AUTOMAZIONE

I pedoni sono ancora la bestia nera dei sistemi ADAS, secondo gli ultimi test dell’AAA

Il gruppo americano AAA ha effettuato test sui sistemi AEB di frenata automatica montati su diffusi modelli di auto e solo in 4 casi su 10 i  dispositivi sono riusciti ad evitare il peggio

L’americana AAA, nata originariamente come automobile club, è in realtà oggi più nota come gruppo assicurativo attivissimo nel settore. Dispone di un proprio centro studi che ha appena diffuso una nota stampa interessante relativamente ai temi della sicurezza e dell’innovazione.

Secondo i risultati di una recente serie di test effettuati, le nuove tecnologie ADAS basate su sensori ed elaborazione dei dati sempre più evoluti, ma sviluppati soprattutto per ridurre i rischi di collisioni tra veicoli non sarebbero altrettanto efficaci nell’evitare i pedoni.

I test dell’AAA hanno concluso che autovetture dotate di recenti dispositivi AEB di frenata automatica di emergenza hanno colpito manichini che “impersonavano ” pedoni che attraversavano la strada in un poco rassicurante 60% dei casi.

Le prove citate sono state effettuate durante il giorno e con auto che viaggiavano a 20 miglia orarie, ovvero 32 km/h. Cambiare scenario e usare manichini di bambini, condurre i test di notte, oppure aumentare le velocità alle quali il sistema di frenata di emergenza doveva scattare ha portato a risultati ancora peggiori, confermando come i pedoni siano la bestia nera dei sistemi ADAS.

I risultati della ricerca dell’AAA sono stati diffusi in un periodo nel quale in America gli incidenti mortali che hanno coinvolto pedoni sono arrivati alle soglie più alte da tre decadi, e questo mette anche in questione l’efficacia della tecnologia ADAS come soluzione facile al problema, e induce a porsi delle domande sui traguardi di percorsi innovativi ancora più ambiziosi, come la tecnologia di guida autonoma avanzata delle varie Waymo, Cruise & C.

La dotazione di sensori dei progetti destinati ai robotaxi del futuro è solitamente molto corposa e perfino ridondante (con l’eccezione Tesla) e quindi non è automatico che le pecche di alcune funzionalità ADAS a cominciare dall’AEB implichino cattivi risultati anche per il più evoluto settore della guida autonoma propriamente detta.

Però il risultato della ricerca sembra sottolineare che non ci sia una soluzione tecnologica immediata al totale di 6.227 incidenti mortali del 2018 che hanno coinvolto pedoni (dai 5.977 dell’anno precedente), il 16% del totale secondo la AAA.

Secondo i test del gruppo americano nessun sistema di frenata automatica, messo alla prova con il manichino di un bambino e col veicolo che viaggiava a 30 miglia orarie (poco meno di 50 km/h) è stato in grado di evitare l’urto. A 20 miglia orarie la percentuale di collisioni avvenute è stata dell’89%.

Un altro caso-limite preoccupante nei test è stato lo scenario molto comune nella vita reale di un adulto che attraversa subito dietro ad una svolta a destra, che nessun veicolo equipaggiato coi sistemi provati (Chevrolet Malibu, Honda Accord, Tesla Model 3 e Toyota Camry) è stato in grado di evitare. Stesso scenario per la sperimentazione notturna, particolarmente preoccupante perché il 75% dei casi di incidenti fatali che coinvolgono pedoni avvengono col buio.

La conclusione della AAA è peraltro che un sistema che previene 4 collisioni su 10 è un sistema che pur sostanzialmente migliorabile vale la pena di montare a bordo, pensando che ciascuno di quei quattro pedoni non avrà conseguenze fisiche per un episodio che senza dispositivo di effetti ne avrebbe di ben peggiori. Senza contare che i risultati nell’evitare altri veicoli sono nettamente superiori rispetto alle situazioni che coinvolgono controparti privi di ruote.

Che i gruppi auto ed i loro fornitori abbiano ancora molto lavoro da fare paiono esserne ben consapevoli per primi gli stessi addetti ai lavori. Per un caso fortuito la pubblicazione dei risultati del report AAA segue solo di una manciata di giornate l’annuncio dell’accordo fra il gruppo giapponese Renesas Electronics Corporation e StradVision Inc.

La startup americana, specializzata nel ramo della computer vision, fa leva sulla propria esperienza nel campo del deep learning per realizzare soluzioni che integrino i propri software con sensori e camere analizzando e identificando oggetti e persone per creare le basi su cui dispositivi ADAS e di guida autonoma più avanzati possano contare con certezza ed affidabilità.

In particolare Renesas ha espresso il suo interesse per il riconoscimento di quelli che gli addetti ai lavori chiamano VRU (vulnerable road users), ovvero pedoni e ciclisti, quei protagonisti del traffico urbano la cui presenza esige identificazione ad alta precisione e massima rapidità.

Allo stesso tempo Renesas ha mostrato interesse per la collaborazione con Stradvision perché chi come i giapponesi realizza SoC (system-on-chip) destinati al settore automotive per avere successo nel competitivo ramo dell’ADAS ha bisogni anche di soluzioni che consumino risorse il meno possibile.

E’ questo un imperativo non solo per il ramo ADAS ma per l’automazione di guida più in generale, come conferma l’acquisizione della startup DeepScale da parte di Tesla, interessatissima al verbo dell’azienda di Mountain View, che sviluppa da dieci e più anni sistemi a bassissimo consumo di watt.

Nel caso di StradVision l’annuncio della fine di settembre ha anticipato che il software andrà a finire su due SoC Renesas: i chip R-Car V3H e R-Car V3M, nei quali sono stati incorporati motori di elaborazione dei dati acquisiti dalle camere (o dai radar) che si basano su reti neurali convoluzionali.

Queste caratteristiche si prestano ad aumentare l’attrattiva di questo genere di chip per le applicazioni ADAS e per migliorare, speriamo presto, l’efficienza dei sistemi. Magari in attesa della prossima verifica sul campo nei futuri test AAA.


Credito immagine di apertura: ufficio stampa AAA