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L’ennesimo rilancio Tesla: via alla fabbrica di auto elettriche a Shanghai

Refrattario alla bufera sui dazi, Elon Musk fa partire quello che sembra destinato a rivelarsi il più grande investimento occidentale di sempre nella metropoli cinese

Dopo rinvii, chiacchiere, dubbi, ora è ufficiale: a Shanghai (per la precisione a Lingang, una delle aree economiche speciali nei pressi della metropoli) aprirà la nuova fabbrica Tesla in Cina.

Lì sarà la testa di ponte di Elon Musk, la sua prima fabbrica fuori dagli Stati Uniti e la sua terza Gigafactory per produrre batterie. L’obiettivo a regime (la data di apertura è coraggiosamente collocata già tra un paio di anni) è di produrre 500.000 auto elettriche l’anno. Come Tesla ormai ci ha abituato, questo sì che sarebbe un rilancio: da 5.000 auto elettriche costruite in una settimana in California, a mezzo milione.

Secondo il quotidiano di Hong Kong South China Morning Post, quello di Tesla sarebbe destinato a diventare il più grande investimento occidentale di sempre nella città cinese. Finora il più grande fiume di denaro a Shanghai era arrivato dalla Disney, che ha aperto là un resort investendoci $5,5 miliardi.

Se Musk ed il sindaco di Shanghai Ying Yong non hanno fatto menzione di cifre riguardanti gli investimenti previsti, ci si può però attendere che siano destinati a battere quelli del colosso dell’entertainment. Come Tesla intenda finanziare questo progetto sarà certamente argomento di acceso dibattito tra gli analisti nelle prossime settimane.

Malgrado la capitalizzazione di mercato generosa, Tesla è molto più piccola dei giganti dell’auto che in questi giorni, specie quelli tedeschi, stanno facendo a gara per ampliare le joint venture con partner locali. Quello che finora ha tenuto fuori dalla Cina la casa di Palo Alto era in parte proprio il vecchio obbligo di avere partner industriali.

Ma entro il 2022 quella vecchia norma sarà gradualmente archiviata: quindi Musk potrà vendere i propri prodotti senza dover per questo scegliersi dei soci industriali cinesi.

Questa possibilità l’aveva inseguita da tempo e finora senza successo, ed è un esempio di tempismo che diventa ancora più importante in mezzo all’accendersi della battaglia sui dazi scatenata dalla Casa Bianca.

Un confronto i cui primi effetti si vedono proprio sui prezzi delle Tesla, come riepiloga la tabella col prima e dopo l’aumento del cartellino delle vetture californiane in vendita in Cina.

Tesla Ying YongTesla aveva già firmato un accordo di programma con le autorità locali di Shanghai lo scorso anno, ma i progressi si erano bloccati di fronte al tema della struttura societaria della società destinata a controllare la fabbrica.

Un nodo che dipendeva, più che dalle intenzioni di Shanghai, dalle autorità nazionali di Pechino. Rimosso anche questo ostacolo, Musk ora potrà costruire in loco senza dover rischiare di cedere proprietà intellettuale di cui è enormemente geloso, specie quando si tratta di batterie, che gli americani che realizzano insieme a Panasonic e che fino alle recenti aperture erano un altro dei problemi.

Infatti solo chi montava le batterie cinesi finora poteva godere dei sussidi nazionali all’acquisto sulle auto elettriche: evidentemente le Model S o Model X con batterie americane non rientravano nel beneficio.

Ma dal 12 giugno ormai i sussidi tendono a premiare soltanto i modelli con grande autonomia, sinonimo di grandi batterie, lasciando fuori le vetture cittadine o i quadricicli elettrici. Anche la clientela cinese si sta quindi abituando a contare meno sui sussidi, ed il tema delle batterie diventerà probabilmente sempre meno spinoso.

Offrendo quindi una buona occasione al governo di Shanghai (in accordo con quello di Pechino) la possibilità di acquistare un alleato industriale importante e separarne gli interessi da quelli delle Casa Bianca, di cui pure Elon Musk per un breve periodo era stato anche consigliere…


credito foto di apertura: press kit Tesla