Le Ford di Jim Hackett puntano a primeggiare più nel WiFi che nei kW?
Il nuovo amministratore delegato promette tagli ai costi e più risorse per i modelli che guadagnano oggi (pick-up, SUV) o guadagneranno in futuro (elettriche)
Ci sono probabilmente solo due pezzi da novanta tra i manager americani che oggi siano apprezzati sia a Detroit che nella Silicon Valley. Uno è John Krafcik, che alla guida di Waymo ha ereditato il progetto della Google-car.
L’altro è Jim Hackett e ieri, mentre in Italia era già buio da qualche ora, era a New York. Si trovava là per la prima volta a rispondere alle domande degli investitori da quando, circa quattro mesi fa, è diventato l’amministratore delegato di Ford Motor Co.
Con l’obiettivo di trasmettere al marchio dell’Ovale Blu quella stima di cui sembra per ora ancora accreditato, Hackett si trova nella difficile situazione di avere due padroni da servire: i clienti che acquistano le auto ed i regolatori globali, anzitutto cinesi.
I clienti vogliono più pick-up, più SUV, più Mustang. I governi, quello della Cina anzitutto (ma presto anche California, oltre a sempre più metropoli e forse anche l’Europa) vogliono meno inquinamento e più batterie. In effetti le vogliono anche perché non sono loro a dover fare i grossi investimenti, a parte gli incentivi. Si tratta evidentemente di un equilibrismo precario.
A queste istanze conflittuali i rivali cittadini di General Motors hanno risposto senza mezze misure, di fatto puntando in modo quasi brutale i profitti dei pick-up e dei SUV su veicoli elettrici ed autonomi. Ford, al contrario sembra intenzionata ad un percorso meno squilibrato, più prudente.
A Wall Street ed ai suoi analisti di questi tempi le mezze misure non sembra piacciano molto, nonostante la stima per Jim Hackett. Che peraltro ha inserito nella sua agenda le misure più logiche: anzitutto il taglio dei costi per complessivi $14 miliardi in cinque anni. Quei risparmi verranno puntati sulle aree ad alta crescita, verso un futuro prossimo in cui Ford riconosce che le auto saranno elettriche, connesse ed autonome.
Quello del taglio dei costi non è una novità, ma si concentrerà in particolare sulla semplificazione della gamma. Una marcia indietro rispetto ad altre strategie Ford approvate in precedenza che puntavano sull’offrire una scelta vasta, il più possibile vasta, alla clientela.
La semplificazione della gamma e dei nomi dei modelli consentirà anche di razionalizzare i motori, liberando la possibilità di spostare un terzo degli investimenti dai propulsori convenzionali a quelli elettrici (che avranno così mezzo miliardo di dollari di investimento l’anno in più).
Altri risparmi arriveranno dalla riduzione dei tempi di sviluppo dei modelli, con un obiettivo fissato al 20%. Tra tagli e più investimenti in aree nuove, la spesa in conto capitale fino al 2020 resterà quasi costante: tra gli $8 e i $9 miliardi annuali. Saranno distribuiti in modo diverso però.
$7 miliardi nei prossimi anni saranno girati ai settori che fanno guadagnare Ford: pick-up, SUV, furgoni ed auto ad alte prestazioni. Le auto convenzionali? Sempre meno fondamentali. Un tempo venivano spostate in Messico, per ridurre i costi. La prossima Focus sembra dover fare ancora più strada ed essere destinata alla produzione in Cina.
Ford, al contrario di GM (sganciatasi da Europa ed India) pare convinta di poter restare protagonista in più aree geografiche. In Europa mantiene ancora un mercato per le sue piccole e medie, in India ha ricucito un rapporto con Mahindra.
In Cina sta spingendo per espandere mercati come i furgoni elettrici che hanno grandi opportunità di crescita. Sono infatti parte della strategia elettrica ma potrebbero anche costituire l’ossatura di servizi di consegne automatizzati a cui lavora da tempo insieme alla startup Argo AI, che controlla da meno di un anno.
Ai camion elettrici in Cina Ford lavorerà con Jiangling Motors Corp, mentre sulle auto elettriche ci si attende la conferma di partenariati con Changan Automobile Co. e con Anhui Zotye, focalizzati su diverse fasce di mercato.
Da lunedì scorso è anche diventato di pubblico dominio che all’interno del gruppo di Dearborn c’è una squadra dedicata allo sviluppo dei programmi dei modelli e della mobilità elettrica battezzato Team Edison.
I primi effetti di queste mosse sulla gamma Ford potrebbero richiedere tempo per essere visibili a tutti. Non volendo svelare troppo le proprie carte, Hackett ed il suo team per ora non offrono sorprese tali da far pensare ad una Ford improvvisamente rivale di Nissan o Renault nella proposta elettrica.
Così tra fine 2018 e 2019 quello che soprattutto vedremo saranno versioni ibride o ibride plug-in sui pickup F-150 o sulle Mustang. Sembra quasi che per il team di Hackett ora come ora sia molto più importante mettere sulla gamma Ford una connettività a prova di bomba che una batteria.
Si tratta di scelte che hanno il vantaggio di non inviare scosse telluriche in grado di scuotere i bilanci aziendali. Ma che rischiano di lasciare in posizione di retroguardia il gruppo nel momento in cui molti rivali vogliono mettersi alla testa del plotone che punta ai settori più suscettibili di crescita futura.
A lungo termine Hackett magari rivolterà Ford come un calzino, ma per ora le scelte sembrano più simili alla refrattarietà di Sergio Marchionne all’auto del futuro che alla temerarietà con cui la vuole Mary Barra.