decennio (credito grafico e fonte dati: Benchmark Mineral Intelligence)
Credito foto di apertura: profilo LinkedIn Prof. Maximilian Fichtner