BATTERIE

Ancora contributi ai progressi della ricerca sulle batterie con rivestimenti a secco

Dai laboratori americani di Oak Ridge, gli ultimi risultati dei processi di produzione con dry coating di catodi e anodi per assicurare ai veicoli elettrici celle più sostenibili, meno costose e dalla maggiore efficienza

Un punto critico della produzione delle batterie agli ioni di litio utilizzate per alimentare i veicoli elettrici è stato fin dagli esordi di questa tecnologia quella fase in cui i loro elettrodi sono realizzati utilizzando un impasto umido (slurry) che fa uso di solventi tossici, in particolare NMP (N-methyl pyrrolidone) per i catodi.

Uno snodo del processo produttivo che sia pone rischi per la salute di chi vi è a contatto, sia per l’ambiente e si fa notare per i suoi costi. Rivestimento a umido e la seguente fase di asciugatura sono responsabili di ~11,5% dei costi della manifattura e di >46% del suo consumo di energia.

Per questo produttori globali di batterie e centri di ricerca avanzata lavorano a pieno ritmo per perfezionare tecnologie che ne facciano a meno grazie al dry coating, diventato celebre in particolare da quando Tesla aveva acquisito Maxwell Technologies (startup detentrice di numerosi brevetti dall’interessante potenziale) e che hanno continuato a fare notizia fino alla conferma che PowerCo, la divisione controllata da Volkswagen, punterà sul rivestimento a secco per una parte della produzione a medio termine.

Tra i centri di eccellenza che stanno sperimentando le possibilità, uno dei più prestigiosi in America è l’Oak Ridge National Laboratory gestito dall’University of Tennessee-Battelle per il Dipartimento dell’Energia.

Gli studi più recenti nati nel laboratorio hanno confermato i vantaggi significativi di un processo di produzione a secco degli elettrodi delle batterie, ma anche mostrato dove sia necessaria ulteriore ricerca per portare lo sviluppo a progressi sostanziali tali da mettere fine alla produzione attuale basata sul rivestimento a umido.

Il dry coating elimina il solvente e si rivela promettente per fornire una batteria che sia durevole, meno appesantita da elementi inattivi e in grado di mantenere un’elevata capacità di accumulo di energia dopo l’uso. Miglioramenti così estesi potrebbero stimolare una più ampia adozione dei veicoli elettrici, contribuendo a ridurre le emissioni e raggiungere gli obiettivi climatici dei paesi in cui si diffondono.

Il metodo prescelto prevede tre fasi: miscelazione delle polveri con legante, avvolgimento e calandratura della miscela ottenuta in un elettrodo e infine laminazione dell’elettrodo così ottenuto sul collettore di corrente, rispettivamente l’anodo su lamina di rame e il catodo su lamina di alluminio.

L’ORNL e il partner industriale Navitas Systems hanno sondato come il processo a secco influisca sulla struttura dei materiali delle batterie e sulle loro proprietà elettrochimiche. Il team si è concentrato su una strategia di lavorazione a secco dell’elettrodo che prevede la miscelazione di polveri asciutte con un legante, quindi la compattazione del materiale per migliorare il contatto tra le particelle.

Questo approccio può essere applicato sia all’anodo che al catodo, concentrandosi su determinati materiali o metodi di miscelazione. I risultati ottenuti hanno dimostrato particolare efficacia su elettrodi di buon spessore, mentre ulteriori perfezionamenti richiederà l’applicazione a film ultra-sottili necessari in alcune tipologie di celle.

Dopo che Navitas ha realizzato gli elettrodi, i ricercatori dell’ORNL guidati da Jianlin Li e Runming Tao hanno misurato le loro prestazioni elettrochimiche in condizioni diverse in vari intervalli di tempo. Il team dell’ORNL è stato in grado di raggiungere una nuova comprensione di come si degradano gli elettrodi delle celle lavorati a secco.

Le batterie realizzate utilizzando il processo a secco hanno mostrato una tendenza fuori dal comune a mantenere la loro capacità dopo un uso prolungato, secondo i risultati riportati in un paper sul Chemical Engineering Journal. I prototipi di celle realizzate con anodi in grafite e catodi con la diffusa chimica LiNi0.6Mn0.2Co0.2O2 hanno mostrato una capacità di ritenzione del 74,1% e del 63,6% rispettivamente dopo 400 e 800 cicli di prova.

Sono “altamente desiderabili chimicamente” perché la loro struttura ha una cinetica favorevole, ovvero consente agli ioni di litio di effettuare un percorso più diretto tra anodo e catodo, hanno scoperto i ricercatori. Gli elettrodi sono più spessi per consentire un maggior carico di energia riducendo gli ingredienti inattivi che aumentano le dimensioni e il peso.

“Ci sono più materiali attivi nell’elettrodo”, ha detto Tao. “E anche dopo la ciclazione, avrà poche fessurazioni”. Questi due vantaggi riflettono un’elevata densità energetica e una buona ciclabilità a lungo termine. L’elettrodo può piegarsi e flettersi bene, dimostrando un’eccellente resistenza meccanica e anche la capacità di avvolgimento necessaria per la produzione di massa di batterie.

Il processo a secco potrebbe offrire una serie di vantaggi ai produttori e alla catena di approvvigionamento: è altamente compatibile con le attuali apparecchiature di produzione di elettrodi all’avanguardia, mentre il suo ridotto impatto ambientale agevola la pianificazione degli impianti delle batterie.

“Quando si guarda alle Gigafactory, si sta guardando a miliardi di dollari per sviluppare le batterie”, ha detto Bryan Steinhoff, responsabile tecnico e ricercatore capo del progetto per Navitas. “Il trattamento a secco può eliminare le apparecchiature di rivestimento e solvente attualmente necessarie per la produzione di batterie su larga scala. Se invece è possibile utilizzare un processo a secco, è possibile ridurre l’impronta fino al 40 o 50%, risparmiando centinaia di milioni di dollari e iniziando a consentire la creazione di un’infrastruttura per sostituirne una che al momento dipende in gran parte dall’Asia”.

Il prossimo passo nella ricerca è stabilizzare il materiale che attacca i componenti dell’anodo al sottile collettore di corrente. “Un obiettivo principale di questo progetto è quello di sviluppare o identificare un legante migliore per il processo a secco, perché il legante attuale non è molto stabile per l’ambiente anodico”, ha detto Li.

Lo sviluppo mostra la necessità di perfezionamento perché la efficienza coulombica iniziale degli anodi con rivestimento a secco (77,9%) non eccelle, ed è imputata all’uso non ideale come legante di PTFE (ovvero polytetrafloroethylene), che invece non pare creare problemi ai catodi NMC. Il team sta anche lavorando per ridurre la quantità di nerofumo, il materiale usato da decenni industrialmente anche negli pneumatici, che supporta la conduttività della batteria ma riduce la sua densità energetica.

I ricercatori dell’ORNL e di Navitas continuano a perfezionare il processo per migliorare le prestazioni elettrochimiche. L’obiettivo è quello di bilanciare i vantaggi e gli svantaggi di un elettrodo più spesso: ha il potenziale per un carico di energia più elevato ed è facile da avvolgere, ma può fornire meno energia, poiché gli ioni devono fare più strada.

La ricerca è stata sponsorizzata dal DOE Advanced Materials and Manufacturing Technologies Office e condotta presso la Battery Manufacturing Facility del Dipartimento dell’Energia, il più grande centro di ricerca e sviluppo di batterie ad accesso pubblico americano. Alcune caratterizzazioni dei materiali sono state condotte presso il Center for Nanophase Materials Sciences dell’ORNL, altra struttura dell’Office of Science che fa capo al DOE.

credito foto di apertura: ufficio stampa Navitas Systems