Le nuove Mercedes-Benz elettriche: prodotte in tre continenti, sì ma…
…anche la nuova gamma EQ avrà forti radici negli stabilimenti della Germania, proprio come le automobili dei gruppi rivali Volkswagen e BMW
In un video diffuso da poche ore, Markus Schäfer, membro della direzione Mercedes-Benz, ci aggiorna sulle ultime pennellate che il marchio di Stoccarda sta assestando al complesso affresco del suo piano di produzione di veicoli elettrici e relative batterie attorno al globo.
La leader mondiale tra gli invidiati marchi premium costruirà le sue auto “con la presa” in sei stabilimenti sparsi su tre continenti. Le sedi da cui usciranno le batterie che spingeranno quei veicoli saranno cinque in tre continenti.
Delle 50 varianti elettrificate di modelli offerte che consentiranno a Mercedes-Benz di arrivare entro il 2022 ad una gamma interamente elettrificata, alcune saranno modeste versioni 48 volt, altre ibride plug-in e soprattutto dieci saranno i modelli al 100% elettrici. Dieci auto che spazieranno dalle “cittadine” ai SUV ed avranno tutte la denominazione EQ.
La prima sede della nuova tecnologia elettrificata ad entrare in azione sarà Brema, dove peraltro la stella a tre punte ha già collocato un’altra tecnologia avanzata: quella dell’idrogeno. Proprio da Brema nel 2019 uscirà l’EQC, il primo modello della nuova generazione.
Daimler ha invece puntato sulla Sassonia per le batterie. La controllata Deutsche Accumotive ha a Kamenz la sede di un impianto che non guarda solo all’automotive ma anche allo stoccaggio di energia ed ai wallbox per aziende e privati.
Nel 2018 verrà realizzato un secondo stabilimento: entrambi sembra produrranno pacchi, piuttosto che celle, di probabile origine asiatica. La componentistica del gruppo, dai ricambi ai motori elettrici, è distribuita tra sedi ad Amburgo e ad Untertuerkheim.
Nel 2019, in contemporanea o quasi con Brema per l’EQC inizierà anche la produzione in Cina: nelle linee BBAC, la joint venture di Daimler con la pechinese BAIC. Le grandi berline che in Mercedes sono la punta di lancia della sua immagine continueranno a fare riferimento alla Germania: a Sindelfingen.
Tra tante novità non è ancora stato definito cosa farà la sede di Rastatt, dove finora sono nate le Classe B elettriche, ma il fatto che sia stata menzionata tra le sedi previste fa pensare che potrebbe essere destinata lì la piccola EQA. All’arco opposto della gamma, i SUV più grandi potrebbero uscire dall’impianto americano che ha sede in Alabama.
Se Mercedes-Benz ha diffuso tanto di mappa per indicare un processo produttivo dal respiro globale, anche se le fabbriche della Germania continueranno ad avere un ruolo di primo piano, almeno in questa fase gli altri marchi tedeschi sembrano tenere di più a sottolineare le radici nella terra di origine.
Una scelta che, va detto, è precedente al momento di situazione sindacale tempestosa di questi giorni ed alla quasi contemporanea pessima pubblicità che la vicenda degli esperimenti sugli effetti degli ossidi di azoto ha riversato verso i gruppi tedeschi dell’automobile.
Era infatti ancora l’inizio di dicembre 2017 quando la marca Volkswagen aveva deciso di lanciare il conto alla rovescia di 100 settimane che attende lo stabilimento sassone di Zwickau prima del debutto della nuova elettrica I.D. con un “MEB Supplier Summit”: un vertice coi fornitori fondamentali per il prodotto che battezzerà la nuova piattaforma dedicata.
Sono 20 i veicoli al 100% elettrici che la marca di Wolfsburg farà uscire dalla sue linee di produzione entro il 2022. E il nuovo responsabile della e-mobility Christian Senger sa che entro il 2020 oltre 100.000 Volkswagen dovranno essere costruite sulla piattaforma MEB, coi lanci di I.D., I.D. Crozz e minivan I.D. Buzz che si susseguiranno a brevi intervalli.
Quanto velocemente le cose possano cambiare nel mondo delle quattro ruote lo si può capire pensando a dove Volkswagen stia costruendo la sua auto al 100% elettrica che più sta dando segnali di vivacità nelle vendite: la e-Golf.
La versione a batteria della evergreen tedesca è ancora prodotta a Dresda: in quella fabbrica di vetro in cui all’apice delle visioni globali di Ferdinand Piëch veniva assemblata la sfortunata Volkswagen Phaeton.
Più fortuna della limousine sembra avere la e-Golf, visto che un solo turno non basta più per soddisfare la domanda e la capacità sta passando da 35 a 70 auto al giorno. Ma in quella vetrina particolare oltre non si potrà andare.
Per il milione di Volkswagen elettriche da montare nel 2025 serve altro e per il gruppo tedesco altro vuol dire ex-Germania dell’Est: Sassonia, in particolare, con lo stabilimento di Zwickau a fare da battistrada tra gli impianti tedeschi.
Impianti che per tutti i marchi di oltre Brennero segnalano la voglia di lasciare in casa il meglio di questa nuova era della produzione. A Zwickau si potranno costruire le due versioni della I.D. in arrivo: fino a 1350 auto elettriche al giorno per mettersi al pari con la Roadmap E voluta da Matthias Müller.
La concentrazione di uno stabilimento sui soli modelli elettrici Volkswagen come nel caso di Zwickau mira a semplificare i processi produttivi e la logistica. Tagliando quindi i costi.
La marca cugina Audi inizierà a produrre i primi modelli elettrici a Bruxelles, ma anch’essa sposterà poi in casa a Ingolstadt e Neckarsulm, come hanno sempre chiesto i potenti sindacati tedeschi e i politici locali, la produzione che prevede nei prossimi otto anni l’uscita di oltre 20 modelli elettrificati di cui 12 elettrici al 100%.
La nuova piattaforma destinata ai modelli nativi elettrici J1, che metterà in comune a livello di progettazione e sviluppo i marchi di alto di gamma del gruppo tedesco Audi e Porsche invece sembra darà luogo a produzioni separate.
Il cavallino rampante di Stoccarda produrrà da fine 2019 nella storica sede di Zuffenhausen la sua anti-Tesla Mission E; i quattro anelli avranno un’erede per la R8, che si dovrebbe chiamare e-tron GT, e dal 2022 nascerà in un impianto Audi Sport, sulla piattaforma SPE che è ancora tutta di là da venire.
Che la produzione dei prodotti elettrificati sia soprattutto una questione tedesca non toglie che marchi come Volkswagen o SEAT o Skoda non possano produrre altrove. Sicure per Skoda Mlada Boleslav, e molto probabili per VW l’impianto del Tennessee di Chattanooga, così come la nuova fabbrica in Chiapas per Audi.
Un approccio diverso rispetto ai gruppi rivali Daimler e VW ha invece come noto BMW. La prima casa tedesca a creare con la i3 una linea dedicata ad un veicolo nativo elettrico sembra essersi scottata con costi e rigidità di quell’operazione. Così ha deciso da tempo a favore della flessibilità produttiva.
A Monaco l’entrata in produzione di 12 veicoli al 100% elettrici da completare entro il 2025 dovrà avvenire su piattaforme flessibili, ovvero i pianali dovranno essere progettati in funzione della possibilità di alternare modelli con propulsione a batteria oppure motori convenzionali.
Per ora è chiaro che la iVision sarà prodotta a Monaco di Baviera e la iNext a Dingofing, una conferma che anche per la casa dell’elica la produzione sarà principalmente concentrata in patria, vicino al cervello della progettazione e sviluppo.
Lo scorso luglio gli analisti della banca olandese ING hanno lanciato un segnale d’allarme in un loro studio per segnalare che il cambio di paradigma nell’auto dai motori convenzionali alle auto elettriche sembra anticipare per il settore nel complesso la perdita di valore dell’hardware prodotto.
Il segnale che i gruppi dell’auto tedesca sembra essere che, intanto, finché possibile quell’hardware vogliono continuare a produrselo in casa. Dopo ci sarà tempo di discutere del calo del valore o meno…