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L’E-Mobility report 2018 “fotografa” un’auto elettrica italiana in pieno movimento

Lo studio annuale dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano offre ottimismo, specie a medio termine, ma attenzione ai costi dell’auto elettrica e all’infrastruttura di ricarica

La presentazione del report sulla E-Mobility, quest’anno avvenuta presso la Fiera di Milano all’interno della prima edizione di That’s Mobility, per il secondo anno consecutivo è in grado di mettere a fuoco una crescita del mercato delle auto elettriche. La cosa più importante, però, è che sembra essere l’inizio: il 40% di crescita anno su anno del 2017 è diventato quasi il 90% nel primo semestre 2018.

Se i numeri accuratamente ordinati dal team che fa capo all’Energy & Strategy Group diretto da Vittorio Chiesa al Politecnico di Milano sono incontestabilmente ancora piccoli, richiedono quindi cautela, peraltro nella presentazione non è stata nascosta una sensazione che pare diffondersi tra gli operatori del settore.

Ovvero la sensazione che l’auto elettrica (o elettrificata se comprendiamo anche le ibride con la presa) non sia una moda elitaria da tree-hugger ma si avvii a diventare “una componente fondamentale del modo di vedere i trasporti privati (e non solo) del futuro”, come hanno scritto Chiesa e Umberto Bertelé nella loro introduzione al report.

Lo staff del Politecnico milanese resta però coi piedi per terra quando si tratta di previsioni: specie a breve termine. Lo scenario base compilato nei grafici che accompagnano il report prevede infatti per il 2020 una quota di mercato nelle vendite del nuovo per il comparto elettrificato equivalente allo 0,75% (con le native elettriche al 40% e quindi un ampio spazio riservato alle ibride plug-in).

La quota, secondo la ricerca compilata dal gruppo guidato da Davide Chiaroni e Federico Frattini, passerebbe nel 2025 al 6% con un 60% di auto full electric, mentre nel 2030 la quota salirebbe al 30%: si tratta di un incremento di 80 volte rispetto ai numeri del 2017.

Lo Strategy & Energy Group ha anche previsto uno scenario medio ed uno accelerato: la cosa essenziale delle loro stime è che la massa critica di veicoli elettrici si collocherebbe comunque vada verso la metà della prossima decade.

Nello scenario medio o in quello accelerato (il più ottimistico) schizzerebbero le quote di auto elettriche, sì, ma soprattutto avvicinandosi al 2030, quando il parco circolante potrebbe arrivare fino a sette milioni e mezzo di auto a zero emissioni.

Considerato che i ricercatori milanesi, a cominciare dallo stesso professor Chiesa, non sono stati tra i più convinti a dare fiducia nella indisturbata diffusione dell’auto elettrica, colpisce la loro attuale convinzione che sia invece destinata a farsi largo, sia pure a medio termine.

A breve termine invece in Italia l’auto elettrica dovrà ancora sgomitare per farsi largo. Il perché lo spiega un sondaggio del Politecnico allegato al report, che ha sentito 300 persone che già guidano queste auto o si sono dette interessate all’acquisto: un ventaglio di risposte non trascurabile anche statisticamente, se si ricorda quante sono state le auto elettriche al 100% vendute nel 2017 (poco meno di 2.000).

Il costo di acquisto dell’auto resta infatti il primo ostacolo che si riflette nel 74% delle risposte, quasi un’eco a distanza di poche ore dalle notizie che arrivano dalla Germania secondo le quali Volkswagen vorrebbe lanciare una versione della prossima ID. a un prezzo inferiore a €25.000.

La maggiorazione di prezzo esistente tra il modello convenzionale e il modello elettrico nelle fasce di mercato che fanno i grandi numeri, ci ricorda il report, oggi spazia dal 17% del segmento A al 37% del segmento B al 32% relativo al segmento C.

Se è vero che nelle auto elettriche i costi di gestione consento di prendersi una rivincita sulle lunghe distanze, va però precisato che il cosiddetto TCO (Total Cost of Ownership) secondo le tabelle calcolate dal Politecnico di Milano, con gli attuali modelli elettrici consentirebbe il raggiungimento della parità di spesa dopo 10 anni di uso.

Un punto di pareggio raggiungibile ipotizzando una percorrenza media annua di 11.000 chilometri e ricariche prevalenti presso l’abitazione del cliente. Per anticipare la parità a quattro anni di utilizzo, secondo il Politecnico occorrerebbe un calo di prezzo di circa €6.000, poco importa che provenga da sussidi o da riduzioni del costo di componenti come le batterie attraverso economie di scala.

Quest’ultima eventualità peraltro si avvicina: probabilmente a metà della prossima decade, secondo le fonti del settore di Chiesa & C. Senza aspettare così tanto è invece un risultato interessante del sondaggio che si stiano mitigando i timori (a suo tempo insormontabili) riguardanti l’autonomia. Solo il 22% ha indicato tra le motivazioni che scoraggiano l’acquisto l’autonomia limitata.

Quando invece si passa alla inadeguatezza dei sistemi di ricarica pubblica, si scopre invece che il 49% la ritiene ancora un problema. In effetti le utility appaiono impegnate ormai in modo diffuso e in questo spazio stanno entrando perfino (ma non in Italia) case petrolifere come Shell, BP e Total.

Se si guarda all’Italia di oggi, nonostante gli sforzi di ENEL X (che nell’evento sulla pista di Vallelunga la settimana scorsa ha confermato che sta installando 60/70 colonnine a settimana) l’infrastruttura rimane ancora tra il 10% e il 20% di quelle delle tre maggiori economie europee. Ma qui il gap da recuperare appare meno complicato delle economie di scala delle batterie o dell’autonomia dei veicoli: e quindi il relativo ottimismo dell’E-Mobility report ha motivi di pensare che gli scenari più favorevoli siano più facilmente verificabili rispetto a quelli del mercato auto.


Credito foto di apertura: AUTO21