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I Berkeley Lab promuovono la tecnologia «DLE» per il litio

Esperti del Lawrence Berkeley National Laboratory considerano promettente la tecnologia estrattiva collegata alla geotermia che in California, attorno al Salton Sea, attira già gli investimenti di finanza e gruppi auto

Un duo di scienziati del Lawrence Berkeley National Laboratory (per brevità Berkeley Lab) del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, ha recentemente pubblicato una rassegna completa delle tecnologie passate e attuali per l’estrazione di minerali dalle salamoie geotermiche.

Questa review rileva che le soluzioni geotermiche messe a punto nell’area contraddistinta dalla presenza del Salton Sea in California dovrebbero essere una delle principali fonti per la supply chain nordamericana del litio nel prossimo futuro, sebbene debbano ancora essere superate sfide tecniche significative.

Un approfondimento che appare incoraggiante per quelle imprese che lì stanno investendo, supportate da capitali che variano da quelli di un fondo sostenuto da Bill Gates a quello dei gruppi auto BMW e General Motors. Il paper (open access) è stato realizzato col sostegno dell’ufficio per le Tecnologie Geotermiche del Dipartimento dell’Energia e pubblicato a fine novembre dalla rivista Energies.

Il lavoro discute e valuta un’ampia gamma di tecnologie utilizzate per l’estrazione del litio dalle salamoie. La tecnologia appartiene al filone DLE, ovvero della Direct Lithium Extraction a cui si appoggia anche il progetto di Vulcan Energies per l’Alta Valle del Reno che ha attirato già LG Energy Solution, Stellantis, Renault e infine Volkswagen.

Nelle scorse settimane uno studio di una società finanziaria specializzata nelle attività di short selling, J Capital Research, aveva invece pubblicato un report che versava acqua sul fuoco dell’entusiasmo verso la tecnologia DLE che viene sviluppata per il progetto tedesco, ma senza riferirsi a quella in California.

“Uno dei principali fattori trainanti per lo sviluppo delle risorse di litio domestiche ora è che avremo bisogno di molto litio in futuro”, ha commentato Will Stringfellow, che della pubblicazione che fa capo ai Berkeley Lab è stato l’autore principale.

E ha aggiunto: “dipendiamo dal litio che viene estratto dal suolo in altri paesi (e viene anche lavorato all’estero) quindi non abbiamo alcuna produzione interna significativa di batterie. Ma ci sono potenzialmente molte risorse di litio negli Stati Uniti che potrebbero essere sfruttate. Quindi stiamo esaminando se quelle risorse possono essere estratte e utilizzate in modo davvero rispettoso dell’ambiente, in modo che siano veramente fonti di litio green.

Uno degli ostacoli principali è che il materiale con cui questa tecnologia DLE ha a che fare è sotto forma di brine, ovvero una salamoia estremamente calda quando esce dal sottosuolo e in cui sono mescolati molti altri minerali disciolti oltre al litio.

I tecnici si trovano nella situazione di chi dovesse estrarre da un barattolo di biglie di molti colori diversi solo quelle verdi, con la differenza che il contenuto proveniente dalla salamoia pompata da sotto il Salton Sea nell’attuale produzione di energia geotermica è molto più complicato.

“Esce a oltre 100 gradi”, ha detto Stringfellow. “Quindi devi affrontare le alte temperature. Ed è molto, molto salino, circa il 25% in peso. C’è molto sale, il che significa molto sodio, molto cloruro. C’è anche molto calcio e magnesio e altre cose come ferro e silicio. Questi sono tutti materiali che potrebbero potenzialmente interferire con l’estrazione”.

La salamoia calda che sale dal sottosuolo come parte della produzione di energia geotermica del Salton Sea in California, è un mix di ferro, magnesio, calcio, sodio, litio e altro. Utilizzando varie tecniche di estrazione, il cloruro di litio può essere estratto dalla salamoia, quindi trasformato come occorre alle celle agli ioni di litio. (Credito immagine: Jenny Nuss/Berkeley Lab)

Il Dipartimento dell’Energia americano è interessato sia alla sorgente rinnovabile associata alla geotermia che alla catena di approvvigionamento del litio, ha affermato Stringfellow, esperto di trattamento e gestione dei rifiuti industriali.

“Siamo stati incaricati dal Geothermal Technologies Office del DOE di condurre un’analisi indipendente della tecnologia di estrazione dei minerali nel contesto della produzione di energia geotermica”, ha detto. “Ci sono state precedenti review dei singoli processi fondamentali, ma questa è, per quanto ne sappiamo, la prima completa che ha esaminato l’aspetto più scientifico applicato nel processo”.

Stringfellow e il co-autore Patrick Dobson, a capo del programma sui Sistemi Geotermici del Berkeley Lab, hanno esaminato la letteratura pubblicata e i rapporti industriali e governativi e hanno condotto una review approfondita dei brevetti sulla tecnologia di estrazione del litio.

Il metodo tecnologicamente più avanzato di estrazione è l’adsorbimento del litio mediante assorbenti inorganici, ma sono in fase di sviluppo anche altre tecnologie promettenti. I sorbenti a scambio ionico a setaccio molecolare inorganico vengono applicati per l’estrazione del litio dalle salamoie e l’applicazione passata e attuale di questa tecnologia è discussa nel paper.

Dobson e Stringfellow sono anche membri del Lithium Resource Research and Innovation Center (LiRRIC) , istituito presso il Berkeley Lab per sviluppare scienza e tecnologia per l’estrazione, la raffinazione e la sintesi di materiali domestici sostenibili per applicazioni come le batterie, quale potrebbe rivelarsi la DLE.

Progetti recenti si sono concentrati su come determinare la composizione chimica della salamoia calda in tempo reale, senza la necessità di raffreddarla, consentendo un migliore controllo del processo per massimizzare l’efficienza dell’estrazione del litio.

Stanno anche lavorando a un’analisi tecnico-economica insieme a due società che hanno attività nell’area del Salton Sea (Berkshire Hathaway Energy e Controlled Thermal Resources) per vedere se le tecnologie di estrazione del litio possono essere realizzate in un modo che lo renda competitivo in termini di costi con litio proveniente da altri processi estrattivi: la maggior parte di quello utilizzato oggi proviene da salamoie (in America del Sud) e spodumene (in Australia).

Agli sforzi contribuiscono fondi della California Energy Commission e dell’Advanced Manufacturing Office del DOE. Berkeley Lab ha aperto la strada alle tecnologie delle batterie al litio e sta continuando a spingere all’avanguardia nell’innovazione delle batterie al litio utilizzando le risorse naturali e interagendo equamente con le comunità in cui risiedono queste risorse”, ha affermato Mike Whittaker, direttore di LiRRIC.

Credito foto di apertura: per gentile concessione Patrick Dobson/Berkeley Lab