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I prezzi che calano fanno diventare incandescente il settore dei LiDAR

I LiDAR allo stato solido indispensabili per l’auto autonoma diventano una commodity e i grandi gruppi si contendono le aziende produttrici

Il termine “LiDAR” (Light Detection And Ranging) identifica una tecnologia relativa a sensori che lavorano mediante impulsi di luce laser. Impiegati in origine in cartografia, poi passati ad archeologi, geologi e ad altri studiosi, prima di salire sulle auto a guida autonoma forse l’unica occasione di popolarità globale l’avevano avuta quando il gruppo dei Radiohead ne aveva usato uno, un HDL-64 della Velodyne, per girare il video di House of Cards nel 2008.

In abbinamento a telecamere, radar e sensori ultrasonici sono e saranno indispensabili, secondo la maggioranza dei gruppi auto (fa eccezione Tesla Motors), per riuscire ad arrivare alla guida autonoma propriamente detta, quella che inizia dal Livello 3 SAE e si arrampica su fino al Livello 5, che non prevederà né volante né pedali.

Tra i sensori protagonisti delle auto guidate dai computer, finora i LiDAR erano i meno accessibili per il loro costo. Ma le cose stanno rapidamente cambiando grazie alla tecnologia detta solid-state: questi dispositivi non hanno parti mobili, al contrario di quelli sempre in rotazione che potete vedere ancora nei video delle prime, buffe Google-car.

Secondo la società di consulenza Frost & Sullivan, nel 90% delle auto a guida pienamente autonoma che i gruppi auto stanno sviluppando saranno prevista la presenza di LiDAR allo stato solido. Se la previsione vi fa pensare che questo possa essere un buon affare avete non solo indovinato, ma le notizie di questi giorni vi danno ragione in pieno.

Tra 2018 e 2019 in arrivo i nuovi LiDAR allo stato solido di Leddar Tech, Quanergy ed Innoviz Technologies che promettono più precisione a costi inferiori

L’ultima notizia che vede come protagonista una società impegnata a sviluppare questa tecnologia riguarda LeddarTech. Ha appena portato a casa un round di finanziamento del valore di $101 milioni in cui a fare da capofila è stata la tedesca Osram, ma che ha visto presenti tra gli altri anche il colosso della fornitura Delphi Automotive e l’italiana Magneti Marelli del gruppo FCA.

L’azienda canadese ha sviluppato una tecnologia LiDAR proprietaria, integrata in semiconduttori e moduli di sensori per auto a guida autonoma e sistemi di assistenza al conducente. La società diretta da Luc Langlois è specializzata in sistemi LiDAR allo stato solido, che utilizzano la luce infrarossa per monitorare l’area circostante.

Magneti Marelli ha già iniziato a muoversi per combinare il proprio know-how nel campo dell’elettronica e dell’illuminazione con le tecnologie per la guida autonoma. In particolare, ha precisato una nota della casa italiana, nel progetto (presentato a gennaio al CES di Las Vegas) del cosiddetto Smart Corner: integrare in una sola unità nelle aree dell’auto tradizionalmente riservate ai sistemi di illuminazione come gli angoli della vettura i diversi sensori utili alla guida autonoma, ovviamente a cominciare dai LiDAR.

Leddar Tech è un’azienda particolarmente promettente perché alla fine del 2018 conta di mettere in produzione un LiDAR allo stato solido con 16 raggi laser separati da una frazione di grado e nel 2019 un’altra versione da 64 linee entrambi a $100 o meno. Un prezzo irrisorio se si pensa che il Velodyne montato sulla Google-car capace di emettere 64 raggi laser separati da un angolo di 0,4° (come avrete capito più è stretto l’angolo maggiore è la risoluzione) costava $80.000.

Non solo il prezzo e la risoluzione sono la chiave per prendersi il mercato, ma anche la distanza operativa, che deve essere di oltre 100 metri. Sembra molto probabile che le case che lanceranno i sistemi di guida autonoma di Livello 3 SAE saranno incatenati per un po’ di tempo ancora ai progressi dei fornitori e dei loro sensori.

Perché? Un sistema come quello della nuova Audi A8 realizzato dalla Valeo lavora solo fino a velocità di 55 km/h perché ha quattro linee di dati con una risoluzione angolare di 0,8°: per passare a velocità maggiori e ad una distanza operativa di 100 metri ed oltre o si ricorre ad un prodotto da $80.000 (tanti anche per una A8) o si aspettano i LiDAR di nuova generazione…

Il che spiega perché produttori come Velodyne, Valeo o la nuova arrivata Quanergy stiano correndo contro il tempo per arrivare primi a fornire ai gruppi dell’auto gli strumenti per far lavorare i sistemi anche sulle autostrade a velocità superiori. Quanergy si è prefissata l’obiettivo di un prodotto, che internamente definiscono il primo LiDAR “popolare”, da soli $250.

E qui si spiega perché un’altra notizia della settimana che sta finendo abbia riguardato un’altra aspirante protagonista del settore: la promettente Innoviz Technologies- Ha appena concluso con successo il suo secondo round di finanziamento da $65 milioni, che gli israeliani useranno per portare in produzione il loro LiDAR allo stato solido.

Quello su cui contano i partner, tra cui colossi della fornitura auto come Delphi Automotive e Magna International oltre a una selva di fondi di investimento, è che nel primo trimestre del 2018 come previsto abbiano pronto per test e sviluppo l’InnovizPro e poi nel 2019 il più avanzato InnovizOne, destinato a lavorare ai Livelli SAE di autonomia dal 3 al 5.

L’InnovizPro promette in una scatola compatta da 18x8x8 centimetri di assicurare una risoluzione fino a 0,3˚ per una distanza di 150 metri, mentre con l’InnovizOne la risoluzione crescerà ancora grazie all’angolo ridotto a 0,1˚. Il range di copertura crescerà fino ai 200 metri, con la capacità di assicurare dettagli sotto i 2 cm in video 3D ad alta risoluzione. Per ora solo i partner, forse, sanno quanto costerà alle case auto montare questi sensori.

Sensori sempre più precisi, ma anche sempre più abbordabili a cominciare dai LiDAR ovviamente, sono determinanti per assicurare quella ridondanza che potrà rendere le auto da un lato sempre più sicure, ma anche più difficili da infiltrare da parte degli hacker. Lo ricordava un interessante pezzo di PC Mag.

Più dispositivi all’opera significa più porte di accesso all’automobile, ma significa anche più controlli incrociati sui dati. Un hacker potrebbe forse eliminare ipoteticamente le tracce di un pedone dal radar con il proposito di ingannare il veicolo autonomo per far arrotare il malcapitato.

Ma sarebbe in gradi di cancellare subito, quasi istantaneamente anche tutte le tracce del pedone dagli altri sensori laser, ultrasonici e telecamere? Ogni sensore, LiDAR o altro, è sul veicolo perché sa fare qualcosa meglio degli altri.

Nessun sensore risolve da solo tutta l’equazione dell’ambiente circostante l’auto, perché tutto viene incanalato verso l’analisi complessiva ed intrinsecamente diffidente operata centralmente con la sensor fusion. E allora sì: più sensori e più LiDAR, specie se più abbordabili, grazie.


Credito immagine di apertura: sito internet Innoviz Technologies